L'appello e il ricorso per cassazione, pptLe novità introdotte al processo civile dal d. l. 22/06/2012 n. 83
di Claudio Cecchella
Incontro organizzato dall’Ordine degli avvocati di Pisa
Pisa, 12 luglio 2012
1. L’appello, da gravame ad impugnativa in senso stretto, l’inesorabile evoluzione
L’appello come gravame
L’appello è un mezzo di gravame, dunque:
ha lo stesso oggetto del giudizio di primo grado, in virtù dell’effetto devolutivo;
Ha effetto integralmente sostitutivo: la sentenza di appello sostituisce sempre quella di primo grado.
L’appello come nuovo giudizio di primo grado
L’appello nella originaria concezione del codice di rito coincideva pertanto con un giudizio di primo grado rinnovato sullo stesso oggetto e quindi la tecnica della stesura degli atti dell’appello tendenzialmente rinviava alla tecnica di stesura degli atti del giudizio di primo grado: contiene domande, eccezioni e prove.
evoluzione
Sia il legislatore con alcuni fondamentali interventi, sia la giurisprudenza particolarmente della S.C., ha modificato l’originario impianto dell’istituto spingendolo verso un mezzo di impugnazione in senso stretto, che ha ad oggetto la sentenza e non la fattispecie il diritto che ha origine da essa.
Il divieto di nova
Con una scelta compiuta in occasione delle riforme del 1990 (legge n. 353 del 1990), sulla scia del rito speciale (legge n. 533 del 1973, che aveva novellato l’art. 437 c.p.c.), tuttavia, il mezzo, che consentiva originariamente la massima apertura alle difese, con il solo limite della domanda, è stato assoggettato ad un regime di divieto di nova.
Revisio priori istantiae
In questo modo, pur avendo astrattamente un oggetto identico al giudizio di primo grado, è in realtà giudizio rinnovato esclusivamente su difese già espresse nel grado precedente, essendo vietate nuove domande, eccezioni nuove se riservate alla parte, nuove prove (art. 345 c.p.c.).
Conseguenze sulla tecnica degli atti
Ne consegue che l’appellante, come l’appellato, non possono introdurre in appello difese nuove, rispetto a quelle già introdotte, ma neppure difese modificate (emendatio), il cui potere si è consumato all’udienza o nella prima memoria dell’art. 183 c.p.c., in primo grado.
Deroghe - 1 diritti che si accrescono nel tempo
Il primo comma dell’art. 345 c.p.c. prevede, tuttavia, una deroga al divieto di domande: per i diritti che si accrescono nel tempo, è consentito allegare i fatti successivi alla udienza di precisazione delle conclusioni di primo grado e chiedere la tutela delle componenti del diritto successive (interessi, danni, ecc.), purché essi siano già stati oggetto di domanda nel primo grado, per le componenti del diritto già maturate.
Limiti cronologici del giudizio di primo grado
In questo modo l’ordinamento fa i conti con i limiti cronologici del giudizio di primo grado, che fissa la realtà in fatto al dedotto e deducibile alla data di precisazione delle conclusioni: i fatti successivi (es. costitutivi del diritto accresciuto) possono sempre essere dedotti a fondamento di domande o eccezioni.
Deroga - 2
fatti sopravvenuti
Altra ipotesi di deroga è la domanda o l’eccezione fondata su un fatto sopravvenuto: es. le domande restitutorie, indotte dall’ottemperanza obbligata della sentenza di primo grado esecutivo: è necessario esplicitare queste domande nuove in appello; es. il pagamento o l’adempimento indotto dalla stessa sentenza, deve essere eccepito formalmente.
I terzi titolari di diritti incompatibili
Giungono nel processo di appello con un nuova domanda a tutela del loro diritto incompatibile, formulano una nuova domanda ed inducono, per esigenze di contraddittorio, una eventuale nuova domanda, eccezione e prova alle parti originarie.
I terzi titolari di diritti dipendenti
Al contrario i terzi titolari di diritti dipendenti, che subiscono il giudicato inter alios, accedono al processo ad adiuvandum, ovvero per sostenere le posizioni della parte del cui destino hanno interesse, non hanno il potere di formulare domande, dunque non inducono un nuovo oggetto dell’appello.
Deroga - 4
eccezioni rilevabili d’ufficio
E’ poi consentita la formulazione di eccezioni rilevabili d’ufficio, ovvero la maggior parte delle eccezioni, secondo la disciplina dell’art. 112 c.p.c. che introduce un regime di eccezionalità alle eccezioni riservate alla parte, con la conseguenza di riaprire per esigenze di contraddittorio alla formulazione di nuove domande ed eccezioni delle altre parti.
Deroga - 5
rimessione in termini su domande ed eccezioni
Esiste infine la remissione in termini, che il legislatore regola solo in relazione alle prove, nel 3° comma dell’art. 345 c.p.c., ma che per la formulazione trasmigrata nel libro primo della regola generale (art. 153 c.p.c.), può giustificare la formulazione anche di nuove domande o eccezioni, quando la decadenza nel grado precedente è incolpevole.
Deroga - 6
remissione
nei termini sulle prove
Infine, esiste una deroga in relazione alle prove, anzitutto anche in questo caso, ma per previsione espressa del 3° comma dell’art. 345 c.p.c., grazie alla remissione in termini: perciò l’appellante o l’appellato possono introdurre nuove prove se dimostrano di esserne decaduti incolpevolemente.
Deroga - 7
decisività della prova
Infine, il tema cruciale delle “prove” che il giudice di appello ritiene decisive, concetto che non ha una traduzione logica-giuridica certa e ha suscitato vasto dibattito, in dottrina e giurisprudenza, la prima più liberale, la seconda più severa in sede applicativa.
Le prove precostituite
Sono soggette alla valutazione di “decisività” anche le prove precostituite, come i documenti, per molto tempo escluse, sulla scia di una giurisprudenza affermatasi nella interpretazione della disposizione parallela dell’art. 437 c.p.c. e fondata sull’improbabile ragionamento che tali prove non implicano dispendio di attività processuale e dunque non inducono ritardi nel processo. L’orientamento è stato superato dalla S.C. nel 2005.
Le ragioni del concetto di prove decisive
Le ragioni che hanno spinto il legislatore ad adottare il concetto, vanno ricercate in un’irrazionale ripetizione del termine usato nell’art. 437 c.p.c., dove aveva una ragione profonda di essere, essendo il veicolo di un esercizio in appello dei poteri istruttori più accentuati del giudice del lavoro, il quale non poteva avere le mani legate dalle decadenze in cui erano incorse le parti.
Le difficoltà di applicazione nel rito ordinario
Recuperato nel rito ordinario, il concetto appare di difficile traduzione; ma non pare traducibile in quello di prova rilevante, ovvero riferita ad un fatto che ha rilevanza nel processo per essere costitutivo, estintivo, modificativo e impeditivo o secondario, poiché in questo modo il divieto di nova viene abrogato.
Le conseguenze del nuovo art. 702 - quater
Il diverso appello che contraddistingue il rito sommario degli artt. 702 - bis e ss., ove sono ammesse nuove prove purché rilevanti, offre oggi una ragione di diritto positivo per escludere l’applicazione di questa interpretazione all’appello di diritto comune, con una conseguente diversificazione, sancita dal legislatore, tra prova “rilevante” e prova “decisiva”.
Tentativo di interpretazione
Anche la stessa giurisprudenza appare stereotipata, con un richiamo letterale non spiega attraverso una costruzione generale come tradurre il concetto: non resta che collegare la decisività alle eccezionali riaperture a domande ed eccezioni, che abbiamo inquadrato in precedenza. Prova decisiva è quella necessaria e rilevante in appello perché destinata a provare nuove allegazioni, nei casi soli casi in cui sono ammesse in appello.
Ipotesi
Le ipotesi:
prove destinate a provare i fatti costitutivi o eccezioni sopravvenute;
prove destinate a provare eccezioni rilevabili d’ufficio e i fatti costitutivi o le eccezioni indotte dal contraddittorio;
prove destinate a provare i fatti costitutivi delle domande formulate dal terzo o delle domande ed eccezioni indotte dal contraddittorio delle parti originarie.
La diversità dell’appello nel rito sommario
Il rito degli artt. 702 ss., per la semplificazione delle forme istruttorie che lo contraddistingue e delle forme (l’ordinanza) del giudizio finale, offre al soccombente un appello diverso, ove è consentita un nuova iniziativa probatoria, con l’unico limite della rilevanza del fatto che ne è oggetto.
La ratio
La ragione della diversità dell’appello avverso l’ordinanza sommaria è costituita dal fatto che solo in occasione dell’appello si svolge per la prima volta un giudizio a cognizione piena, in una sorta di grado unico.
La contraddizione
dell’art. 702 - quater c.p.c.
“Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non avere potuto proporli nel corso del procedimento sommaria per causa ad essa non imputabile”.
Il problema
del motivo in appello
E’ noto come in coincidenza con il nuovo millennio, il giudice di legittimità ha esasperato il rilievo del motivo in appello, pur dovendo riconoscere che l’appello costituisce un mezzo impugnatorio a motivi di critica libera, e ha sancito l’inammissibilità dell’appello in difetto di specificazione del motivo
il vecchio orientamento
In merito all'esigenza di specificità dei motivi, per anni la giurisprudenza ha costantemente affermato che essa deve ritenersi soddisfatta quando l'atto d'appello consenta di individuare senza incertezze il quantum appellatum ( C. 911/1980; C. 5965/1979); così ha ritenuto che fosse superflua qualsiasi specifica doglianza dedotta contro la decisione di primo grado, anche se chiaramente dichiarava l'inammissibilità dell'appello privo di specificazione dei motivi ( C. 703/1979). In questo modo è stata avallata l'interpretazione dottrinale tradizionale che accorda ai motivi specifici dell'impugnazione la mera funzione di identificazione delle parti della sentenza di cui si domanda il riesame.
il nuovo
Ora invece prevale un nuovo orientamento interpretativo, che propone una soluzione più rigorosa in ordine al significato ed alla funzione dei motivi specifici dell'impugnazione, attribuendo a questi ultimi, accanto alla funzione di identificare le parti della sentenza di cui si chiede il riesame, anche quella di individuare le ragioni della censura ( C. 2217/2007).
In particolare, l'appello deve contenere una parte argomentativa idonea a contrastare la motivazione delle sentenza impugnata; ciò con riguardo ai fatti allegati e provati, posto che per le questioni di diritto vige il principio iura novit curia (C. 7190/2010).
Conseguenze della specificazione del motivo
L’esasperazione del motivo incide inevitabilmente sull’oggetto dell’appello che spinge il mezzo verso un sindacato della sentenza, piuttosto che verso una rinnovazione del giudizio di primo grado sullo stesso oggetto, poiché è dato rilievo centrale all’errore o al vizio della sentenza, espresso nel motivo, che non identifica più solo la parte della sentenza impugnata.
L’onere di specificare il motivo
Il giudice di legittimità, infatti, non rende solo necessaria la specificazione del motivo ex art. 342, 1° comma, c.p.c. come individuazione semplicemente del capo della sentenza censurata con riproposizione del mezzo difensivo già formulato, ma - per l’effetto sostitutivo - la indicazione dell’errore e del vizio e di come la sentenza deve pronunciarsi per non incorrere nell’errore o nel vizio.
Motivo di appello e riproposizione della difesa
Diverso dalla formulazione del motivo di appello è la riproposizione della difesa ex art. 346 c.p.c., quando non accolta.
Domanda: quand’è che l’appellante deve introdurre il motivo di appello o può semplicemente riproporre la difesa non accolta?
Minore rilievo del problema
Il problema si presenta meno rilevante, rispetto al recente passato, poiché il diverso onere di appellare o solo di riproporre la difesa non indice sulle forme e sui tempi di proposizione: entrambi (l’appello e la riproposizione) devono essere contenuti negli atti introduttivi (l’appello segue le regole e quindi le preclusioni del giudizio di primo grado, art. 359 c.p.c.).
Forme e tempi di impugnativa e riproposizione
Quindi come l’impugnativa (anche incidentale) deve essere proposta con gli atti introduttivi (citazione o ricorso in appello; comparsa o memoria in appello, a seconda del rito), ugualmente la riproposizione di domande o eccezioni che non sono oggetto di impugnativa espressa, per la preclusione che matura con gli atti iniziali.
Diversità
Esiste tuttavia un diversità: solo l’impugnativa deve essere notificata al contumace ex artt. 292 e 436 c.p.c., ciò ha rilievo quando è impugnativa incidentale ovvero inserita nell’atto difensivo del convenuto. Questo onere non esiste quando vi è semplice riproposizione.
Eccezioni e prove rigettate
Non coincidendo con l’oggetto del giudizio non vi è mai soccombenza in relazione al rigetto della eccezione o delle istanze probatorie: queste vanno solo riproposte, salvo la sentenza parziale che abbia rigettato un’eccezione, art. 279 n. 4 c.p.c.
L’appello incidentale
L’onere di formulare nell’atto difensivo del convenuto, comparsa o memoria l’appello incidentale, si impone in relazione all’ipotesi di domanda rigettata espressamente in primo grado e non assorbita, che coincide con il capo di sentenza impugnata. Non si impone in relazione alla eccezione di merito o di rito o alla prova respinta, salvo per la prima, ancora, la sentenza parziale.
La notifica dell’appello incidentale
Come veduto, l’appello incidentale va notificato alla parte contumace, nel rito ordinario ai sensi dell’art. 292 c.p.c., nel rito speciale ai sensi dell’art. 436 c.p.c. (in quest’ultimo caso anche alle parti costitute, per favorire il contraddittorio alla udienza).
2. Il motivo nel merito come condizione di ammissibilità.
Art. 348 bis, 1° comma c.p.c.
“Fuori dai casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello, l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha ragionevole probabilità di essere accolta”
Art. 348-bis, 2° comma c.p.c.
“Il primo comma non si applica quando:
a) l’appello è proposto relativamente ad una delle cause di cui all’articolo 70, primo comma;
b) l’appello è proposto a norma dell’articolo 702-quater”
Rilievo del merito ai fini della ammissibilità
Dunque non è più semplicemente la specificazione della motivazione, nei termini rigorosi della giurisprudenza, ma il merito del motivo a costituire presupposto di ammissibilità dell’appello, se il giudice non si convinca che è ragionevole…
la discrezionalità illimitata
La formula “ragionevole probabilità” introduce una discrezionalità illimitata del giudice di appello, essendo formula assai diversa dalla “manifesta infondatezza” per il ricorso per Cassazione dell’art. 360 – bis c.p.c., che integra il ben diverso concetto di abuso del mezzo di impugnazione, a fronte della abnormità del motivo.
delibazione sommaria
Si tratta invero di una delibazione sommaria del motivo di appello nel merito una sorta di previo giudizio di ammissibilità del mezzo, come nel giudizio per il riconoscimento della paternità era previsto originariamente e oggi è stato abrogato in relazione alla nota sentenza del giudice di legittimità costituzionale delle leggi.
L’emendamento della Commissione finanze della camera
A firma PD, PDL, FuturoLibertà e UDC, è chiesto un emendamento al governo che sostituisca “ragionevole probabilità” con il diverso concetto di “manifesta infondatezza”…
economicità inesistente
Il giudice di appello non sarà agevolato, poiché la strozzatura che caratterizza oggi la decisione, diventerà strozzatura della delibazione preliminare di ragionevole accoglimento e il giudice di appello scrupoloso sarà oberato di una duplice attività (l’effetto era già raggiungibile a seguito della introduzione in appello della facoltà del giudice di decidere con sentenza a verbale ex art. 281 – sexies c.p.c.)
Art. 348-ter, 1° comma c.p.c.
“All’udienza di cui all’articolo 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, dichiara inammissibile l’appello, a norma dell’articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma dell’articolo 91”
Nuova ipotesi di decisione con ordinanza
Oltre ai casi della competenza, della ordinanza a chiusura della istruttoria, della ordinanza del rito abbreviato, nuova ipotesi di decisione con le forme della ordinanza e richiamo a nuove tecniche di stesura della pronuncia.
Art. 348-ter, 2° comma c.p.c.
“L’ordinanza di inammissibilità è pronunciata solo quando sia per l’impugnazione principale che per quella incidentale di cui all’articolo 333, ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell’articolo 348-bis. In mancanza il giudice procede alla trattazione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza”
deroga per ragioni di connessione
Quando uno dei mezzi di impugnazione anche incidentali ha ragionevolezza di accoglimento, la connessione implica la trattazione unitaria nelle forme ordinarie dell’appello
3. Ricorso per Cassazione
Art. 348-ter, 3° comma c.p.c.
“Quando è pronunciata l’inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell’articolo 360, ricorso per Cassazione nei limiti dei motivi specifici esposti con l’atto di appello. In tal caso il termine per il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’articolo 327, in quanto compatibile”
effetto della declaratoria di inammassibità dell’appello
L’effetto, oltre a quello della inammissibilità della riproposizione del mezzo ancorché ve ne fossero i termini, è quello di aprire ad un ricorso per Cassazione che ha ad oggetto la sentenza di primo grado e non l’ordinanza di inammissibilità (il carattere decisorio di quest’ultima deve tuttavia misurarsi con l’art. 111 Cost., se ne avveduto il legislatore???)
l’impugnativa in Corte di Cassazione della sentenza di primo grado
La sentenza di primo grado sarà impugnabile in cassazione con alcune deroghe:
il termine breve decorre anche dalla comunicazione;
il motivo spendibile in Cassazione è filtrato dal motivo specifico speso in appello (non si possono recuperare motivi non espressamente dedotti nel gravame precedente);
non è spendibile il motivo di cui al n. 5 (vedi 4° comma di seguito)
Art. 348-ter, 4° e 5° comma c.p.c.
“Quando l’impugnabilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per Cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente peri motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4), dell’articolo 360.
La disposizione di cui al quarto comma si applica, fuori dei casi di cui all’articolo 348-bis, secondo comma, lettera a), anche al ricorso per Cassazione avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado”
ricorso per cassazione in caso di conferma in appello della sentenza di primo grado
In tal caso non è spendibile il motivo di cui al n. 5, anche se l’appello ha origine da un’ordinanza di rito abbreviato (diverso il caso dei processi in cui interviene il p.m.)
Art. 360, 1° comma c.p.c.
“Il numero 5) è sostituito dal seguente:
5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”
il controllo del motivo
E’ soppresso il controllo sulla mancanza, insufficienza e contraddittoria motivazione, rimanendo solo il caso estremo dell’omesso esame in assoluto del fatto decisivo.
Il tentativo è un bluff riesumano una formulazione che già esisteva nel codice del 1865 e che ha consentito la S.C. di allargare sino al punto da controllare ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
La soppressione
Diverso sarebbe stato se il legislatore, come nel caso delle ordinanze di inammissibilità o delle sentenze di appello confermative, avesse soppresso l’utilizzabilità dell’art. 360, n. 5 c.p.c.
Art. 383 c.p.c.
“Nell’ipotesi di cui all’articolo 348-ter, commi terzo e quarto, la Corte, se accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli indicati nell’articolo 382, rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello e si applicano le disposizioni del libro secondo, libro terzo, capo terzo, sezione terza”
Rinvio al giudice di appello
Se il giudice di appello non ha voluto pronunciarsi per inammissibilità del motivo e la Cassazione cassa la sentenza di primo grado, il rinvio non viene fatto in primo grado, ma in appello (salvo i motivi di giurisdizione e competenza, ove esiste il semplice problema della prosecuzione davanti al giudice che ha giurisdizione e competenza)
Art. 436-bis c.p.c.
“Art. 436 bis inammissibilità dell’appello e pronuncia. All’udienza di discussione si applicano gli articoli 348-bis e 348-ter”
Art. 447 bis, 1° comma c.p.c.
e) all’articolo 447 bis, primo comma, è apportata la seguente modificazione: le parole “e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441” sono sostituite dalle seguenti “e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 436-bis, 437, 438, 439, 440, 441”
estensione
Estensione delle regole al rito lavoro e al rito delle locazioni.
Regime transitorio
“Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano nei giudizi di appello introdotti con ricorso depositato con citazione di cui sia stata chiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”
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