Il testo del power point...Collegato Lavoro
Profili processuali
(legge 183 del 4 novembre 2010)
Intervento alla formazione decentrata del CSM, Firenze 25 gennaio 2011
Gli ambiti di intervento della legge nel processo
- la certificazione del contratto di lavoro;
- la conciliazione;
- l’arbitrato;
- il nuovo regime delle decadenze dall’azione giurisdizionale;
- le norme sul processo esecutivo.
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La certificazione (art. 30)
Tema di interesse per il processualista, in quanto è all’origine di un accertamento ante litem sul piano negoziale tra le parti, con le garanzie del contesto in cui è perfezionato, vincolante per il giudice, sin tanto che non sia invalidato in sede di impugnazione: una sorta di arbitraggio che fissa i diritti e gli obblighi nascenti dal contratto di lavoro.
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La riforma incide sull’art. 75
d. lgs. n. 276 del 2003
La vecchia disciplina:
“Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di
lavoro, le parti possono ottenere la certificazione del contratto secondo la
procedura volontaria stabilita nel presente titolo”
La nuova disciplina
“Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono
ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o
indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria
stabilita nel presente titolo”
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Le novità: l’ambito
La certificazione ha un ambito oggettivo più esteso:
- non più soltanto il tema della qualificazione del rapporto (“contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro”), ma ogni possibile tema (“contenzioso in materia di lavoro”) che possa essere fonte di contenzioso (qualificazione, retribuzione, mansione, recesso, ecc.)
- Anche in relazione a rapporti in cui la prestazione di lavoro non costituisce l’unico effetto del rapporto (sociali, locazione o comodato): (“in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro ”)
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L’art. 30, 2° comma
“Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell'interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione”.
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Conseguenze per il diverso ambito oggettivo
Peraltro tale aspetto non costituisce una novità se, secondo il d. lgs 276/2003, art. 82, 1° comma:
“ Le sedi di certificazione di cui all'articolo 76 del presente decreto legislativo sono competenti altresì a certificare le rinunzie e transazioni di cui all'articolo 2113 del codice civile a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse”
La novità, è nel diverso ambito oggettivo e quindi estensione delle certificazioni.
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L’art. 30, 3° comma
“Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l'assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni”
Ricaduta sui presupposti del recesso datoriale
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Non più soltanto i contratti collettivi, ma anche i contratto individuali “certificati” posono vincolare il giudice nella determinazione della giusta causa o del giustificato motivo, attraverso una tipizzazione singolare.
Regime transitorio
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Il nuovo regime delle certificazioni vincolante per il giudice nel giudizio finale, vale per le certificazioni perfezionate dopo l’entrata in vigore della legge, che non ha efficacia retroattiva.
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Conciliazione: a) innanzi alla Direzione del lavoro: la fine della obbligatorietà
Art. 410: “Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'articolo 409 può promuovere…”
Dopo dodici anni (d.lgs n. 80 del 1998), viene meno l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione.
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Obbligatorietà residua
Nel caso di controversia avente ad oggetto la efficacia della certificazione, in relazione all’erroneità della qualificazione del rapporto, al vizio del volere oppure alla discrepanza tra certificazione e realtà, l’obbligatorietà persiste (art. 31, 2° comma).
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In tal caso sono organi conciliativi le stesse sedi di certificazione
Art. 31, 13° comma: “Presso le sedi di certificazione di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, può altresì essere esperito il tentativo di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile”.
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Le novità dell’art. 410 c.p.c.
• Il carattere facoltativo della conciliazione;
• La composizione, con qualità di Presidente, anche di un magistrato collocato a riposo;
• La disciplina dell’iter (istanza; forma della comunicazione; contenuti con formulazione della domanda; l’eventuale accettazione della controparte con memoria contenente le difese: contestazioni, eccezioni, domande riconvenzionali)
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b) La conciliazione in sede sindacale
L'articolo 412-ter del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «Art. 412-ter. - (Altre modalita' di conciliazione e arbitrato previste dalla contrattazione collettiva). - La conciliazione e l'arbitrato, nelle materie di cui all'articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative»
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c) La conciliazione ad hoc
L'articolo 412-quater del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente: «Art. 412-quater. - (Altre modalità di conciliazione e arbitrato). - Ferma restando la facoltà di ciascuna delle parti di adire l'autorità giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge, le controversie di cui all'articolo 409 possono essere altresì proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale costituito secondo quanto previsto dai commi seguenti.
In questo caso la conciliazione non è amministrata presso la Direzione provinciale del lavoro o presso le associazioni antagoniste, ma discende da un’iniziativa singola della parte a cui può, se lo ritiene, aderire l’altra.
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La stabilità della conciliazione
Anche le conciliazioni sindacali o ad hoc, hanno la stabilità delle conciliazioni presso la Direzione del lavoro.
Art. 31, 7° comma: “All'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, le parole: «ai sensi degli articoli 185, 410 e 411» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater»”.
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L’efficacia esecutiva della conciliazione ex art. 411 c.p.c. novellato
Dipende dal tipo di conciliazione:
- Innanzi alla Direzione del lavoro “Il giudice, su istanza della parte interessata, lo dichiara esecutivo con decreto”.
- In sede sindacale: “Il processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso la Direzione provinciale del lavoro a cura di una delle parti o per il tramite di un'associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane l'autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e' stato redatto. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto”.
- Conciliazione ad hoc ex art. 412 - ter: “Se la conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell'articolo 411, commi primo e terzo”
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Conseguenza interpretativa
Il controllo di regolarità formale è previsto soltanto per la conciliazione sindacale, negli altri casi è ignorato.
Il regime poi si discosta assai dalla disciplina del d. lgs. n 28 del 2010 per la conciliazione comune: Art. 12 Efficacia esecutiva ed esecuzione - “Il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all'ordine pubblico o a norme imperative, e' omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale”.
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Tentativo di spiegazione
Nel diritto del lavoro la conciliazione ha la stabilità dell’art. 2113 u.c. cod. civ e dunque resiste alla violazione di norme inderogabili di legge e contratto collettivo.
Non si spiega il diverso trattamento in sede di exequatur della conciliazione sindacale rispetto alle altre conciliazioni.
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La strano regime della conciliazione mancata
Il nuovo art. 411 (fondendosi con il previgente art. 412 c.p.c.) regola anche il tentativo fallito, con una serie di soluzioni originali:
- “Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia”
- “Se la proposta non e' accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio”
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Novità
Le novità sono dunque:
- l’intervento mediativo dell’organismo di conciliazione;
- I riflessi delle condotte delle parti sul merito della controversia, anche se non è dato sapere in che termini (se ne può fondare la decisione della causa? o si tratta piuttosto di un argomento di prova)
La contraddizione con la disciplina comune
• Art. 10, d. lgs. n. 28 del 2010:- Inutilizzabilita' e segreto professionale - “Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio”.
La contraddizione con il regime previgente
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Art. 412, 4° comma:
“Delle risultanze del verbale di cui al primo comma il giudice tiene conto in sede di decisione sulle spese del successivo giudizio”
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Così anche il regime delle conciliazioni comuni
Art. 13 (Spese processuali)
Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonche' al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresi' alle spese per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4.
Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma
Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.
Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.
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Naufragio del tentativo
E’ noto come il tentativo ha prospettive di riuscire soltanto se le parti sono prive di remore e libere nell’esprimersi innanzi ai conciliatori-mediatori e ciò può essere garantito esclusivamente se condotte e atti restano immuni da conseguenze sul piano del merito della controversie.
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La conciliazione giudiziale
Si interviene sull’art. 420 c.p.c.
- “tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva”
- “il rifiuto della proposta transattiva del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio”.
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La china della ricusazione
Il rischio che il giudice-mediatore superi i confini della astensione obbligatoria o della ricusazione:
Art. 51 c.p.c., n. 4
“ Se ha dato consiglio.. nella causa..”
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Il consueto riflesso sul merito delle condotte delle parti in sede di conciliazione fallita
Ancora, il nuovo art. 420 c.p.c. sancisce il rilievo della condotta delle parti, in caso di mediazione fallita, ai fini della decisione della causa e non soltanto agli effetti della regolamentazione delle spese.
Regime transitorio
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Il nuovo art. 420 c.p.c. si applica anche ai processi in corso, nei quali non si sia ancora tenuta l’udienza di discussione fissata dal giudice con i decreto in calce al ricorso.
Abrogazioni
La fine del tentativo obbligatorio comporta l’abrogazione dell’art. 410 - bis c.p.c., sul termine per il suo svolgimento e dell’art. 412 - bis, sulla improcedibilità della domanda.
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Il legislatore, tuttavia, non si è avveduto della necessità di riproporre tali disposizioni per il caso residuale di un tentativo obbligatorio innanzi agli enti di certificazione, provocando di conseguenza una lacuna (che potrebbe essere colmata con l’applicazione del regime comune, che prevede oggi non più una sospensione del procedimento giurisdizionale ma un mero rinvio di udienza, per il tempo necessario all’espletamento della conciliazione, art. 5 del d. lgs. n. 5 del 2010).
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La rivoluzione nella disciplina dell’arbitrato del lavoro
- la previsione di un arbitrato fondato su clausola contenuta nel contratto individuale;
- La previsione di un arbitrato fondato su compromesso individuale;
- La previsione di un arbitrato presso la direzione del lavoro o gli enti di certificazione.
- L’arbitrato amministrato dalle associazioni sindacali (sino ad oggi unica specie)
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La novità di un arbitrato ad hoc
La rivoluzione copernicana è costituita dalla previsione di un arbitrato ad hoc, che ha fondamento su di una clausola contenuta nel contratto di lavoro o di un compromesso individuale, accanto ad un arbitrato “amministrato” in sede sindacale o innanzi alla direzione del lavoro o agli enti certificatori.
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La clausola arbitrale individuale
(Art. 30, 10° comma).
Le parti possono pattuire clausole compromissorie individuali:
- se vi è previsione in tal senso nella fonte collettiva (ma in difetto di accordo entro diciotto mesi, il Ministro può fissare le modalità attuative, 11° comma);
- se la clausola è contenuta in un contratto di lavoro certificato, l’effettiva volontà compromissoria è accertata e sono decorsi trenta giorni dal perfezionamento del rapporto o è terminato il periodo di prova (non vi può essere contestualità);
- se segue le regole degli artt. 412 e 412 - quater c.p.c. (è irrituale);
- Se non ha ad oggetto la controversia sul licenziamento.
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Il compromesso individuale
(art. 30, 8° comma, che novella l’art. 412-quater c.p.c.)
Perfezionato mediante atto contenente la domanda e la nomina dell’arbitro e accettazione dell’altra parte, mediante atto contenente la nomina dell’altro arbitro. Il terzo viene scelto dagli arbitri così nominati nell’ambito della categoria dei docente universitari.
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Le regole dell’arbitrato ad hoc
La norma definisce e regola il processo arbitrale:
- consentendo su istanza dell’attore a cui aderisce il convenuto con il consenso all’arbitrato, che il giudizio sia condotto equitativamente “nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari”;
- Imponendo un regime di preclusioni (alle seconde memorie le parti possono con “una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso”, l’attore, oppure “senza modificare il contenuto della memoria difensiva”, il convenuto e un termine rigido alla pronuncia degli arbitri;
- Fissando il regime delle spese (2% del valore della lite per il presidente e 1% per gli altri membri) e la loro regolamentazione finale ai sensi degli artt 91 e 92 c.p.c.
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La impugnativa del lodo nell’arbitrato ad hoc
Il lodo ha gli effetti del contratto (art. 1372 c.c.), quindi è un lodo irrituale, impugnabile innanzi al tribunale giudice del lavoro, nei limiti dei vizi di cui all’art. 808 - ter c.p.c. (cioè solo per vizi processuali, salvo che le parti non abbiano concordato l’applicazione di regole sostanziali, n. 4) e ha la stabilità delle conciliazioni ex art. 2113, u.c. ciò che lo rende immune dalla violazione di norme imperative.
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L’arbitrato amministrato presso l’ente certificatore
Art. 30,12° comma:
“Gli organi di certificazione di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, possono istituire camere arbitrali per la definizione, ai sensi dell'articolo 808-ter del codice di procedura civile, delle controversie nelle materie di cui all'articolo 409”
“.. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 412, commi terzo e quarto, del codice di procedura civile..”
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L’arbitrato amministrato presso la Direzione del lavoro (art. 412 c.p.c.)
Costituisce il prolungamento del tentativo di conciliazione, il quale in caso di esito negativo, può confluire in un arbitrato affidato, per volontà delle parti, alla stessa commissione di conciliazione (“In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, sulla quale concordano, riconoscendo, quando è possibile, il credito che spetta al lavoratore, e possono accordarsi per la risoluzione della lite, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.”)
Processo, natura, impugnazioni
Si tratta ancora di un arbitrato irrituale, le cui regole tuttavia non sono dettate dalla legge (come nel caso dell’arbitrato fondato su compromesso individuale), ma dalle parti, che fissano termini e la eventuale determinazione equitativa degli arbitri. Tuttavia, in analogia con l’arbitrato ad hoc del lavoro, ha la stabilità della conciliazione sindacale o giudiziale e si può impugnare solo come un lodo irrituale ex art. 808-ter c.p.c.
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L’arbitrato amministrato dai sindacati
Art. 412-ter. - (Altre modalita' di conciliazione e arbitrato previste dalla contrattazione collettiva). - La conciliazione e l'arbitrato, nelle materie di cui all'articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.
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Il nuovo termine decadenziale (art. 32)
Oltre al termine di sessanta giorni per l’impugnativa del licenziamento, impedito anche da atto stragiudiziale e che ha come dies a quo la significazione dei motivi, il legislatore pone l’ulteriore termine di duecentosettanta giorni (dall’impugnativa stragiudiziale o dalla significazione del licenziamento con il motivo), impedito solo dall’azione giurisdizionale (o dalla istanza conciliativa o arbitrale, ma se questa non conduce ad una conciliazione o all’arbitrato per rifiuto dell’altra parte, si ripropone un ulteriore termine di sessanta giorni per la proposizione dell’azione giurisdizionale vera e propria). Il termine è impedito dal deposito del ricorso.
Estensione del suo ambito di applicabilità
- a tutti i casi di invalidità di licenziamento;
- al recesso nei rapporti parasubordinati (art. 409, n. 3 c.p.c.);
- anche se involgono il tema della qualificazione del rapporto, al fine di valutarne il carattere di rapporto a tempo indeterminato;
- alle controversie sui trasferimenti;
- alle controversie sulla legittimità dell’apposizione del termine al rapporto.
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Regime transitorio
Si applica ai licenziamenti significati dopo l’entrata in vigore della legge e non per i precedenti, per i quali vale il regime previgente.
casi di retroattività
“Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche: a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine; b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge”
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Interventi sul processo esecutivo
Art. 37.
(Sottrazione alle procedure esecutive dei fondi intestati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali)
1. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 294, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche alle ipotesi di fondi intestati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Gli atti di sequestro e di pignoramento afferenti ai fondi di cui al comma 1 sono nulli. La nullità è rilevabile d'ufficio e gli atti non determinano obbligo di accantonamento da parte delle sezioni della Tesoreria dello Stato nè sospendono l'accreditamento di somme destinate ai funzionari delegati centrali e periferici.
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Ancora sul processo esecutivo
Art. 44.
(Pignoramento e sequestro nei confronti degli istituti esercenti forme di previdenza e assistenza obbligatoria)
1. All'articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, dopo il comma 1-bis e' inserito il seguente: «1-ter. Le disposizioni di cui al comma 1-bis si applicano anche ai pignoramenti mobiliari di cui agli articoli 513 e seguenti del codice di procedura civile promossi nei confronti di enti ed istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale».
Decreto legge n. 669 del 1996
art. 14, comma 1bis
1-bis. Gli atti introduttivi del giudizio di cognizione, gli atti di precetto nonché gli atti di pignoramento e sequestro devono essere notificati a pena di nullità presso la struttura territoriale dell'Ente pubblico nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati e contenere i dati anagrafici dell'interessato, il codice fiscale ed il domicilio. Il pignoramento di crediti di cui all'articolo 543 del codice di procedura civile promosso nei confronti di Enti ed Istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale deve essere instaurato, a pena di improcedibilità rilevabile d'ufficio, esclusivamente innanzi al giudice dell'esecuzione della sede principale del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento in forza del quale la procedura esecutiva è promossa. Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento è trascorso un anno senza che sia stata disposta l'assegnazione. L'ordinanza che dispone ai sensi dell'articolo 553 del codice di procedura civile l'assegnazione dei crediti in pagamento perde efficacia se il creditore procedente, entro il termine di un anno dalla data in cui è stata emessa, non provvede all'esazione delle somme assegnate
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Ancora sul processo esecutivo
Art. 38.
(Modifica all'articolo 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124)
1. All'articolo 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, dopo il comma 3 e' inserito il seguente: «3-bis. Il verbale di cui al comma 3 e' dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata».
Esecutività dei verbali conciliativi in sede ispettiva
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Art. 11. Conciliazione monocratica.
1. Nelle ipotesi di richieste di intervento ispettivo alla direzione provinciale del lavoro dalle quali emergano elementi per una soluzione conciliativa della controversia, la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente può, mediante un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva, avviare il tentativo di conciliazione sulle questioni segnalate.
2. Le parti convocate possono farsi assistere anche da associazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato.
3. In caso di accordo, al verbale sottoscritto dalle parti non trovano applicazione le disposizioni di cui all' articolo 2113, commi primo, secondo e terzo del codice civile.
3-bis. Il verbale di cui al comma 3 è dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata.
Esecutività dei verbali conciliativi in sede ispettiva
Attraverso tale disposizione si attribuisce ai verbali di conciliazione perfezionati in sede di esercizio dei poteri ispettivi della direzione del lavoro, non solo la stabilità dell’ultimo comma dell’art.2113 c.c., ma anche l’esecutività dei verbali di conciliazione in genere, previo controllo di reglarità formale da parte del giudice
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