Le slides dell'intervento...
Un’introduzione…
-----
Il lungo cammino del minore da parte sostanziale a parte formale
-----
1. Il minore da estraneo a parte sostanziale, sino a parte formale del processo civile: il diritto internazionale ratificato
L’ostracismo del minore
Il minore è stato vittima di un ostracismo dal processo che non poteva, né può giustificarsi, sulla base di principi sistematici nazionali e internazionali.
La ratio dell’ostracismo
Non è più sostenibile sul piano positivo l’idea che il fanciullo, secondo la preferibile dizione delle convenzioni internazionali, per la sua intrinseca debolezza e fragilità, non possa essere coinvolto in sede giurisdizionale, nei luoghi in cui si consuma il conflitto familiare ovvero nei luoghi in cui si assumono determinazioni fondamentali per la sua vita e la sua crescita, come la potestà, l’affidamento, l’adottabilità.
Il minore titolare
di diritti soggettivi
Il processo familiare implica interessi che fanno capo al minore, molti dei quali assurgono a veri e propri diritti soggettivi e come tali non possono non coinvolgerlo, non soltanto come parte sostanziale (il che è nelle cose), ma come vera e propria parte formale, cui discende la necessità di munirsi di un difensore tecnico.
Principi costituzionali implicati
1) il diritto di azione e il diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost.;
2) ma anche internazionali, come quelli introdotti dalla Convenzione di New York del 1989 e dalla Convenzione di Strasburgo del 1996, entrambe ratificate con legge dallo Stato italiano.
Convenzione di NY
si legge all’art. 12, 2° comma: “... si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.
Convenzione di Strasburgo
nell’art. 1, si legge: “oggetto della presente Convenzione è promuovere, nell'interesse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti azionabili e facilitarne l'esercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone od organi, essere informati e autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un'autorità giudiziaria”.
art. 5, rappresentanza tecnica
art. 5, poi, sono sanciti: “a) il diritto di chiedere di essere assistiti da una persona appropriata, di loro scelta, che li aiuti ad esprimere la loro opinione; b) il diritto di chiedere essi stessi, o tramite altre persone od organi, la designazione di un rappresentante distinto, nei casi opportuni, di un avvocato; c) il diritto di designare il proprio rappresentante; d) il diritto di esercitare completamente o parzialmente le prerogative di una parte in tali procedimenti”.
art. 9, il conflitto di interesse
con i genitori
art. 9, in caso di conflitto di interessi con i genitori: “1. Nei procedimenti che riguardano un minore, quando in virtù del diritto interno i detentori delle responsabilità genitoriali si vedono privati della facoltà di rappresentare il minore a causa di un conflitto di interessi, l'autorità giudiziaria ha il potere di designare un rappresentante speciale che lo rappresenti in tali procedimenti. 2. Le parti esaminano la possibilità di prevedere che, nei procedimenti che riguardano un minore,l'autorità giudiziaria abbia il potere di designare un rappresentante distinto, nei casi opportuni un avvocato, che rappresenti il minore”.
Strasburgo e il rappresentante tecnico
“1. Nei procedimenti dinanzi ad un'autorità giudiziaria riguardanti un minore, il rappresentante deve, a meno che non sia manifestamente contrario agli interessi superiori del minore: a) fornire al minore ogni informazione pertinente, se il diritto interno ritenga che abbia una capacità di discernimento sufficiente; b) fornire al minore, se il diritto interno ritenga che abbia una capacità di discernimento sufficiente, spiegazioni relative alle eventuali conseguenze che l'opinione del minore comporterebbe nella pratica, e alle eventuali conseguenze di qualunque azione del rappresentante; c) rendersi edotto dell'opinione del minore e portarla a conoscenza dell'autorità giudiziaria”.
-----
2. L’audizione del minore
2.1. Profili normativi
Legge n.54 del 2006
sull’affidamento condiviso
art. 155 – sexies c.c.
“Prima della emanazione, anche provvisoria, dei provvedimenti di cui all’art. 155…Il giudice dispone, inoltre, l'audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”.
La legge n. 219 del 2012
sulla filiazione
Art. 315-bis, 2° comma:
“Il figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”
il decreto attuativo, l’art. 336 - bis
L’ascolto è ripetuto inoltre che nell’art. 251 c.c., nel nuovo art. 316 sulla responsabilità genitoriale e 336 sul rito dei procedimento de potestate, 337- octies, ma con una dizione insolita nel 336-bis:
“Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato.
l’art. 337 – octies c.c.
Art. 337 - octies, 1° comma.
“Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo”
Legge n. 898 del 1970
art, 4, 8° comma:
“Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, ………”.
Dizione dovuta al decreto attuativo:
“disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”.
Regolamento CE 27 novembre 2003, n. 2201/2003
Art. 23:
“Le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute nei casi seguenti…b) se, salvo i casi di urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato..”
-----
2.2. Il residuo contrasto normativo.
La disciplina convenzionale e del regolamento CE
Le convenzioni ratificate impongono di necessità l’accesso al processo del minore, per esprimere la sua opinione, ma lasciano libertà al legislatore nazionale di determinarne le modalità. Tutte impongono l’audizione sul presupposto della capacità di discernimento del minore.
Il diritto interno:
precedente contrasto
Nella disciplina interna:
- l’art. 155 – sexies pone un obbligo al giudice, con il solo limite dell’età (sopra i dodici anni) o della capacità di discernimento;
- l’art. 315-bis pone il diritto del minore all’audizione;
- l’art. 4, 8° comma della legge sul divorzio non impone l’obbligatorietà, ma addirittura ne ammette la possibilità solo se l’audizione è “strettamente necessaria”, come ipotesi eccezionale, valutata in relazione all’età del minore.
La persistente contraddizione
Il contrasto con la nuova dizione del decreto attuativo in relazione all’art. 4 della legge n. 898 del 1970 è sciolto nel senso della obbligatorietà dal decreto, il quale ne pone un’altra.
La previsione per i procedimenti de potestate dell’art. 336 – bis, che lascia margine ad un profilo di discrezionalità, in contrasto con le previsioni comunitarie e la delega.
-----
2.3. La giurisprudenza
I problemi
La violazione dell’audizione del minore ha una diversa valenza se concepiamo l’audizione come esercizio di un potere discrezionale del giudice, simile a quello che egli esercita nel disporre prove liberamente valutabili, oppure esercizio di un potere doveroso in presenza di un presupposto che il giudice deve tuttavia valutare, dotato di un certo grado di oggettività, come l’età e il discernimento.
Potere discrezionale
Se concepiamo l’audizione come potere discrezionale (da esercitarsi in conformità alla ammissione di un qualsiasi mezzo di prova libero), ne discende un controllo del giudice dell’impugnazione solo in sede di appello, con esclusione del giudice di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c., per la recente novellazione della norma.
Sotto l’applicazione del vecchio regime il giudice avrà il solo obbligo di motivare, secondo i canoni di sufficienza e logica, le ragioni che lo hanno indotto ad escludere l’audizione.(Cass. 23 luglio 2007 n. 6899)
Potere vincolato
Diversa la prospettiva segnata dalle Sezioni Unite, con la sentenza 21-10-2009, n. 22238, in Famiglia e Diritto, 2010, 1, 67, la quale inquadra l’audizione in un potere vincolato e non discrezionale del giudice e lo fonda sia sulle disposizioni convenzionali, sia sull’art. 155 – sexies c.c. (a cui noi oggi aggiungiamo l’art. 315-bis c.c.)
La motivazione
della sentenza di legittimità
“Invero i minori che, ad avviso di questa Corte non possono considerarsi parti del procedimento (in tal senso sembra, sia pure con aperture, Cass. 10 ottobre 2003 n. 15145), sono stati esattamente ritenuti portatori di interessi contrapposti o diversi da quelli dei genitori, in sede di affidamento o di disciplina del diritto di visita del genitore non affidatario e, per tale profilo, qualificati parti in senso sostanziale (così C. Cost. 30 gennaio 2002 n. 1)”
segue
“Costituisce quindi violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto dei minori oggetto di causa, censurato in questa sede, nella quale emergono chiari gli interessi rilevanti dei minori che sono in gioco nella vertenza e avrebbero resa necessaria la loro audizione ….”.
La sanzione alla violazione
In linea con la giurisprudenza di merito più accreditata, la S.C. conclude per la nullità del provvedimento assunto in difetto di audizione.
In tal senso, il mancato ascolto del minore, nei procedimenti di separazione o di divorzio dei genitori, integra un'ipotesi di nullità del provvedimento di affidamento della prole minore, così Trib. Terni, 31 luglio 2007, in Giur. it., 2008, 1142 ss., con nota di Dell'Utri, Sull'ascolto del minore; nonché Trib. Genova, 23 marzo 2007, in Foro it., 2007, I, c. 1601 ss.
Ratio dell’audizione
La sentenza della S.C. destinata a segnare importanti novità applicative, esclude ogni rilievo istruttorio dell’audizione del minore, che non costituisce affatto prova, ma forma con il quale emergono nel processo, secondo l’espressione della disciplina convenzionale, l’opinione del minore e i suoi interessi, senza che egli assurga tuttavia alla posizione di parte processuale, necessitante di un difensore tecnico.
Il minore “parte sostanziale”
Si intende finalmente che il minore non è una res oggetto della potestà genitoriale e delle misure di affidamento aliunde determinate, ma è “parte sostanziale”, essendo coinvolti direttamente i suoi diritti.
L’audizione è la forma processuale con la quale si fanno emergere questi interessi protetti e la qualità di parte sostanziale del minore, anche se il processo non consente di trasformare questa qualità in quella di parte processuale.
Ulteriore conseguenza
Proprio perché non è un mezzo di conoscenza dei fatti, quindi una prova, al suo espletamento per ragioni di opportunità possono non partecipare i difensori delle parti, ciò che sarebbe radicalmente da escludere se avesse una finalità o un effetto istruttorio: l’assunzione di una prova con modalità segrete viola l’art. 24 e 111 Cost.
336 – bis, 2° comma
“L’ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all’ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio dell’adempimento. Prima di procedere all’ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto. Dell’adempimento è redatto processo verbale nel quale è descritto il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio video.”.”
Il nuovo art. 336 – bis e protocolli
Questo spiega le cautele dell’art. 336- bis c.c. e di numerosi protocolli: la segretezza, l’assenza di difensori e parti (che possono previamente interloquire suggerendo quesiti al giudice), il particolare contesto “protetto”, la verbalizzazione non contestuale anche se esauriente, la presenza di un ausiliario del giudice (consulente tecnico).
(Protocolli milanese e fiorentino)
La sospensione dei diritti di difesa delle parti
“l'audizione del minore … non rappresenta una testimonianza o un altro atto istruttorio rivolto ad acquisire una risultanza favorevole all'una o all'altra soluzione, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto”
(Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 1838)
segue
“deve svolgersi in modo tale da garantire l'esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione, e quindi con tutte le cautele e le modalità atte ad evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti, compresa la facoltà di vietare l'interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonché di sentire il minore da solo, o ancora quella di delegare l'audizione ad un organo più appropriato e professionalmente più attrezzato”
----
3. Il minore parte formale
Il minore da parte sostanziale
a parte processuale
Se dunque attraverso l’audizione ha ingresso nel processo il punto di vista del minore, come parte sostanziale portatrice di interessi tutelati, anche se non processuale, secondo l’opinione del giudice di legittimità, in alcune ipotesi la posizione del minore da parte sostanziale si trasforma ormai in parte processuale o formale, con il diritto di essere convenuto e vedersi riconosciuto il diritto di costituirsi con un difensore tecnico.
Ambito di applicabilità
Tuttavia tale evoluzione non si verifica, tutte le volte in cui è coinvolto il suo diritto all’affidamento o all’assegnazione della casa coniugale, ad esempio non accade nei procedimenti per separazione o divorzio o nei procedimenti innanzi al tribunale per i minori, salvo il caso in cui il legislatore lo imponga.
La Corte Costituzionale n. 1 del 2002
in Foro it., 2002, I, 3303, con nota di Proto Pisani.
Pur trattandosi di un’interpretativa di rigetto, ha ritenuto che l’art. 12 della convenzione di NY del 1989 integrasse il disposto dell’art. 336 c.c., non soltanto in termini di audizione del minore ma in termini di diritti di difesa del minore come parte del processo, con la necessità di integrarne il contraddittorio
superamento di Corte cost. 14 luglio 1986, n. 185
in Giust.civ., 1987, I, 2189.
che riteneva sufficiente la rappresentanza nel processo del minore ad opera del p.m. in forza della sua obbligatorietà e dei poteri pieni della parte concessi dalla legge all’organo pubblico
Procedimenti de potestate
(art. 330 ss. c.c.)
E’ sotto il profilo normativo rilevante il richiamo alla recente legge n. 149 del 2001, entrata in vigore il 1 luglio 2007, dalla quale chiaramente si evince l'attribuzione al minore (nonché ai genitori) della qualità di parte, con tutte le conseguenti implicazioni.
Art. 336, 4° comma, c.p.c.“Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore”
Il d.p.r. n. 115 del 2002
e la abrogazione di un inciso
All’art. 336 era aggiunto un inciso: “ anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge”.
Prima della entrata in vigore, questo inciso è stato abrogato e si è precisato con la legge n. 175 del 2002: che “ sino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d’ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato…continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti..”
legge sull’adozione
Nonché la legge sulla adozione nella sua ultima edizione, art. 8, 4° comma, legge 28 marzo 2001, n. 149
<>.
La nomina del difensore
All’art 10, 2° comma, poi : “all’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice”.
Insufficienza di una sola audizione
Certamente non sarà sufficiente in questi casi l’emersione dell’interesse del minore nelle forme dell’audizione, questi assume ormai definitivamente la qualità di parte formale, che deve farsi rappresentare da un difensore tecnico.
Cassazione Civile Sent. n. 16553
del 14 luglio 2010
“Tuttavia la previsione di un' "assistenza legale" del minore, fin dall'inizio del procedimento, senza, come si è visto, indicazione di modalità alcuna al riguardo (a differenza della posizione dei genitori o dei parenti), non significa affatto, come sostiene il giudice a quo, che debba nominarsi un difensore d'ufficio al minore stesso, all'atto della apertura del procedimento. Il minore è dunque parte a tutti gli effetti del procedimento, fin dall'inizio, ma, secondo le regole generali e in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo del rappresentante, e questi sarà il rappresentante legale, ovvero, in mancanza o in caso di conflitto di interessi, un curatore speciale”
App. di Milano, del 16 ottobre 2008, il differente indirizzo
“La difesa è dunque diventata obbligatoria fin dall’inizio, con la conseguenza che le parti, ivi compreso il minore, devono stare in giudizio con il ministero del difensore e che è stata così per la prima volta inserita nel sistema processuale civile la figura del difensore d’ufficio, il quale per evidenti criteri di opportunità deve essere nominato dall’autorità giudiziaria, anche in considerazione del fatto che tale incarico va affidato a professionisti “in possesso di competenze adeguate alla particolarità ed alla delicatezza della funzione da assolvere”
Prevalenza della norma sostanziale sulla norma processuale*
E’ difficile, come l’importante pronuncia milanese, non condividere la necessità di riempire la lacuna e la carenza sul piano tecnico della legge nazionale, attraverso la disciplina convenzionale e sotto questo profilo di ritenere prevalente la regola introdotta dalla legge di ratifica della convenzione sull’originario art. 78 c.p.c.
Si può di conseguenza affermare che è introdotto inderogabilmente nel nostro sistema, oltre al riconoscimento di una qualità di parte formale del minore, anche quella derivata di prevedere la nomina obbligatoria di un suo difensore tecnico, mediante iniziativa dello stesso ufficio, il quale ne assuma pienamente la rappresentanza e difesa, riassorbendo in sé il ruolo del curatore.
----
4. Le ricadute deontologiche
Il problema
Il processo civile conosce sul piano positivo la previsione di un difensore d’ufficio, nella particolare materia familiare, quando è implicato un diritto pieno del minore, come nelle controversie su potestà, affidamento o sullo stato di adottabilità, non possono non discenderne importanti implicazioni deontologiche per l’avvocato
segue
Esiste comunque nel processo di famigliare nel ruolo del difensore tecnico tensioni deontologiche che rendono non assimilabile la materia alle controversie comuni
Indipendenza e autonomia
principi di indipendenza ed autonomia, che subiscono tensioni difficilmente contenibili nel conflitto e particolarmente negli episodi in cui si svolgono tentativi verso una risoluzione concertata della controversia, in cui è fortemente coinvolto il difensore e nei quali può apprendere fatti e circostanze destinate a rimanere riservate, oppure alla necessità di valutare, alla luce degli interessi più generali di tutti i componenti della famiglia, alcune iniziative e obiettivi, suggeriti dalla parte.
Diligenza e competenza
Si pensi anche all’attuazione dei principi di diligenza e competenza, particolarmente in quel corollario oggi insostituibile che è l’obbligo di formazione.
Peculiarità del
rapporto difensore-minore
Ma queste problematiche sono dense di gravi implicazioni, per le quali le stesse norme deontologiche approvate dall’organo deputato, nella generalità di previsione, necessitano di un intervento di precisazione e adattamento, quando si tratta di esaminare la particolare posizione del difensore del minore.
Indipendenza ed autonomia
sembra opportuno evidenziare il delicato ruolo del difensore nel rapportarsi al suo mandatario, il minore, e nell’orientarsi attraverso il gomitolo formato dall’intersecarsi di relazioni familiari e di interessi, in primo luogo quello dei genitori.
In tale contesto non pare dubitabile che il difensore debba rapportarsi in primo luogo con la parte rappresentata, senza lasciarsi suggestionare da interventi genitoriali e particolarmente senza ricercarli.
segue, incompatibilità
Ne costituiscono corollario, l’impossibilità per chi ha difeso uno dei genitori di assumere il patrocinio del minore e viceversa, come anche da parte di chi abbia anche solo partecipato a fasi preparatorie di natura mediativa o latu sensu conciliative nel conflitto genitoriale, ancor più insidiose per l’autonomia e l’indipendenza, a causa delle informazioni di carattere riservato acquisite in quei contesti.
Il ruolo del difensore del genitore
nella audizione
Esiste poi, nel ruolo del difensore del genitore il tema dell’audizione del minore, che deve probabilmente escludersi in radice, se non con il consenso dell’altro, per la stessa ragione per cui un consulente di parte non può visitare il minore contro la volontà del genitore avversario.
Cass., sez. un.,
4 febbraio 2009, n. 2637
Costituisce violazione dei doveri di dignità, decoro e lealtà professionali per un avvocato, nel corso di un giudizio di separazione coniugale, intrattenere colloqui con i figli minorenni della propria assistita, all'insaputa del padre, su questioni attinenti alla causa di separazione, considerata soprattutto la tenera età dei figli e la circostanza che il giudice aveva disposto specifiche restrizioni in ordine alla frequentazione dei minori da parte di entrambi i genitori.
Diligenza e competenza
Sotto il secondo profilo, quello della diligenza e della competenza, non pare dubitabile la necessità che l’organo preposto alla regola deontologica valuti attentamente il delicato tema delle specializzazioni e della formazione diretta a favorirle.
Difensore d’ufficio
Come nel settore penale, ove la nomina d’ufficio del difensore impone la partecipazione dell’avvocato a speciali corsi di formazione, non pare procrastinabile la necessità del difensore del minore di unire alla tradizionale formazione giuridica, pure quella psicologica e medica, solo che si pensi all’audizione del minore cui anch’egli non può sottrarsi, alla sensibilità verso tecniche mediative a cui dovrà ricondursi, in funzione di un principio di favore verso soluzione concertate della crisi familiare.
Il ricorso ad altre professionalità
Qualora il bagaglio culturale cui è munito l’avvocato non soccorre alla necessità, sarà inevitabile che il difensore faccia uso di uno esperto, e non solo nell’ambito giuridico, oppure di un’estensione del mandato ad altro professionista specialista.
Necessità di una normazione deontologica specifica
Certo la materia, e non solo quella relativa alla difesa del minore, necessita di un profondo ripensamento, a cui non può escludersi la necessità di un adeguamento anche delle regole deontologiche, che non possono più proporsi come regole generali, laddove per materia esistono rationes speciali che giustificano la introduzione di regole diverse.
|