24/06/10 Verona Osservatorio

Organizzato dall'Osservatorio sul diritto di famiglia, Sezione di Verona, con il patrocinio dell'Ordine degli Avvocati di Verona, un incontro, presso la Sala Convegni della Banca popolare di Verona, su Le riforme del processo civile del 2009 e 2010 e il diritto di famiglia.

Il powerpoint della relazione tenuta il 12 luglio 2010, a cui il convegno e' stato rinviato by Claudio Cecchella
Il programma del convegno by Osservatorio Verona

Il powerpoint della relazione tenuta il 12 luglio 2010, a cui il convegno e' stato rinviato

Le riforme del processo civile negli anni 2009 e 2010 e il processo di famiglia

di Claudio Cecchella

1. Le interferenze problematiche

della riforma del 2009

La legge n. 69 del 2009 non incide direttamente sui procedimenti camerali e dunque lascia immune dalla sua applicazione – salvo quanto sarà detto sulla delega e sull’art. 614 – bis c.p.c. – il procedimento innanzi al tribunale per i minorenni (art. 38, 3° comma, disp. att., c.c.) e i procedimenti camerali in materia di famiglia innanzi al tribunale ordinario (es. art. 710 c.p.c).

L’applicazione si postula invece negli episodi di cognizione piena innanzi al tribunale ordinario, ovvero nei procedimenti per separazione e divorzio e negli altri episodi (tutele del mantenimento del minore nella famiglia di fatto mediante azione ordinaria o del coniuge di fatto; tutele delle spese straordinarie nella separazione e divorzio; tutele verso la quota di t.f.r. o la reversibilità previdenziale nel procedimento divorzile; giudizi di divisione).

In questo ambito tutta la riforma ha rilievo, nelle nuove norme sui termini endoprocessuali e per impugnare, sulla rimessione in termini, sulla rilevazione della eccezione di incompetenza, sul contraddittorio in relazione alle iniziative ufficiose, sull’istruttoria in relazione al rilievo della specifica contestazione, sulla consulenza o la testimonianza scritta, sulle nuove tecniche di stesura della sentenza.

Per evidenti ragioni di tempo e di interesse, è opportuno esaminare due interventi e la loro compatibilità con il processo di famiglia, l’uno nell’ambito della cognizione, l’altro in quello della esecuzione: l’art. 702 – bis c.p.c. e l’art. 614 – bis c.p.c.

Un cenno sarà dedicato alla nuova disciplina della mediazione civile

A. L’art. 702 – bis e il processo di famiglia.

Si applica solo alle materie soggette a rito monocratico in tribunale: art. 50-bis c.p.c., art. 702 - bis, 1° comma, c.p.c.

(“Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica”)

Dunque non si applica:

- nei procedimenti in camera di consiglio (art. 50-bis, 2° comma, c.p.c.), quindi il rito innanzi al tribunale per i minori e i riti camerali innanzi al tribunale ordinario.

- nei procedimenti in cui è obbligatorio l’intervento del pm (art. 50 – bis, 1° comma, n. 1, c.p.c.), si tratta per lo più ancora dei riti camerali, salvo il procedimento per separazione e divorzio, art. 70 n. 2 c.p.c.(“nelle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale dei coniugi”)

• Si applica invece solo nel processo di rito ordinario monocratico avente ad oggetto la materia familiare e ove non interviene il p.m.: tutele di condanna al pagamento delle spese straordinarie; tutele di condanna al pagamento del contributo di mantenimento del figlio minore nella famiglia di fatto (e in genere tutele comuni a favore del coniuge di fatto); tutele di accertamento e condanna sulla quota di t.f.r. e pensione di reversibilità; giudizi di divisione.

A1. L’evoluzione storica del rito sommario.

• a) dalla tipizzazione all’atipicità della tutela cautelare strumentale con il codice del 1940 (art. 700 c.p.c.).

• b) dalla strumentalità alla autonomia della tutela cautelare anticipatoria (art. 669 – octies c.p.c.), stabile anche senza merito, dopo la legge n. 80 del 2005.

• c) sino all’affermarsi di una tutela anticipatoria autonoma non cautelare, ma tipizzata per la esclusiva tutela di alcuni diritti (già l’art. 708 c.p.c.; artt. 186 – bis e 186 – ter c.p.c., art. 423 c.p.c., art. 19 d. lgs n. 5 del 2003).

• d) salvo le tutela monitoria e camerale (la prima risalente ai processi provocatori medioevali; la seconda alla degenerazione del sistema alla ricerca di forme più celeri di tutela a scapito delle garanzie, ma dedicata originariamente solo alla volontaria giurisdizione), pure esse caratterizzate dalla tipicità, il processo sommario non conduceva mai al giudicato e si svolgeva su un binario parallelo, ma autonomo, rispetto al giudizio di merito.

L’evoluzione e lo stato della legislazione prima della legge n. 69 del 2009 conduceva dunque verso uno “annacquamento” del processo cautelare, per l’affermarsi di una tutela anticipatoria non cautelare atipica, destinata a dare in tempi accettabili una regola al conflitto senza ambizioni di giudicato, ponendosi su di un binario alternativo alla tutela dichiarativa destinata al giudicato e destinata a soppiantare la stessa tutela cautelare, secondo il modello d’Oltralpe dei référé

Riforma auspicabile: eliminazione del “pregiudizio imminente e irreparabile” dell’art. 700 c.p.c.

• Così, come in altri ordinamenti, la controversia può assumere in limine litis la via di un processo sommario che detti una regola al conflitto anticipando la sentenza di merito, con la garanzia di una revisione del provvedimento sommario attraverso un gravame pieno (secondo il modello del processo cautelare uniforme) salvo consentire alle parti di percorrere la via di un processo di cognizione piena, al cui esito incidere sugli effetti della misura sommaria, mai idonea al giudicato.

• In tale prospettiva, nell’ambito del processo di famiglia, è evidente il rilievo delle misure provvisorie del Presidente del Tribunale in sede di separazione e divorzio (artt. 708 c.p.c. e 189 disp. att., c.p.c.), oppure la tutela sommaria per i crediti di mantenimento concessa nelle forme dell’art. 148 c.c., caratterizzate dalla anticipazione della regola senza i presupposti del periculum e dall’inidoneità al giudicato.

A2. Il processo sommario come tecnica introduttiva alternativa del processo di merito

• La rivoluzione del 702 bis e ss.: regola non un processo sommario di cognizione, ma una tecnica di introduzione alternativa del processo a cognizione piena; la sommarietà resta solo una modalità di conduzione della trattazione e dell’istruttoria, nel senso che la trattazione delle difese delle parti e le modalità di raccolta della prova sono semplificate, e non sono una qualità della cognizione dei fatti.

• Non esiste alcuna peculiarità della cognizione dei fatti e quindi dei modi di conduzione dell’istruttoria che giustifichi una riconduzione del procedimento ad un processo a cognizione sommaria, secondo l’esperienza cautelare o anticipatoria non cautelare:

a) la accentuazione dei poteri istruttori del giudice;

b) l’uso di fonti di prova atipiche;

c) la deformalizzazione della assunzione della prova.

A3. I riferimenti normativi

• 1) La tecnica introduttiva mediante ricorso, con i contenuti della citazione con richiamo agli artt. 125 e 163 c.p.c., art. 702- bis, 1° comma (“Il ricorso sottoscritto a norma dell’art. 125, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 4) e 6) e l’avvertimento di cui al n. 7) del terzo comma dell’articolo 163”).

• 2) La previsione di preclusioni, in relazione a domande, chiamate di terzo ed eccezioni riservate al convenuto (riconducibili simmetricamente all’attore, con la stessa previsione del binomio di norme come 163 e 166 o 414 e 416 c.p.c.), con un evidente identità dell’atto difensivo del convenuto agli elementi di forma-contenuto dettati negli artt. 166 e 167 c.p.c., art. 702 - bis, 3° e 4° comma c.p.c. (“Il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d’ufficio.

Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione, e chiedere al giudice designato lo spostamento dell’udienza”)

• 3) la facoltà data al giudice (702 - ter, 3° comma), che ritenga necessario lo svolgimento ordinario del processo per la complessità delle difese delle parti e dell’istruttoria, di convertire il rito in ordinario fissando innanzi a sé l’udienza dell’art 183 c.p.c., con conseguenti apertura delle (sole) facoltà concesse alla parti dalla udienza di prima trattazione, ovvero di esercitare il contraddittorio, un limitato ius poenitendi e un pieno esercizio della sola facoltà di dedurre nuovi mezzi di prova.

(“Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruttoria non sommaria, il giudice con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro III”)

• 4) Il provvedimento sulle spese (e sulla responsabilità processuale aggravata), art. 702 - ter, 7° comma c.p.c.

(“Il giudice provvede in ogni caso sulle spese del procedimento ai sensi degli articoli 91 e seguenti”)

• 5) L’idoneità al giudicato (e non secondo eventum litis...). Art. 702 – quater

• 6) L’appello costruito come appello ordinario e non come reclamo. Art. 702- quater.

(“L’ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell’art. 702- ter produce gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione”).

A4. La vera natura

• Dunque non un processo a cognizione sommaria ma una tecnica speciale di introduzione del rito ordinario, che può oscillare verso un processo in duplice grado, se il giudice converte, oppure verso un processo in unico grado se non converte (a cui si riconduce il giudizio di appello ex art. 702 quater), riferita ad un ambito tipico e non atipico: materie soggette al rito monocratico e non quelle affidate al rito collegiale, con esclusione delle controversie affidate ai riti speciali (giudice di pace; lavoro, locazione, sep. e div., dove quella distinzione non è conosciuta). Con estensione ai procedimenti in opposizione a decreto ingiuntivo.

A5. Un procedimento privo di garanzie

• La scelta dell’attore può pregiudicare il convenuto: i termini (quaranta giorni a difesa e dieci giorni per la costituzione), con decadenze destinate a valere nel successivo giudizio di merito in caso di conversione: si muove dall’udienza dell’art. 183 c.p.c.; dunque si favorisce un’iniziativa strategica dell’attore, anche nei processi a trattazione o istruttoria complessa, al solo scopo di mettere in difficoltà l’avversario.

• Il boomerang per l’attore: le repliche se il rito resta sommario sono strozzate in dieci giorni (non c’è differimento di udienza, salvo il caso di chiamata, quindi in relazione a domande riconvenzionali ed eccezioni del convenuto, l’attore deve replicare in dieci giorni);

• I limiti al processo litisconsortile in caso di domanda riconvenzionale o di domanda di terzi (solo chiamata in garanzia), con accentuato potere di separazione; silenzio sugli interventi volontari: il grave problemi per le connessioni forti per incompatibilità o dipendenza, con ampie possibilità di conflitti teorici di giudicato.

• - il controllo sul provvedimento di inammissibilità (quello di competenza lo è con il regolamento): se esso provocasse sempre una conversione ben potrebbe essere revocato in corso di causa; ma definendo il procedimento in rito, deve essere assoggettato ad un controllo: la parte si vede preclusa una via processuale con un provvedimento definitivo di un giudice non soggetto a sindacato alcuno.

A6. Il nuovo appello

L’esperienza del 186 quater, appello come giudizio in unico grado

L’esperienza del 19 d. lgs. n. 5 del 2003, appello come giudizio in unico grado

La nuova esperienza, conferme della diversità normativa dell’appello se non preceduto da un grado di giudizio concluso secondo le regole comuni.

(“Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non averli potuti proporre nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile”)

Segue. L’appello ordinario civile nel diritto vivente

Il mutato inquadramento discende dal formalismo imposto dal giudice di legittimità al motivo di appello, non più misura dell’effetto devolutivo che riconduce l’oggetto di giudizio di secondo grado all’oggetto di quello di primo, ma condizione di ammissibilità del mezzo, coincidente con il motivo di ingiustizia o il vizio che colpisce la sentenza impugnata, con l’unica prerogativa – che differenzia l’appello dal ricorso per cassazione – di un motivo di critica libera e non tipizzato dal legislatore (cfr art. 342 c.p.c. con l’art. 360 c.p.c.).

• L’esasperazione del motivo di critica alla sentenza impugnata rende prevalente un oggetto dell’impugnazione coincidente con la sentenza e non più con il rapporto e il diritto che ne discende.

• A tale impostazione si accompagna un rigoroso inquadramento dell’istituto dell’appello come revisio priori istantae, che nega l’ammissibilità di nova in appello (art. 345 c.p.c.), particolarmente di nuove prove, ammesse solo se indispensabili, con un concetto nebuloso mutuato dalla riforma dell’appello nel rito del lavoro (art. 437 c.p.c.).

Segue. La specialità dell’appello a seguito dell’ordinanza sommaria:

i nova in appello

• L’art. 702 quater c.p.c. che disciplina un appello come rimedio non ad un processo pienamente regolato dalle regole comuni, ma ad un processo che si è svolto in forme sommarie, ridisegna l’istituto in contrasto con il rivelato orientamento del giudice di legittimità.

• Sotto questo aspetto è densa di significati l’opzione – in contrasto con l’art. 345, 3° comma, c.p.c. – verso la piena ammissibilità di prove nuove, ancorché deducibili e benché non dedotte in primo grado, con il solo limite della rilevanza. Si tratta di una profonda novità sul cammino che conduce ad un appello aperto alle nuove istanze difensive delle parti, benché non dedotte eppure deducibili nel grado anteriore, coerente con la struttura contratta e semplificata che ha caratterizzato la precedente fase sommaria.

• La tecnica legislativa non aiuta invero l’interprete, poiché la regola sull’ammissibilità di nuove istanze probatorie convive con una alternativa illogica costituita dall’ammissibilità pure (il legislatore usa la congiunzione ovvero) di prove che la parte non avrebbe potuto proporre nel precedente procedimento sommario per causa ad essa non imputabile. Si tratta evidentemente di concetti non collocabili sul medesimo piano e che non possono convivere come alternativa.

• All’interprete vista la latitudine dell’alternativa costituita dalla piena ammissibilità di prove nuove, non resta che offrire prevalenza al criterio più liberale.

B. La legge delega

• Il progetto rispetto ai riti sommari, art. 54, 4° comma, lett. b) generalizzazione del proc. ex artt. 702 bis e ss. c.p.c.:

• a) anche per i riti camerali;

• b) per tutti i riti semplificati, anche il cautelare?

• Auspicio per l’ipotesi sub a ), critica per l’ipotesi sub b), opportunità di un processo camerale non più autosufficiente e che possa convertirsi in caso di errore o di processo necessitante delle forme ordinarie e non più chiudersi con un’inammissibilità

C. Il nuovo articolo 614 – bis c.p.c. e le suggestioni provenienti dal diritto sostanziale

C1Tutela giurisdizionale differenziata

• Il problema di una tutela giurisdizionale differenziata nel diritto di famiglia, non solo in relazione ai profili di cognizione dei diritti, ma anche e soprattutto in relazione ai profili esecutivi dei provvedimenti conclusivi di fasi cognitive piene o sommarie.

Situazioni personali e patrimoniali

• Differenziazione dovuta alle peculiarità delle situazioni coinvolte, siano esse di natura patrimoniale, che personale, perché quelle di natura patrimoniale (come il mantenimento o l’assegno, oppure l’assegnazione della casa coniugale) celano indirettamente la tutela di situazioni personali.

a) L’immanenza di un carattere urgente della tutela:il periculum è intrinseco al diritto da tutelare tanto che diventa irrilevante e tutto si traduce in una tutela anticipatoria degli effetti della sentenza di merito: i provvedimenti presidenziali, i provvedimenti del giudice istruttore, le sentenze parziali di separazione e scioglimento. Sul piano esecutivo si rende necessario l’uso di misure che assicurino gli effetti della condanna con la stessa urgenza e rapidità. Non si può pensare che il diritto di visita o il diritto ad una contribuzione periodica mensile non possano essere soddisfatti lo stesso giorno in cui devono essere adempiuti.

• b) La forte influenza della sopravvenienza di fatti modificativi della fattispecie che inducono sempre un adattamento della misura ai mutamenti, cui risponde un regime, sul piano cognitivo di un giudicato rebus sic stantibus (modificabile nelle celeri forme camerali dell’art. 710 c.p.c.) o di misure incidentali sempre revocabili e modificabili (art. 709 u.c. c.p.c.) e sul piano esecutivo dalla forte interferenza tra cognizione ed esecuzione, nel senso che in sede esecutiva può rendersi ragione di mutamenti delle misure, espressione di fasi cognitive pregresse e di cui si chiede attuazione, al punto di identificare il giudice dell’esecuzione con il giudice del merito.

• c) Il carattere infungibile assai spesso della prestazione dell’obbligato, in quanto la soddisfazione passa attraverso l’effettiva e puntuale ottemperanza della misura sommaria o di merito a cui difficilmente può rispondere la sostituzione dell’organo esecutivo, mediante le forme del libro III del codice di rito. Principio da valere per gli obblighi di consegna del minore, ma non meno per gli obblighi di contribuzione o assistenza economica.

• d) Il carattere permanente delle situazioni, che difficilmente si esauriscono in un’unica prestazione, ma si caratterizzano per la loro continuità: il minore è destinatario di un diritto di vista ogni fine settimana; il contributo o l’assegno devono essere corrisposti ogni mese, e così via. In questo caso inadatto è il requisito della esigibilità del diritto come presupposto dell’azione esecutiva sancito nella norma sul titolo esecutivo ex art 474 c.p.c.: si pone l’esigenza di una tutela esecutiva anche nel futuro per diritti al momento inesigibili.

La risposta dell’ordinamento processuale.

• A tali esigenze, l’ordinamento risponde in maniera contraddittoria, frammentaria, intuendo le forme processuali ma assai spesso non generalizzandole

a) La diaspora delle misure coercitive alternative alle forme esecutive

• Dai mezzi coercitivi applicati all’inottemperanza delle misure economiche (i sequestri di cui agli artt. 146 e 156; art. 8, 7° comma legge n. 898 del 1970) al più recente affidamento a misure di carattere penale a tutela dei diritti economici (recente evoluzione dell’art. 12 quinquies della legge n. 898 del 1070 alla luce dell’art. 3 della legge n. 54 del 2006);

• alla preferenza verso misure coercitive civili, invece, come recentissima evoluzione della materia delle situazioni personali connesse all’affidamento e alla potestà, come eloquentemente evidenzia l’art. 709 - ter c.p.c., dovuto alla recentissima legge n. 54 del 2006, applicabile ai soli profili personali, e oggi l’art 614 bis c.p.c.

b) Coincidenza del giudice del merito con il giudice della esecuzione

• solo per le situazioni personali (salvo il caso della applicazione delle misure del sequestro a tutela dei crediti di mantenimento), con potere di incidere sullo stesso merito in sede esecutiva e di determinare discrezionalmente le forme della esecuzione, in deroga alle forme del libro III.

• Da tempo, in tale ambito, la giurisprudenza ha abbandonato le forme del libro III, con la diversificazione tra giudice del merito e giudice della esecuzione: quella per consegna o rilascio, per l’inaccettabilità dell’idea del minore come di una res e per il rilievo in tale forma di esecuzione di un organo esecutivo cui è estraneo il giudice; con minore convinzione quelle degli obblighi di fare e non fare, dove quanto meno la esecuzione è ab initio condotta dal giudice, cui l’avente diritto deve rivolgersi ai sensi dell’art. 612 c.p.c. per la determinazione delle modalità, ma che continua ad incontrare i limiti di un intervento del solo giudice della esecuzione e non del merito, con la sua minore sensibilità verso gli interessi in gioco nella fattispecie.

• Nella direzione di un’esecuzione in via breve, le cui forme sono lasciate alla discrezionalità del giudice, identificato nel giudice del merito e non nel giudice della esecuzione.

• Questa giurisprudenza ha trovato una particolare e stimolante spinta dal decimo comma dell’art. 6 della legge n. 898 del 1970: <>

La norma è di estrema importanza:

• 1) per avere finalmente sancito che il giudice delle esecuzione è il giudice del merito, che in materia di famiglia non può esservi distinzione tra cognizione ed esecuzione e l’esecuzione può talvolta indurre al mutamento delle soluzione dettate dalla cognizione;

• 2) per avere introdotto una regola non soltanto sulla competenza, ma anche sulle forme, fissando forme esecutive affidate al giudice del merito, sulla falsariga dell’art. 669 duodecies c.p.c. per le misure cautelari da attivarsi in forma specifica;

• 3) per avere attribuito un ruolo di controllo delle forme esecutive, discrezionalmente determinate dal giudice del merito, da parte del giudice tutelare, in un condivisibile ruolo diversificato tra giudice del merito che detta le modalità esecutive e giudice tutelare che le controlla in sede esecutivo (e di cui oggi potrebbe giovarsi sia l’art. 709 ter sia l’art. 614 bis, grazie alla mancata abrogazione dell’art. 337 c.p.c.).

c) le forme di tutela esecutiva pro futuro dei crediti di mantenimento

• In mancanza di ogni previsione per diritti personali (se si esclude la interpretazione che sarà data all’art. 614 - bis c.p.c.), la profonda diversità delle forme di distrazione ex lege dei crediti o redditi anche periodici che l’obbligato vanta nei confronti di terzi, secondo la diversificata (irragionevolmente) disciplina degli artt. 148, 156 e 8 legge n. 898 del 1970 e l’efficace strumento per lo svolgimento tutto stragiudiziale contenuto in questa ultima disposizione.

C2. L’art. 709 – ter c.p.c.

• L’evoluzione finale di questo indirizzo è certamente nell’art. 709 ter c.p.c., norma criticabile sul piano della tecnica legislativa, ma facilmente comprensibile se ricostruita alla luce della dinamica poc’anzi evidenziata:

• a) col sancire ancora una volta la identificazione di giudice della esecuzione con il giudice del procedimento in corso (espressione ancora più forte, poiché lo fa coincidere con la persona fisica, ovvero con il giudice istruttore innanzi al quale pende la causa di merito e non il collegio, salvo trib. minorenni), purché non penda più, poiché in tal caso è competente se vi sono fatti sopravenuti il giudice della revoca e modifica ex art. 710 c.p.c. e 9 legge n. 898 del 1970 , se non vi sono il giudice tutelare ex art. 337 c.c. (ad oggi non abrogato)

• “Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’art. 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore”

• b) col prevedere in modo espresso e senza limiti la facoltà, se necessario alla luce delle difficoltà esecutive, di giungere pure alla modifica dei provvedimenti di merito (“può modificare i provvedimenti in vigore”);

• c) col consentire, mediante provvedimento, un accertamento risolutivo dei dubbi interpretativi della misura e opportune forme di esecuzione in via breve e discrezionali, qualora vi sia spazio per un’esecuzione forzata della misura di consegna del minore (“adotta i provvedimenti opportuni”;

• d) e innanzi agli ostacoli della esecuzione con pregiudizio agli interessi del minore, dovuti alla infungibilità della prestazione dell’obbligato, prevedendo idonee misure coercitive, pur con formulazioni equivoche evocanti ancora nozioni di responsabilità civile (“il risarcimento del danno”) che sono avulse ad un efficiente sistema di esecuzione indiretta, dove ciò che conta è l’inottemperanza esaminata da un punto di vista oggettivo e non il maggior o minor grado di colpa della parte o peggio ancora il nesso di causalità con una danno effettivamente indotto: il processualista non può cadere nello specchio della responsabilità civile nel quale continua a guardarsi come Narciso il civilista. Peraltro la sanzione di natura amministrativa e un danno risarcito a favore del minore che non della parte del processo, depongono nel senso dell’interpretazione qui suggerita.

• e) infine col suggerire ancora la via di un procedimento ad hoc, a seguito della misura sommaria o finale, nel quale contesto offrire discrezionalmente le forme esecutive e/o le misure coercitive., secondo il modello francese.

C4. Art. 709 - ter c.p.c. e art. 614 - bis c.p.c.: coordinamento

Il legislatore italiano non si misura con la preesistente disciplina di misure coercitive, se si esclude la sola esperienza laburistica (art. 28 e 18 St. lav.) fatta espressamente salva (ad esempio tutto il sistema delle misure coercitive note in materia industriale e, appunto, familiare).

Dopo il 614 bis che ne è del 709 ter?

• Gli ambiti invero sono ben diversi:

• a- le misure coercitive dell’art. 614 bis sono dettate dallo stesso giudice della cognizione nel momento in cui pronuncia sul piano cognitivo (“Con il provvedimento di condanna il giudice..fissa..”) e non costituiscono il risultato di un autonomo procedimento ad hoc successivo, come l’art. 709 ter. Vi è dunque autonomia dei procedimenti che non interferiscono tra loro (fatta salva la officiosità della misura);

b- quindi le misure coercitive per così dire generali non interferiscono modificandole sulle regole dettate dalla cognizione (sono contestuali), a differenza di quelle di cui è risultato l’art. 709 ter e che costituiscono carattere differenziato delle situazioni personali in materia di famiglia;

c- le misure coercitive di cui all’art. 614 - bis offrono rilievo anche al ritardo dell’ottemperanza e non solo all’inottemperanza tout court e ipotizzano una misura coercitiva ripetuta nel tempo per ogni violazione (“la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione…”; mentre l’art. 709 ter pone un misura forfettaria ed una tantum. In tal modo potrebbe penetrare nell’ambito della tutela delle situazioni personali, una proiezione nel futuro.

• Vi è dunque da pensare per la autonomia di procedimenti e di tutele, che i due mezzi sopravvivano e siano astrattamente compatibili, ammettendone anche la contestualità, salvo che potrebbe ipotizzarsi un interesse ad agire diminuito in sede di 709 ter se il giudice avesse già dettato le misure coercitive nel provvedimento di merito in sede di art. 614 bis, qualora nel primo caso la richiesta fosse limitata esclusivamente alla liquidazione della somma di denaro (diversamente se si chiedono invece le forme della esecuzione forzata o la modifica dei provvedimenti di merito o una loro interpretazione autentica).

C4.I problemi interpretativi dell’art. 614 bis c.p.c.

La disposizione suscita problemi, più che risolverli:

• - l’ambito eccessivo di discrezionalità, che non può non porre nell’imbarazzo il giudice più sensibile: la manifesta iniquità che la esclude; la mancanza di limiti quantitativi nella misura coercitiva, essendo i criteri del valore, della natura della prestazione e del danno provocato troppo evanescenti;

“Con il provvedimento di condanna il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa su richiesta della parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento…

Il giudice determina l’ammontare della somma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile”

• - la richiesta di parte, è domanda o semplice istanza processuale, come potrebbe esserla quella di responsabilità processuale aggravata o di condanna alle spese? L’ipotesi sembra essere piuttosto la seconda (come peraltro nel caso dell’art. 709 ter c.p.c.), trattandosi di misura esclusivamente processuale al termine della controversia, dunque può essere formulata in udienza di precisazione delle conclusioni, non necessariamente in udienza di trattazione come esercizio di ius poenitendi o peggio ancora negli atti introduttivi;

- esso può essere contenuta in una qualunque misura, anche non necessariamente in sede di sentenza di merito, ad esempio in occasione di un’ordinanza anticipatoria cautelare o non cautelare (provvedimento di condanna, ma anche costitutivo con voci accessorie di condanna), ciò che ha particolare rilievo in materia di famiglia, dunque nel provvedimento presidenziale oppure in quello del giudice istruttore;

• la esecutività fa pensare ad una spendibilità diretta sul piano esecutivo, mediante apposizione della formula e notifica del precetto, in cui la parte si limiterà ad allegare l’inottemperanza o il suo ritardo: tutto si gioca sull’iniziativa dell’obbligato in sede di opposizione alla esecuzione e l’onere della prova – secondo le più recenti pronuncia del giudice di legittimità (Cass sez. un. 30 ottobre 2001, n. 13533) in materia di obbligazioni contrattuali – di avere ben adempiuto grava sull’obbligato e non sull’avente diritto

“Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza”

• - il problema della sua applicazione anche fuori dagli obblighi strettamente infungibili, nelle obbligazioni di consegnare o rilasciare o pagare, quando indirettamente è tutelato un bene personale che rende necessaria la prestazione tempestiva dell’obbligato: esiste il solo dato della rubrica e del collocamento topografico della norma. Problema particolare in materia di famiglia, in relazione ai diritti patrimoniale che sarebbero così recuperati alle misure coercitive civili, quando l’inadempimento incide sui diritti personali.

D. La mediazione familiare

• Il mancato rilievo nella riforma generale della mediazione civile con d. lgs. n. 28 del 2010:

• Art. 2, 1° comma: “Chiunque puo' accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto”

• Art. 5, 1° comma, tra le ipotesi di mediazione obbligatoria non è contemplata la materia familiare, se si escludono i giudizi di divisione e i patti di famiglia.

Art. 5, 2° comma, l’invito giudiziale alla mediazione se le parti concordano (art. 155 - sexies, 2° comma: rinvio delle misure per consentire lo svolgimento di una mediazione)

“Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”

• Art. 5, 5° comma, la mediazione contrattuale, fondata sul consenso delle parti. La tipizzazione di un negozio contenente una mediazione obbligatoria (nel verbale di separazione consensuale o in altra convenzione tra i coniugi)

Effetti della mediazione giudizialmente o consensualmente obbligatoria

• Rinvio di quattro mesi del procedimento (non più inammissibilità, per l’incidenza sugli effetti della domanda, né improcedibilità implicante un onere di riassunzione a pena di estinzione del processo)

segue

• Identificazione degli effetti della domanda su prescrizioni e decadenze;

• Insensibilità dei procedimenti cautelari, monitori, camerali;

• Trascrizione della domanda.

Effetti del verbale di conciliazione

• A seguito di omologazione del tribunale su istanza di parte, con controllo della mancata violazione di norme di ordine pubblico, ha efficacia esecutiva, è titolo esecutivo per qualsiasi forma di espropriazione, è titolo per l’iscrizione ipotecaria (può fondare una misura coercitiva: art 11, 3° comma: “L'accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento” )

Effetti del verbale negativo

• Irrilevanza sul merito, salvo ingiustificata mancata partecipazione al tentativo, anzi garanzia di riservatezza delle dichiarazioni e informazioni acquisite (con esonero del mediatore dall’obbligo di rendere prova testimoniale), incidenza solo sulle spese, artt. 8, 5° comma; 10, 13, 14.