12/11/10 La soluzione concordata della crisi dell'impresa

Una lezione sui concordati stragiudiziali e giudiziali, come soluzione alla crisi dell'impresa, attraverso una lezione teorica e pratica, alla luce in particolare dell'ultimo anno di giurisprudenza.

Un anno di giurisprudenza: 2010. by Claudio Cecchella

Un anno di giurisprudenza: 2010.

Le soluzioni concordatarie

di Claudio Cecchella

• Corso di specializzazione

• Fallimento: casi e soluzioni

• Matera, dal 27 settembre al 12 novembre 2010

Un anno di giurisprudenza: 2010

• Le pronunce che saranno evidenziate nella trattazione che seguono, sono state tratte dalla Rivista “Il Fallimento”, editore Ipsoa e dalla banca dati “Le leggi d’Italia professionale” del Gruppo Wolters Kluwer.

Accordo di ristrutturazione: sottoscrizione

L'autenticazione della firma del soggetto che sia parte del singolo accordo ex art. 182-bis l. fall. integra un requisito di ammissibilità dell'accordo stesso, inerendo ad una formalità indispensabile ai fini pubblicitari; tale causa di inammissibilità è però sanabile, essendo possibile chiedere che il tribunale conceda un termine finalizzato alla regolarizzazione formale degli accordi (Trib. Milano, 25-03-2010 in Fallimento, 2010, 6, 744).

Accordo di ristrutturazione: effetti

L'effetto protettivo previsto dall'art. 182-bis, l. fall., letteralmente riferito solo alle azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, non si estende anche ai ricorsi di fallimento - ai quali deve evidentemente assimilarsi anche la richiesta di declaratoria dell'insolvenza - con la conseguenza che essi restano suscettibili di istruttoria, pur in presenza della richiesta di omologazione degli accordi di ristrutturazione; in tal caso, però, vi è pregiudizialità della decisione su tale richiesta rispetto a quella di cui all'art. 15, l. fall., essendo gli accordi di ristrutturazione uno strumento chiaramente alternativo al fallimento, e quindi tale da escluderlo quando gli accordi siano ritenuti idonei a superare l'addotto stato di crisi (Trib. Milano, 25-03-2010, in Fallimento, 2010, 6, 743).

In senso contrario

La presentazione di una domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione dei crediti non impedisce l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento (nella specie del p.m.) che dovrà essere trattata unitariamente, in un procedimento riunito dovendosi in entrambi accertare l’insolvenza (trib. Milano 10 novembre 2009, in Il fallimento, 2010, 195).

Relazione

Il professionista attestatore del piano di un accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182 bis, legge fallimentare - R.D. n. 267/1942, è tenuto ad attestare soprattutto la veridicità dei dati aziendali con conseguente assunzione di responsabilità di natura contrattuale nei confronti del proponente-committente e di natura extracontrattuale nei confronti dei creditori e dei terzi interessati (Trib. Milano, 25-03-2010, in sito Il caso.it, 2010).

Contenuti della relazione

L'assunzione di diretta responsabilità da parte del professionista attestatore in ordine alla veridicità dei dati sui quali si fonda il piano di un accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182 bis, legge fallimentare, costituisce un elemento ineludibile ai fini dell'omologazione, non potendo la relazione di detto professionista limitarsi a rimandare, quanto all'elemento in questione, alle risultanze dei controlli effettuati da una società di revisione (Trib. Milano, 25-03-2010, in sito Il caso.it, 2010).

Accordo di ristrutturazione: omologa

• L'oggetto del giudizio di omologazione degli accordi di ristrutturazione varia a seconda che siano o meno proposte opposizioni; nel primo caso il tribunale può conoscere di tutti i motivi di contestazione, inclusa la fattibilità in senso stretto degli accordi e/o del piano ad essi sottostanti, mentre nel secondo dovrà limitarsi a valutare la sussistenza dei requisiti di ammissibilità della domanda, la presenza dei documenti previsti dalla legge (tra i quali la relazione del professionista) e la correttezza dell'iter procedimentale, nonché la coerenza e completezza, secondo parametri logico-giuridici, delle motivazioni poste a base dell'attestazione rilasciata dall'esperto, anche per quanto concerne la veridicità dei dati aziendali. (Trib. Roma, 20-05-2010, in Fallimento, 2010, 8, 999; conf. Trib. Milano, 25-03-2010, in Fallimento, 2010, 6, 744).

Accordi di ristrutturazione: omologa in difetto di opposizioni

• Qualora non vi siano opposizioni alla omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'art. 182-bis, legge fallimentare - R.D. n. 267/1942, il tribunale non valuterà la bontà del giudizio espresso dal professionista, bensì la coerenza e completezza dell'iter procedimentale ed argomentativo del professionista attestatore, con la conseguenza che l'omologazione dell'accordo non potrà mai essere ritenuta una certificazione giudiziale della sua fattibilità (Trib. Roma, 20-05-2010, in sito Il caso.it, 2010; conf. Trib. Milano, 25-03-2010).

Il controllo di attuabilità

• Anche in difetto di opposizioni da parte dei creditori, in sede di omologa il tribunale deve comunque compiere un’indagine di attuabilità del piano (Trib. Milano, 10 novembre 2009, in Fallimento, 2010, 195).

Accordi di ristrutturazione: la tutela dei creditori estranei

• Poiché l'accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'art. 182-bis, legge fallimentare - R.D. n. 267/1942 - deve garantire il regolare pagamento dei creditori ad esso estranei, lo stesso potrà considerarsi autosufficiente nella sola ipotesi in cui la ristrutturazione dei debiti persegua finalità di liquidazione dell'impresa che cessi l'attività o venga ceduta a tersi. Laddove, invece, l'accordo sia funzionale alla continuazione dell'attività, il pagamento dei creditori estranei potrà essere assicurato e l'operazione considerata attuabile solo in presenza di un piano che indichi le cause della crisi nonché i rimedi che si intendono attuare per evitare che l'impresa si ritrovi nella medesima condizione.(Trib. Roma, 20-05-2010, in sito Il caso.it, 2010)

ancora

• Il piano di un accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182 bis, legge fallimentare - R.D. n. 267/1942, deve prevedere il regolare pagamento dei creditori non aderenti, il cui soddisfacimento deve avvenire secondo il regolamento negoziale con riferimento non solo alla entità dei crediti ma anche ai tempi pattuiti che non possono, pertanto, essere rimodulati senza l'adesione degli interessati (Trib. Milano, 25-03-2010, in sito Il caso.it, 2010).

L’impugnativa del p.m.

• La mancata espressa previsione, nel testo dell'art. 182-bis, l. fall. - R.D. n. 267/1942, della legittimazione all'opposizione all'omologazione da parte del P.M. non implica alcuna preclusione; l'intervento di tale organo deve essere considerato valido ed efficace sia in forza del generico disposto dell'art. 70, ultimo comma, c.p.c., sia in virtù del quarto comma dello stesso art. 182-bis l.fall. secondo cui legittimati all'opposizione sono i creditori e ogni altro interessato, dovendosi ricomprendere tra i titolari di un interesse giuridicamente apprezzabile anche il P.m., quale organo cui l'ordinamento giuridico affida istituzionalmente la tutela dell'interesse pubblico (Trib. Milano, 25-03-2010 in Fallimento, 2010, 6, 744).

Carattere eventuale della proposta di transazione fiscale

• L'art. 146 del D.Lgs. n. 5/2006, introducendo l'istituto della transazione fiscale, ne ha evidenziato il carattere meramente facoltativo e discrezionale per il debitore, il quale "può proporre" la dilazione del pagamento, ovvero il pagamento parziale dei tributi aventi natura tanto chirografaria quanto privilegiata, senza peraltro venire escluso (pur in presenza di debiti tributari) dalla possibilità di adire al concordato senza formulare alcuna proposta di tal genere; con il che, i debiti maturati nei confronti del fisco usufruiranno, secondo il loro rango, della sorte comune a tutti gli altri debiti oggetto di concordato (App. Torino, 23-04-2010, in Sito Il caso.it, 2010).

Natura della transazione fiscale

• Non è un contratto di transazione, non essendovi da eliminare una controversia, ma un accordo concordatario non diverso da una proposta di concordato e non autonomo rispetto ad esso (trib. Roma 27 gennaio 2009, in Il fallimento, 2010, 232).

La relazione del professionista nel concordato preventivo

• La relazione del professionista di cui all'articolo 161, comma 3, legge fallimentare, deve contenere una certificazione tale da poter essere successivamente verificato e da poter giustificare un'eventuale giudizio di responsabilità nei confronti del professionista. L'analisi del professionista deve, infatti, presentare quale requisito minimo oggetto del giudizio di ammissibilità la analitica esplicitazione dei controlli contabili effettuati, dei criteri utilizzati, delle ragioni per cui, al motivato vaglio tecnico proprio della scienza aziendale di cui l'esperto e istituzionale conoscitore, i dati possono essere ritenuti ragionevolmente verificati. In ordine al requisito di fattibilità, la circostanza che il giudizio su di esso abbia indefettibilmente natura prognostica non esclude che l'analisi del professionista debba essere ancorata all'esposizione di una serie di elementi di fatto, di natura contabile, economica e finanziaria, idonei a fondare un giudizio, se non di sicura, almeno di probabile realizzabilità del piano e dei suoi risultati in termini di soddisfacimento dei creditori. La valutazione giudiziale di ammissibilità del concordato non deve quindi estendersi ad una approfondita disamina della fondatezza delle valutazioni espresse dall'esperto, ma può e deve consistere in una sorta di giudizio sul giudizio, che tende non già a ripercorrere criticamente gli stessi accertamenti e valutazioni ma a verificare se il percorso critico valutativo sia stato effettuato e congruamente motivato, in modo da consentire l'assunzione di responsabilità di cui si è detto (nel caso di specie, il Tribunale prima e la Corte di Appello poi hanno ritenuto che la proposta di concordato non fosse ammissibile in quanto mancava nella relazione del professionista una vera e propria attestazione di veridicità dei dati aziendali - intesa quale attestazione di effettiva e verificata corrispondenza tra di elementi contabili esposti dalla società debitrice della proposta e la realtà attuale - ed anche perchè la relazione in questione conteneva riserve tali da mettere in dubbio la realizzabilità del piano. (App. Torino, 14-07-2010, in sito Il caso.it, 2010; conf. Trib. Monza 30 settembre 2010, in sito ilcaso.it 2010).

ancora sulla relazione

• La relazione di cui all'art. 161, comma terzo, legge fallimentare - R.D. n. 267/1942, si completa con un giudizio finale del professionista il quale, se ritiene le soluzioni prospettate dall'imprenditore per la composizione negoziale della crisi di impresa ragionevolmente praticabili, non solo sotto il profilo giuridico, ma anche con riguardo all'aspetto economico, conclude per la concreta idoneità del piano e, quindi, della proposta, a raggiungere gli scopi ivi previsti (Trib. Novara, 26-04-2010, inSito Il caso.it, 2010).

ancora…

• In tema di ammissibilità del concordato preventivo, come modificato dal D.Lgs. n. 5/2006 e dal D.Lgs. n. 169/2007, il debitore è gravato di un onere probatorio particolarmente stringente quanto alla prova della fattibilità del piano ed alla veridicità dei dati aziendali, prova che deve essere data, oltre che con la produzione della documentazione di cui all'art. 161, secondo comma, anche, e soprattutto, attraverso la relazione di un professionista indipendente ed imparziale (Trib. Napoli, 19-05-2010in Sito Il caso.it, 2010).

Esclusione natura pubblico ufficiale del professionista

• Il professionista che attesta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario, ai sensi dell'art. 161, terzo comma l.fall., non può essere considerato pubblico ufficiale ai fini di cui all'art. 357 c.p. e, di conseguenza, in caso di false attestazioni non risponde del reato di cui all'art. 479 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) (Trib. Torino Sez. IV, 31-03-2010, in Fallimento, 2010, 7, 87).

La collaborazione tra tribunale e proponente

• Il tenore letterale della norma di cui all'art. 161, comma 1, legge fallimentare, che prevede la possibilità di apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, evidenzia che si è in presenza di un potere discrezionale del giudice: potere che lo facoltizza ma non lo obbliga a disporre la descritta integrazione, essendo onere dello stesso proponente quello di formulare fin dall'origine la sua proposta in modo conforme a quanto previsto dall'art. 161 l. fall., alla cui inosservanza è correlata la sanzione dell'inammissibilità della stessa proposta concordataria.(Trib. Napoli, 19-05-2010, in sito Il caso.it, 2010).

Pluralità di domande

• Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 12 febbraio 2010 n. 3327

• La proposta di concordato presentata dal fallito prevale, a parità di condizioni, su quella avanzata da un terzo. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 3327/2010 secondo la quale il primo tende a evitare "l'esproprio" della sua azienda mentre il secondo cerca di acquisire l'attività produttiva di un altro. Pertanto, in presenza di questi presupposti antitetici, lasciare ai creditori la scelta definitiva circa la proposta da accettare rappresenta, in assenza di giustificate ragioni di convenienza, un vero e proprio arbitrio.

Limiti al controllo di ammissibilità: la fattibilità

• Nel concordato preventivo il tribunale ha il potere di verificare la fattibilità del piano proposto nel senso della idoneità della proposta a realizzare le complesse ipotesi di cui all'art. 160, legge fallimentare - R.D. n. 267/1942 - attraverso strumenti astrattamente idonei e giuridicamente leciti: si tratta di un vaglio che deve essere fatto la prima volta con l'ammissione alla procedura e successivamente in sede di omologa. L'unico elemento di valutazione che, con la recente riforma, è stato sottratto al tribunale è costituito dal requisito della convenienza, valutazione che ora rientra nella discrezionalità del ceto creditorio che la esprime attraverso la votazione. (Trib. Napoli, 26-05-2010, in sito Il caso.it, 2010; conf. Trib. Napoli, 19-05-2010, ivi; Trib. Tivoli, 15 luglio 2009, in Fallimento, 2010, 857). Prima della novella del 2007, Cass. 29 ottobre 2009, n. 22927, in Fallimento 2010, 822, riteneva sufficiente semplicemente un controllo di regolarità formale e di sufficienza della relazione del professionista di consentire una valutazione da parte dei creditori concorsuali.

Merito della indagine del professionista

• In particolare se la relazione del professionista consente una ricostruzione dei dati contabili, delle cause del dissesto e un giudizio congruo e motivato di fattibilità, il tribunale non può in sede di ammissione indagare il merito delle valutazione del professionista (App. Roma, 18 aprile 2009, in Riv. dir. fall., 2010, II, 188 con nota di Pesucci).

Ancora sul controllo delle relazione in sede di ammissibilità

• Questo controllo, quindi, se non potrà attingere al profilo del merito della valutazione del professionista, ben potrà invece verificare la coerenza e la competenza logico-argomentativa del discorso asseverativo dell’attestatore, valutando se detto discorso risulti immune da carenze e/o vizi logici tali da pregiudicare elementi rilevanti ai fini sopra indicati. Tale verifica assolve allo scopo di accertare che la proposta concordataria abbia la stabilità e la coerenza necessarie per veicolare sulla stessa il consenso consapevole ed informato del ceto creditorio e risulta del tutto coerente con il ruolo che la nuova procedura concordataria assegna al tribunale: quello di garante di un corretto interscambio delle informazioni necessarie ad eliminare eventuali asimmetrie informative ed a consentire ai creditori - tramite il voto in adunanza - di esprimere con pienezza di informazioni quella valutazione di convenienza che di fatto ad essi solo è rimessa e che il tribunale può operare unicamente nella residuale ipotesi del cram down, Trib. Monza 30 settembre 2010, in sito il caso.it

segue

• Nel caso di specie, il Tribunale prima e la Corte di Appello poi hanno ritenuto che la proposta di concordato non fosse ammissibile in quanto mancava nella relazione del professionista una vera e propria attestazione di veridicità dei dati aziendali - intesa quale attestazione di effettiva e verificata corrispondenza tra di elementi contabili esposti dalla società debitrice della proposta e la realtà attuale – ed anche perchè la relazione in questione conteneva riserve tali da mettere in dubbio la realizzabilità del piano (App. Torino 14 luglio 2010, in ito il caso.it, 2010).

La relazione in caso di pagamento percentuale dei privilegiati

• La «relazione giurata» del professionista prevista dall’art. 160, comma 2, legge fallimentare, (cosa ben diversa dalla relazione ex art. 161, terzo comma, legge fallimentare), si pone come presupposto per l’ammissione alla procedura, la cui sussistenza deve essere verificata d’ufficio dal tribunale e la cui mancanza comporta l’inammissibilità della proposta. A tal fine la stessa deve chiaramente indicare in quale precisa misura percentuale ciascun credito prelatizio (che non si voglia pagare integralmente) potrebbe essere soddisfatto sul bene (o sui beni) oggetto della prelazione (che assiste il credito) in caso di liquidazione (Trib. Roma 2 agosto 2010, in sito ilcaso.it, 2010)

Cessione dei beni agli amministratori

• Nel concordato preventivo con cessione dei beni di una società non è possibile che i beni vengano ceduti agli amministratori o ai liquidatori della debitrice, in quanto la cessio bonorum implica la perdita per il debitore del potere di amministrare e disporre dei beni ceduti e ed anche perché detti soggetti si troverebbero in una situazione di evidente conflitto di interessi. Trib. Roma, 23 luglio 2010, in sito ilcaso.it, 2010)

Sul giudizio di fattibilità, irrilevanza delle revocatorie

• Nel concordato preventivo, il rischio meramente potenziale di azioni revocatorie relative ai beni che dovrebbero pervenire alla procedura per costituirne parte dell'attivo liquidabile a favore dei creditori non è di per sé sufficiente a formulare una prognosi negativa della fattibilità del piano, dovendosi verificare in concreto la possibilità di alienazione di detti beni dando corso alle operazioni di vendita (App. Milano, 29-04-2010, in sito Il caso.it, 2010; in snso contrario, Trib. Roma, 20-04-2010, perché devoluto alla relazione del professionista).

Sui limiti di rilevanza delle garanzie

• La nuova disciplina del concordato preventivo non prevede la necessità di garanzie di adempimento della proposta, per cui la prestazione o meno di garanzie, la specie o il contenuto di esse, la misura di copertura dell'onere concordatario che realizzano, la loro affidabilità e serietà costituiscono tutti elementi attinenti il merito della proposta e che riguardano la "convenienza" del concordato, la cui valutazione spetta esclusivamente ai creditori in sede di voto e non al tribunale. Il tribunale se non potrà valutare dette garanzie sotto il profilo dell'affidabilità e della convenienza, potrà tuttavia verificare d'ufficio la legittimità delle clausole che le prevedono e la loro validità sub specie di eventuali cause di inesistenza o di nullità dei negozi costitutivi delle medesime e dichiarare eventualmente inammissibile la domanda di concordato (Trib. Roma, 20-04-2010,in sito Il caso.it, 2010).

Sui requisiti delle garanzie

• Le eventuali garanzie offerte con la proposta di concordato debbono essere prestate a favore non della massa dei creditori indistintamente considerata nella sua globalità, bensì dei singoli creditori concordatari, in modo che - ove si tratti di garanzie personali, sorga un valido rapporto obbligatorio fra il garante e ciascuno dei creditori (nei cui confronti si esplicano gli effetti del concordato) con oggetto ben determinato o determinabile, così che il singolo creditore, in caso di inadempimento, possa agire in giudizio e conseguire un titolo esecutivo nei confronti del garante (Trib. Roma, 20-04-2010, in sito Il caso.it, 2010).

Sul controllo di omogeneità delle classi

• Il debitore è libero di organizzare le classi, purché osservi il principio della loro omogeneità, sia sotto il profilo della posizione giuridica, sia degli interessi economici, e ciò a pena di inammissibilità che può essere rilevata dal tribunale in sede di ammissione, o nel corso della procedura sino al giudizio di omologazione (Trib. Firenze, 28-04-2010, in Fallimento, 2010, 8, 999; conf. Trib. Roma, 20-04-2010).

Facoltà di rimodulare le classi

• In sede di omologa, senza modificare la proposta di concordato è data facoltò al tribunale di rimodulare le classi, al fine stabilire le classi votanti e valutarne la volontà espressa con il voto (Trib. Roma 29 gennaio 2009, i Il fallimento, 2010, 232).

Divieto

• Il tribunale in sede di controllo sulla legittimità della proposta non può modificare le classi indicate dal proponente (Trib. Biella 27 aprile 2009, in Il Fallimento, 2010, 43).

Incostituzionalità del mancato controllo sulla divisione in classi

• Si è sollevato il problema della mancata previsione di un controllo del tribunale in sede di ammissibilità del concordato senza classi, sul difetto di divisione di classi (Trib. 27 aprile 2009, in Il fallimento, 2010, 23), dichiarata inammissibile però da Corte cost., 12 marzo 2010, n. 98, in Il fallimento, 2010, 775, che sottintende la facoltà, in un interpretazione costituzionalmente adeguata).

Controllo delle classi solo in sede di opposizione e dunque di omologa

• Nel concordato preventivo, la suddivisione dei creditori in classi ha lo scopo di agevolare la proposta di concordato e costituisce, pertanto, espressione dell'autonomia privata non censurabile in sede giudiziale.Nel caso in cui, nel concordato preventivo, la mancata previsione di classi ponga sullo stesso piano creditori con interessi tra loro non omogenei, il tribunale potrà esprimersi sulla necessità della formazione di classi distinte solo ed esclusivamente in presenza di opposizioni. (Fattispecie di proposta senza previsioni di classi e presenza di creditori forti muniti di garanzie collaterali) Trib Monza 5 agosto 2010, in sito il caso.it

La classe dei soci postergati ex 2467 c.c.

• La proposta di concordato preventivo che preveda una classe di creditori postergati ex art. 2467 c.c. ai quali non venga offerto alcun pagamento se non nell'ipotesi che siano pagati integralmente tutti gli altri crediti, è illegittima (Trib. Firenze Sez. III, 26-04-2010, in Fallimento, 2010, 7, 873).

I creditori postergati non hanno diritto al voto

• I creditori postergati ai sensi dell'art. 2467 c.c. possono vantare pretese nei confronti della società solo all'esito della liquidazione, allorché, risolte tutte le pendenze e soddisfatti interamente tutti gli altri creditori, residui un attivo a loro distribuibile; conseguentemente, al pari dei soci per i crediti relativi al capitale sociale versato, essi non partecipano al concorso dei creditori e sono privi del diritto di voto sia nel concordato preventivo senza formazione di classi, sia nel concordato preventivo con classi (Trib. Firenze Sez. III, 26-04-2010, in Fallimento, 2010, 7, 873).

Sull’ammissibilità di una classe di postergati e sul loro diritto di voto

• Ai fini del computo delle maggioranze per l'approvazione del concordato preventivo, non si deve tener conto del voto dei soci che hanno finanziato la società nell'ultimo anno, i quali, ai sensi dell'articolo 2467, codice civile, sono postergati rispetto agli altri creditori chirografari ed apparendo peraltro opportuna la loro collocazione in una classe a parte (trib. Monza, 5 agosto 2010, in sito Ilcaso.it 2010)

Sul divieto di inserimento dei postergati nella classe dei chirografari

• E fatto divieto inserire in un’unica classe dei chirografari i creditori postergati, soci che hanno finanziato la società in una situazione che avrebbe reso legittima un apporto di capitale, per difetto di omogeneità, salvo che la deroga alla postergazione discenda dal voto della maggioranza delle classi (Cass., 4 febbraio 2009, n. 2706, in Il dir. fall., 2010, II, 1).

Trattamento dei crediti privilegiati

• Caso: creditori privilegiato pagati con dilazione:

• Debbono essere qualificati come creditori privilegiati non soddisfatti integralmente, ai sensi dell'art. 177, comma 2, legge fallimentare - R.D. n. 267/1942, quei creditori muniti di diritto di prelazione per i quali la proposta di concordato preventivo preveda il pagamento integrale ma notevolmente dilazionato del credito e ciò nonostante venga loro offerto, per il periodo della dilazione, il pagamento degli interessi nella misura legale. La parte residua del credito per la quale detti creditori debbono essere ammessi al voto può essere determinata quantificando equitativamente il danno causato dal ritardato pagamento nella differenza tra il tasso di interesse applicato dal sistema bancario in ipotesi di ricorso al credito e l'interesse legale che sarà corrisposto alla luce della proposta, Trib. Mantova, 16-09-2010, sito Il caso.it, 2010.

Crediti previdenziali

• Con il decreto ministeriale 4 agosto 2009, emanato ai sensi dell'articolo 32, comma sei, del decreto legge 29 novembre 2008, numero 185, il legislatore ha ritenuto di stabilire precisi limiti al pagamento, nell'ambito del concordato preventivo (o di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis, legge fallimentare), dei crediti per contributi dovuti agli enti gestori di forme di previdenza e di assistenza. Da ciò consegue che tali limiti dovranno essere rispettati non solo dalle pubbliche amministrazioni interessate al fine di vincolare la loro condotta in presenza di proposte di concordato, ma anche da coloro che formulino proposte di concordato che involgano crediti contributivi, il cui trattamento non potrà pertanto derogare ai limiti fissati dalle citate disposizioni legislative (Trib. Roma, 2 agosto 2010, in sito il caso.it, 2010)

Sulla necessità di un trattamento omogeneo dei creditori appartenenti ad una classe

• La norma di cui all'art. 160, legge fallimentare che, in tema di concordato preventivo, consente di prevedere trattamenti differenziati tra creditori suddivisi in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei, costituisce una deroga al principio generale della par condicio creditorum e, come tale, non può che ricevere una stretta interpretazione; ne consegue che i) tale norma non potrà essere applicata ai creditori privilegiati cui si offra il pagamento integrale; ii) qualora vengano offerti trattamenti differenziati ai creditori chirografari ed a quelli prelatizi non integralmente soddisfatti, dovranno essere formate classi distinte di creditori suddivisi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei; iii) non potranno essere formate classi distinte di creditori laddove non si intenda offrire loro trattamenti differenziati, in quanto ciò urterebbe contro il principio di eguaglianza sotto il profilo del diritto di voto (Trib. Roma, 20-04-2010, in Sito Il caso.it, 2010).

Sulla divisione in due classi del credito bancario

• E' corretta la suddivisione in due classi distinte dei creditori appartenenti al ceto bancario in modo tale da valorizzare le garanzie offerte da terzi, le quali costituiscono una prospettiva di soddisfacimento del credito garantito ulteriore rispetto a quella concordataria (Trib. Mantova, 08-04-2010, in sito Il caso.it, 2010).

Sul diverso trattamento delle classi in deroga alla par condicio

• Risponde al requisito richiesto dall'art. 169, comma 1, lett. c) (suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei) l'attribuzione di una percentuale più alta al ceto bancario, in ragione del maggior sacrificio richiesto, rispetto ad altra classe formata da crediti chirografari di piccola entità (Trib. Mantova, 08-04-2010, in sito Il caso.it, 2010).

Ammissibilità di una classe di un solo creditore

• Se l’imprenditore è debitore di un creditore a lui particolarmente legato da rapporti personali, che aveva consentito un trattamento preferenziale e impedito una soluzione di continuità del rapporto commerciale, ben può essere collocato in un’unica classe (Trib. Ivrea, 9 marzo 2010, in Fallimento 2010, 776).

Sulla priorità tra domande

• In caso di contemporanea pendenza della procedura di concordato preventivo e di quella per dichiarazione di fallimento, il tribunale è tenuto a pronunziarsi prima sulla domanda di concordato e ciò indipendentemente dal fatto che questa sia stata proposta prima o dopo la richiesta di fallimento e il fallimento potrà essere dichiarato solo dopo che sia stata respinta la domanda di concordato (Trib. Roma, 20-04-2010, in Sito Il caso.it, 2010).

Diversità di sindacato se la domanda di concordato è depositato durante la pendenza del processo di fallimento

• Se la domanda di concordato è presentata nel corso di un procedimento per la dichiarazione del fallimento, deve esserne valutata ai fini dell’ammmissione la convenienza (Trib. Perugia, 4 novembre 2009, in Fallimento, 2010, 987).

La convocazione dell’imprenditore in caso di successivo fallimento: non è necessaria

• Qualora il tribunale intenda dichiarare il fallimento ai sensi del secondo comma dell'articolo 162, legge fall., non è tenuto, al fine di assicurare il diritto alla difesa, a convocare nuovamente il debitore, in quanto il diritto alla difesa di quest'ultimo ha già avuto modo di esplicarsi nell'ambito del procedimento di concordato (App. Torino, 14-07-2010, in sito Il caso.it, 2010; conf. Cass. civ. Sez. I, 07-05-2010, n. 11113).

Revoca del decreto di ammissione per atti in frode

• Ai fini della revoca del decreto di ammissione al concordato preventivo, per "altri atti di frode" rilevanti ex art. 173 l. fall. - R.D. n. 267/1942 - non devono intendersi quelli che siano tali da un punto di civilistico o penalistico, ma solo gli atti fraudolenti che abbiano una rilevanza interna alla procedura concorsuale e che siano finalizzati a frodare le ragioni del ceto creditorio, ossia quegli atti che siano suscettibili, indipendentemente dalla loro idoneità, di inficiare il percorso formativo del consenso che i creditori devono esprimere sulla proposta concordataria, nel senso di rappresentare, al fine di carpirne il consenso, una falsata o errata rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e/o finanziaria dell'impresa debitrice; non possono ritenersi tali la predisposizione di bilanci contenenti dati non veritieri, qualora siano stati superati in corso di procedura da un più recente bilancio che abbia determinato l'emersione di una situazione patrimoniale più aderente a quella reale, né le operazioni di restituzione in conto finanziamento soci, ove la loro irregolarità sia contestata e la debitrice abbia offerto di garantire l'eventuale obbligazione restitutoria con fideiussione bancaria o assicurativa, e nemmeno la svendita di beni sociali a prezzo vile, qualora abbia avuto una modesta incidenza nell'economia complessiva del piano concordatario. (Trib. Bari, 09-06-2010, in Fallimento, 2010, 10, 1216).

In caso di fallimento, esame di nuova proposta

• In caso di mancata approvazione del concordato preventivo, l'iter procedurale di cui all'art. 162, secondo comma, l. fall., richiamato dall'art. 179, l. fall., non consente di prendere in esame una nuova proposta sempre di concordato preventivo prima che si sia deciso sulle istanze di fallimento pendenti, la cui trattazione era stata sospesa a seguito della presentazione della originaria proposta. (Trib. La Spezia, 18-06-2010, in Fallimento, 2010, 10, 1216).

Deposito di nuova proposte nelle more del voto in cancelleria

• Il divieto di modificare la proposta concordataria dopo l'inizio delle operazioni di voto, sancito dall'art. 175, secondo comma, l.fall. - R.D. n. 267/1942, non preclude al debitore di ritirarla nelle more del termine per inviare le adesioni di cui all'art. 178, ultimo comma, l.fall., e di presentare una nuova proposta, pur in pendenza di istanze di fallimento. (Trib. Bari, 09-06-2010, in Fallimento, 2010, 10, 1216)

Nuova proposta in pendenza di precedente

• Deve pertanto escludersi che ove il debitore ammesso al concordato preventivo presenti eventuali proposte di concordato modificative di quella originaria, il tribunale sia tenuto a disporre una nuova audizione dell'imprenditore medesimo. (Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha ritenuto che il tribunale non fosse tenuto a convocare nuovamente il debitore che aveva presentato una nuova domanda di concordato preventivo rinunciando espressamente alla domanda precedentemente proposta ed ancora pendente) (App. Torino 14 luglio 2010, in sito ilcaso.it 2010).

Sul voto

• L’espressione negativa del voto può essere revocata nel termine per il deposito del voto in cancelleria, App. Lecce, 8 giugno 2009, n. 31, in Fallimento, 1158.

Sul mandato difensivo

• La concessione di un mandato difensivo da parte di una società ad un difensore tecnico in sede di concordato è atto di straordinaria amministrazione, come tale da autorizzarsi ex art. 167 l. fall. (Trib. Modena, 3 aprile 2009, in Il Fallimento, 2010, 225).

Contestualità di decreto di inammissibilità e sentenza che dichiara il fallimento

• In caso di revoca dell'ammissione al concordato, ai sensi dell'art. 173 l. fall., il Tribunale su istanza del Pubblico Ministero, ove sussistano i presupposti di cui agli artt. 1 e 5 l. fall., dichiara il fallimento del debitore con sentenza contestuale al decreto di revoca.(Trib. Milano, 18-07-2010 - I Viaggi del Ventaglio S.p.A, in Fallimento, 2010, 10, 1216).

Termini e forme della opposizione al concordato

• Il termine di costituzione di cui all'art. 180 l. fall. è perentorio, ma il creditore dissenziente decaduto può intervenire nel procedimento e svolgere difese, nei limiti dello stato degli atti (Trib. Firenze Sez. III, 28-04-2010, in Fallimento, 2010, 8, 999).

In caso di opposizione: controllo sul merito

• In presenza di opposizioni all'omologazione, il tribunale deve valutare la proposta concordataria sotto il profilo del merito (Trib. Firenze, 28-04-2010, in Fallimento, 2010, 8, 999).

Ipotesi di controllo sul merito

• Qualora, all'esito della votazione, la proposta di concordato preventivo non sia stata approvata da una classe di creditori, ed uno di essi ne contesti la convenienza, il tribunale non può procedere all'omologazione, ove riscontri che, a seguito dell'esercizio da parte del curatore delle prerogative attribuitegli dalla legge (nella specie, facoltà di scioglimento dai contratti preliminari), il creditore otterrebbe nella procedura fallimentare un soddisfacimento maggiore di quello offerto in ambito concordatario (Trib. Firenze Sez. III, 26-04-2010, in Fallimento, 2010, 7, 873).

Il craw down

• Il cram down previsto dalla legge statunitense si distingue da quello introdotto dalla riforma della legge fallimentare (art. 180, comma 4), perché il primo consente al giudice di imporre la soluzione concordataria al creditore dissenziente qualora ritenga che l'intera procedura corrisponda all'interesse generale, mentre il secondo, quello italiano, permette al giudice di ignorare l'opposizione introdotta esclusivamente da un creditore dissenziente appartenente ad una classe dissenziente ove sia possibile dimostrare che la soluzione satisfattiva proposta dal concordato sia per tale creditore almeno uguale a quella che gli deriverebbe dalla liquidazione fallimentare. Da ciò consegue che l'interesse giuridico concreto che il creditore opponente può tutelare mediante il cram down consiste unicamente nella possibilità di ottenere una percentuale più alta e non certamente quello di rimuovere le conseguenze che gli derivano dalla presenza della procedura. Trib. Monza, 5 agosto 2010, in sito ilcaso.it, 2010

Sindacato sul voto in sede di omologa

• Il tribunale, nell'accertare l'esistenza delle maggioranze tramite il controllo della corretta formazione del consenso, può non omologare il concordato qualora, per fatti nuovi sopravvenuti, il presumibile risultato del piano sia estremamente difforme da quello proposto, e ciò sulla scorta che tali fatti, se conosciuti al momento della votazione, avrebbero determinato il formarsi di una maggioranza diversa da quella realizzatasi (Trib. Monza, 11-05-2010 in Fallimento, 2010, 8, 999).

Revoca del concordato in sede di omologa

• La revoca del concordato per frode dell’imprenditore non si consuma con l’apertura del giudizio di omologa, ma può condursi nell’ambito di quest’ultimo, Trib. Tivoli, 15 luglio 2009, in Fallimento, 2010, 857.

Inammissibilità di un ordine giudiziale di modifica delle classi in sede di omologa

• In sede di omologa del concordato preventivo, il tribunale non ha alcuna facoltà di ordinare la riformulazione della proposta attraverso una diversa formazione delle classi (Trib. Mantova, 08-04-2010, in sito Il caso.it, 2010).

Sull’efficacia del decreto di omologa

• Nel concordato preventivo tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori, come anche dal debitore, ed anche se attinenti l'esecuzione del concordato danno luogo a controversie che sono del tutto sottratte al potere decisionale del giudice delegato e, dunque, devono costituire materia di un ordinario giudizio di cognizione giacché l'omologazione non determina un giudicato sostanziale, mancando la verificazione di uno stato passivo, pur facendo nascere un vincolo definitivo circa la riduzione quantitativa dei crediti. (Cass. civ. Sez. I, 09-06-2010, n. 13897, in Fallimento, 2010, 8, 924).

Termine per la reclamabilità del decreto di omologa

• Il termine per la proposizione del reclamo previsto dall'articolo 183, legge fallimentare - R.D. n. 267/1942 - avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo è di 10 giorni, così come prevede l'articolo 749-bis c.p.c. in tema di disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio (App. Firenze, 13-04-2010, in sito Il caso.it, 2010).

Sulla retrodatazione della dichiarazione di fallimento alla ammissione al concordato

• Anche dopo la riforma con il D.Lgs. n. 5 del 2006, in caso di dichiarazione di fallimento che consegua alla previa ammissione del medesimo debitore alla procedura di concordato preventivo, si applica tuttora il principio di consecuzione delle due procedure, con conseguente retrodatazione alla domanda di ammissione al concordato del calcolo degli interessi e della data di opponibilità della compensazione, risultando lo stato di crisi accertato dal tribunale di natura irreversibile, dunque sostanzialmente identico al presupposto dell'insolvenza di cui all'art. 5 legge fall. (Cass. civ. Sez. I, 06-08-2010, n. 18437, in Sito Il caso.it, 2010).

Trattamento fiscale del concordato con cessione dei beni

• Si applica l’imposta fissa e non proporzionale:

• “La disciplina dell'imposta di registro relativa alla tassazione del concordato preventivo (anche nella modalità della cessione dei beni ai creditori) contempla per tale atto il regime dettato dall'art. 8, comma 1, lettera g) della tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986 dovendosi preferire il profilo nominalistico in virtù del carattere specifico e non residuale delle prescrizioni di cui alla lettera a) del medesimo articolo” (Cass. civ. Sez. V, 07-09-2010, n. 19141, in Fisco, 2010, 36, 5858 nota di TURIS).