Il comunicato stampa Cnf...Roma 15/7/2011. Approvazione veloce della riforma forense per rilanciare la qualificazione degli avvocati; arruolamento dei legali per lo smaltimento dell’arretrato; disciplinare una nuova procedura di negoziazione assistita davanti a un legale come modello di risoluzione alternativa alle controversie, alternativa anche a una mediazione obbligatoria che è incostituzionale; arruolamento di avvocati per lo smaltimento dell’arretrato; istituzione di un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto alle rappresentanza delle imprese per stabilire metodi condivisi di analisi; e poi puntare alla informatizzazione della giustizia, alle best practices e ai protocolli d’intesa nei tribunali e limitare i trasferimenti dei magistrati.
Si declina in diversi interventi la ricetta del Cnf per rilanciare l’efficienza della giustizia, presentata oggi al seminario che si è svolto a palazzo Marini della Camera dei deputati, intitolato Giustizia ed Economia: gli avvocati italiani per la ripresa.
Il seminario e il rapporto dell’Ufficio studi del Cnf che è stato presentato oggi nascono dall’esigenza di avviare una discussione tra i protagonisti del mondo politico, economico e giuridico (avvocatura, Confindustria, Banca d’Italia) che, ha sottolineato il presidente Cnf Guido Alpa, “sia senza pregiudizi, senza condizionamenti e senza presunzioni di mala fede”. Obiettivo quello di uscire dai soliti, tralatrici cliché di una giustizia lenta per responsabilità dell’elevato numero degli avvocati, ripresi anche da recenti rapporti e analisi di natura economica. E richiamare tutti gli operatori alle loro responsabilità. “L’avvocatura è disposta a collaborare e responsabilmente avanza le sue proposte, ma occorre fare chiarezza in un dibattito che si presenta affastellato e confuso”, ha detto Alpa. “E poi non si possono fare né riforme a costo zero né continue riforme dei codici di procedura senza un disegno organico: negli ultimi anni se ne contano 20 ma la situazione non è migliorata”. A ogni intervento sui codici, infatti, magari con norme poco chiare, corrisponde una “giurisprudenza arroventata e tormentata”. Alpa richiama anche la responsabilità degli operatori economici: “Non sono gli avvocati che alimentano artatamente il contenzioso e occorrerebbe capire quanti dei procedimenti siano imputabili alle imprese: queste spesso si dolgono degli alti costi del contenzioso ma dimenticano che spesso il contenzioso è alimentato da loro stesse. Si pensi ai rapporti con i consumatori”, le clausole vessatorie, la distribuzione di prodotti finanziari in default etc. E poi vi sono i casi della “illegittima attività anche materiale della pubblica amministrazione”, ricorda Alpa.
“L’analisi economica è utile ma non esaustiva. D’altra parte non vi sono solo le imprese che meritano considerazione: l’apparato deve tutelare i diritti e gli interessi dei singoli, delle famiglie, pensionati e emarginati, lavoratori e consumatori”. Le ultime misure del governo, approvate nella Manovra, non corrispondono all’obiettivo visto che più che altro si esauriscono nell’aumento del contributo unificato. “Addossare il costo degli interventi straordinari in materia di efficienza del sistema giudiziario unicamente sui privati cittadini che accedono al processo nell'esercizio di un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione pone dei problemi molto seri sul piano della legittimità costituzionale delle misure, oltre che della mera opportunità politica, specie in una situazione di grave crisi economica”, si legge nel Rapporto. “Tutto al contrario, l'aumento del contributo non costituirà necessariamente un deterrente al contenzioso per molti dei soggetti che attualmente contribuiscono al cosiddetto “abuso del processo”. In altre parole, se è prevedibile che un aumento delle spese di giustizia possa agire da deterrente in relazione a controversie di minore entità - come avvenuto ad esempio in materia di opposizione a sanzioni amministrative con l'introduzione di un C.U. di 30 euro – lo stesso non potrà dirsi per controversie di grande valore economico, talvolta iniziate, in assenza di fondamento della domanda, al solo scopo di allontanare nel tempo la soddisfazione di crediti di notevole entità. Non solo. Il Cnf critica il provvedimento sulla semplificazione dei riti, più formale che sostanziale, e il ddl per il rilancio dell’efficienza con l’arruolamento di giudici in pensione e la motivazione lunga a pagamento.
L’ ampio rapporto dell’Ufficio studi da una parte avanza le proposte dell’avvocatura e dall’altra fa una critica ragionata delle assunzioni teoriche poste a base delle osservazioni di Confindustria & c.
Le proposte
1) Professione forense: tutta l’avvocatura appoggia la riforma che, dopo essere stata approvata dal senato è ferma alla camera. E la richiesta è quella che vanga approvata speditamente. La riforma risolverebbe molte questioni: per i giovani accesso per i più meritevoli e quindi garanzie di sbocchi di mercato qualificati, formazione continua, specializzazioni, assicurazione obbligatoria, tariffe chiare e procedimento disciplinare più efficace. Istituire un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto a Confindustria ed ad altri soggetti.
2) Approvare la legge sulla negoziazione partecipata: un sistema di risoluzione della controversia che veda le parti avviare una negoziazione con un avvocato che può autenticare l’accordo e la identità delle parti. Sarebbe una nuovo modo di risolvere una controversia su base volontaristica.
3) Smaltimento dell’arretrato. Il Cnf sta studiando forme di collaborazione dell’avvocatura allo smaltimento dell’arretrato ma non come partecipazione “onoraria” ma come collaborazione “emergenziale” assunta con senso di responsabilità. Gli avvocati, scelti dai Consigli dell’Ordine, potrebbero assumere l’incarico di definire una parte del carico pendente nel rispetto di alcune incompatibilità. Ovviamente, questa strada che potrebbe non esser onerosa per lo stato, richiede che lo stato faccia la sua parte: destinando risorse per l’aumento dell’organico in magistratura, per la copertura di quello amministrativo, per la completa informatizzazione della giustizia. dell’atteggiamento: Il presupposto dell’operazione dovrebbe essere rappresentato da una trasparente verifica dei dati dei carichi e della produttività degli uffici, che consentisse di conoscere la dimensione della sofferenza del sistema e perciò dell’entità del contributo da richiedersi agli avvocati.
4) Istituzione di un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto a tutti gli operatori anche economici. Questa proposte nasce dall’esigenza di individuare metodi di analisi condivisi e di studio dei dati chiaro e obiettivo.
5) Potenziamento dell’informatizzazione, che gli avvocati apprezzano senza riserve, con adeguato stanziamento delle risorse necessarie. Ciò che, invece, non può che essere stigmatizzato è il modo di procedere adottato dal governo, che anche di recente ha imposto ai legali oneri sempre più consistenti (albo elettronico, comunicazione della PEC, registri per fini anti-riciclaggio, modulistica per la privacy, oneri di indicazione di codici fiscali, apertura di diversi conti correnti separati, etc.) procedendo in modo disordinato ed estemporaneo, il più delle volte con norme settoriali all’interno di manovre omnibus.
6) Promuovere le best practices e i protocolli d’intesa. Il rapporto sottolinea come i protocolli di intesa con l’Avvocatura hanno offerta prova di sé stessi anche in occasione delle riforme processuali recenti. L’introduzione del processo sommario di cognizione (artt. 702-bis e ss c.p.c. come introdotti dalla l. n. 69/200) ha impegnato giudici e avvocati nella predisposizione di protocolli volti ad implementare le possibilità del rito attraverso misure organizzative e pratiche concordate volte a rendere effettive gli obiettivi di celerità presi in considerazione dal legislatore. Nei Protocolli dei Tribunali di Verona, di Bologna, di Genova, nello «schema» predisposto dal Tribunale di Modena, dell’Osservatorio romano sulla giustizia civile , vengono affrontate tanto questioni di carattere tecnico-organizzativo quanto di carattere tecnico-interpretativo.
7) Altri interventi. Il Cnf propone di avviare una riflessione sui trasferimenti dei magistrati, che incidono sulla durata dei processi e sui collocamenti fuori ruolo. Non solo. Richiama l’attenzione anche sulle insufficienza di una modalità di legislazione che provoca incertezza e confusione. Decretazione d’urgenza, la tecnica dei maxi-emendamenti, dei decreti mille proroghe, chiama in causa una “ corresponsabilità” del legislatore in ordine ad una più efficiente amministrazione della giustizia. “L’avvocatura, pertanto, reclama una migliore qualità della legislazione, e denuncia il frequente ricorso a norme-annuncio o norme- bandiera, condizionate da esigenze mediatiche e spesso prive di una seria e puntuale analisi di impatto”
Le repliche
Il rapporto dell’Ufficio studi analizza i lavori di Confindustria (da ultimo, La giustizia più veloce accelera l’economia- Giugno 2011), Bankitalia, Banca mondiale, Cepej per rilevare che a volte alcune tesi (vedi “l’eccessiva litigiosità dipende dall’elevato numero di avvocati”) sono apodittiche e non comprovate. Tra l’altro il Cnf rileva anche delle contraddizioni tra i diversi enti: se per esempio l’argomento per cui la notevole litigiosità italiana dipende dall’elevato numero di avvocati è comune a Confindustria e a Bankitalia, tuttavia questa ultima lo pone alla base di riflessioni che mettono in luce la debolezza della soluzione proposta dalla prima: si dice infatti che l’elevato numero di avvocati produce litigiosità proprio in quanto aumenta la concorrenza tra avvocati, che dunque non può essere la soluzione al problema.
Quanto alle cicliche obiezioni sulla presunta anticoncorrenzialità delle tariffe e del loro metodo di calcolo e dell’esame di accesso, il Rapporto del Cnf rileva come la Corte di Giustizia delle Comunità europee abbia sempre salvato le une (sentenze Arduino-2002 e Cipolla Macrino-2006) e l’altro ( ordinanza del 17 febbraio 2005, in causa C-250/03, che ha escluso l’esistenza di profili anticoncorrenziali nella partecipazione degli avvocati alle Commissioni d’esame per l’accesso alla professione forense, ritenendo, anzi, tale partecipazione rispondente ad un motivo imperativo di interesse generale costituito dalla necessità di valutare nel miglior modo possibile le attitudini e le capacità dei soggetti chiamati ad esercitare la professione grazie all’esperienza professionale che li rende particolarmente idonei a valutare i candidati rispetto alle esigenze specifiche della professione.
D’altronde, il rapporto Cepej, che valuta le perfomances giudiziarie dei paesi della Ue, pur rilevando un elevato numero di iscritti agli ordini forensi in Italia rispetto alla media europea, sottolinea che l’incremento del numero di avvocati dal 2004 al 2008 è un dato comune a tutti i paesi considerati.
Il Rapporto Cnf individua due criticità nelle tesi di Confindustria. La prima è l’equazione “semplificazione=efficienza”, che non è sempre vera nel mondo del diritto. “Il diritto, anche quello processuale, non può prescindere dalla valorizzazione delle specificità del caso Concreto”, rileva il Cnf. La seconda è l’ idea che la giustizia si debba amministrare secondo un metodo economico. “Che la giustizia civile versi in una crisi gravissima è dato di assoluta evidenza. Il punto è che l’avvocato è una vittima di tale crisi, e non un suo artefice”, obietta il Cnf. “ In ogni caso, ricorrere alla lungaggine dei processi per sottrarsi alle regole è una tecnica che può essere condotta più facilmente dalla parte economicamente più forte: tra il consumatore e la grande impresa, o tra il dipendente e la grande impresa, è evidente quale sia la parte più forte del rapporto. Se così non fosse non sarebbero state inventate le clausole vessatorie Insomma, delineare le imprese come operatori virtuosi vittime di avvocati senza scrupoli e di debitori maliziosamente insolventi assomiglia più ad una caricatura che ad una rappresentazione della realtà. A meno di non indulgere in una sorta di manicheismo per cui il bene ed il male siano sempre tutti solo da una parte”.
Quanto alla corrispondenza tra cattivo funzionamento della giustizia e rachitismo dei mercati finanziari, avverte il Cnf, spesso sono i mercati finanziari che funzionano male:
rapporti non sempre limpidi tra banche ed industrie, in un contesto segnato da partecipazioni incrociate che determinano un capitalismo oligarchico, basato su legami personali, di fiducia e d’interessi che intrecciano gli esponenti del c.d. “salotto buono”. Altri fattori problematici sono il comportamento scorretto degli emittenti i titoli e degli intermediari che inducono spesso i risparmiatori ad investire in strumenti finanziari senza segnalarne adeguatamente la rischiosità o, peggio, pongono in essere delle vere truffe, come nel caso dei derivati venduti alle amministrazioni locali, o alle recenti cronache romane delle truffe del “Madoff dei Parioli”). “Non vi è dubbio, tuttavia, che possono esserci casi di avvocati che alimentano la litigiosità magari inducendo cittadino o imprese a fare causa. Proprio per questo motivo il codice deontologico forense colpisce l’accaparramento di clientela, e pone limiti alla pubblicità degli avvocati, a protezione dell’affidamento della collettività”, rileva il rapporto.
Circa la “serrata critica all’eccessivo numero di avvocati”, per il Cnf il rapporto Confindustria tradisce un vizio logico: “secondo il verbo del principio di concorrenza, un maggior numero di operatori garantisce un’apertura concorrenziale del sistema e, almeno in tesi, una maggiore competizione in grado d’innescare virtuosismi preziosi per i fruitori del servizio, sia in termini di qualità del servizio offerto, sia in termini di minori costi. Eppure il dato dell’eccessivo numero degli avvocati è indicato come fattore estremamente negativo. C’è qualcosa che non quadra. Specie da quando (2006) i minimi tariffari sono stati abrogati, l’alto numero di avvocati dovrebbe favorire (ed in effetti favorisce, gli avvocati che esercitano lo sanno) un abbassamento dei prezzi delle prestazioni. A questo proposito troppo forte è la tentazione per non chiedersi quali effetti abbia avuto sul PIL italiano l’abrogazione dei minimi tariffari. È passato qualche anno (5 anni) e dovrebbero essere possibili i primi bilanci, anche se dal 2008 si è innestata la crisi. Su questo tema il CNF sta valutando l’affidamento di una specifica ricerca ad autorevoli economisti. L’impressione che si ha è che il decreto Bersani non abbia liberato prodigiose potenzialità, e che l’abrogazione dei minimi non abbia dato particolare spinta all’economia italiana”. Altrettanto “ardito” è sostenere che l’eccessivo numero di avvocati provochi il mantenimento da parte delle imprese di una dimensione piccola delle imprese: assunto non sorretto da argomenti inequivocabili.
Claudia Morelli
Responsabile CNF Comunicazione e rapporti con i Media |