Appunti sul processo cautelare1Lezioni di diritto processuale civile.
Anno accademico 07/08
(Claudio Cecchella)
Il processo cautelare (1).
Sommario: (A) La domanda cautelare. (B) La competenza cautelare. (C) Il processo in senso stretto.
(A) La domanda cautelare.
A.1) L’articolo 669-bis cpc disciplina la sola forma della domanda cautelare (il ricorso), astenendosi da ogni indicazione relativa al contenuto dell’atto.
La norma, poi, nella sua ovvietà introduce elementi che hanno indotto ingiustificate remore alla ammissibilità di domande cautelari formulate oralmente a verbale di udienza (tra le ultime, T. Santa Maria Capua a V. 27 marzo 1997, in Giur. it., 1997, I, 2, 1403) o la contestualità di domanda cautelare e citazione introduttiva del giudizio di merito (Trib. Roma 17 gennaio 1996, in Giust. civ., 1996, I, 2425).
Al contrario intorno al contenuto dell’atto introduttivo del processo cautelare esiste un vasto dibattito, che avrebbe consigliato una disciplina più completa.
A.2) Anzitutto l’onere, per il ricorrente, di preannunciare nel procedimento cautelare che anticipa il processo a cognizione piena, in tutti i suoi elementi di identificazione la domanda di merito (soggettivo e oggettivo, petitum e causa petendi, quest’ultima quando è richiesta per i diritti relativi e costitutivi).
E’ la strumentalità della tutela cautelare a imporre l’onere, con i suoi riflessi sul piano processuale; se il giudice competente è il giudice del merito (art. 669-ter cpc) oppure il giudice innanzi al quale pende il giudizio di merito (art. 669-quater cpc), se la stabilità degli effetti della misura non anticipatoria dipende dalla introduzione in termini perentori del giudizio di merito e dalla sua conclusione con un accoglimento della domanda, è di tutta evidenza che il giudice adito dovrà preventivamente conoscere ed identificare la domanda di merito a cautela della quale è richiesta la misura provvisoria.
Non sembra poi che tale aspetto si modifichi a seguito della soppressione - dovuta alla legge n. 80 del 2005 - di una continuità necessitata tra cautelare con effetti anticipatori e merito, poiché resta intatta la necessità di individuare - attraverso una consapevolezza dell'oggetto del giudizio - il giudice competente per il merito.
Tuttavia l’esigenza si impone anche per consentire al giudice di valutare il fumus del diritto da cautelare, ma anche l’idoneità della misura ad eliminare il pericolo di lesione nel tempo necessario per lo svolgimento del giudizio di merito, ovvero né fumus né periculum, costituenti i presupposti della misura cautelare possono essere apprezzati nella loro pienezza senza che il giudice sia consapevole della domanda di merito che sarà in futuro introdotta.
Esiste inoltre la possibilità di inquadrare l’onere del ricorrente sul piano normativo, per alcune interessanti spunti dell’art. 693, 3° co., cpc, in relazione alla istruzione preventiva e per la generale applicabilità dell’art. 125 c.p.c.
A.3) Ne consegue che la proposizione della domanda di merito è una sorta di condizione dell’azione cautelare, ovvero di presupposto processuale in mancanza del quale il giudice deve chiudere in rito il processo, senza alcuna prospettiva di sanatoria (numerose pronunce, tra le ultime, Trib. S. Maria Capua a V. 15 gennaio 1999, in Gius, 1999, 1878); qualche pronuncia non abbandona la qualifica della nullità anche se ritiene il vizio insanabile, così tra le ultime, Trib. Modena 16 giugno 1999, in Gius, 1999, 2456. Naturalmente prima di emettere la ordinanza di rito il giudice dovrà verificare se dal contesto dell’atto introduttivo, al di là di formule sacramentali, sia comunque intelleggibile la domanda del futuro giudizio a cognizione piena.
A.4) A questa lettura si contrappone altra, che preferisce l’applicazione analogica dell’art. 164 cpc (la tesi è per lo più dottrinale), ovvero la nullità della domanda, con i suoi meccanismi di sanatoria mediante integrazione dell’atto su invito del giudice (la sanatoria perché attinente alla domanda avrebbe tuttavia una efficacia sanante irretroattiva, in relazione ad esempio alla interruzione della prescrizione che una domanda cautelare è certamente in grado di provocare).
A.5) I contenuti dell’atto introduttivo del processo cautelare, non si limitano all’enunciazione della domanda di merito, ma si estendono ovviamente anche alla domanda cautelare in senso stretto, con le allegazioni necessarie ai fini dell’apprezzamento di fumus e periculum.
Il primo si stempera invero nella domanda di merito (anche se non si integra semplicemente attraverso l’essenzialità degli elementi di identificazione della domanda di merito, poiché è necessario che siano allegati tutti i fatti che consentono, pur ad un’apprezzamento sommario, di accertare la esistenza del diritto: ad esempio, in relazione ai diritti reali, per i quali è sufficiente la indicazione del diritto senza necessariamente la allegazione della fattispecie che lo costituisce per una valida proposizione della domanda, ai fini dell’apprezzamento pur sommario del diritto sarà necessaria la pienezza di allegazione del fatto costitutivo, cui si prescinde ai fini della valida formulazione della domanda); il secondo costituisce l’elemento originale della tutela cautelare.
Il ricorrente dovrà pertanto misurarsi con la fattispecie ed evidenziare l’astratto pericolo dell’infruttuosità dell’azione esecutiva per consegna o rilascio, nel sequestro giudiziario, invece il concreto pericolo, sulla base di indici sintomativi rivelatori, nel sequestro conservativo e nel provvedimento d’urgenza (per quest’ultimo anche l’imminenza), della infruttosità della futura azione espropriativa oppure della lesione irreparabile al diritto; inoltre dovrà identificare il tipo di misura che si adatti ad eliminarlo, in tale prospettiva si rappresenta come necessaria pure la indicazione del petitum cautelare ovvero della misura richiesta al giudice per impedire che il pericolo diventi attuale, ciò particolarmente nella tutela atipica, dove – a differenza delle misure tipiche – è lasciata alla discrezionalità del giudice il provvedimento più idoneo.
In tale prospettiva vige anche per il processo cautelare il principio della domanda e della piena coincidenza tra chiesto e pronunciato, non potendo, neppure nella tutela d’urgenza, ipotizzarsi che il ricorrente possa rimettersi tout court alla libera determinazione del giudice. Se, pertanto, il petitum cautelare è di più facile identificazione nelle misure tipiche, discendendo dalla regula iuris, è onere – a pena di nullità della domanda (sanabile questa volta ai sensi dell’art. 164 cpc) – della parte precisare la misura al giudice investito dall’azione ex art. 700 cpc.
Ugualmente non è ammessa nel corso del processo cautelare la modifica dell’originaria domanda cautelare (Trib. Firenze 27 maggio 1995, in Foro it., 1996, I, 1863).
(B) La competenza
(B.1) La stretta funzionalità con la tutela di merito, che ha già dettato la regola sull’onere di prefigurare la relativa domanda, si evidenzia nella regola generale sulla competenza. Questa si radica nel giudice che è competente a conoscere del merito oppure, se questo già pende, innanzi al giudice della litispendenza (risp. artt. 669-ter, 1° co. e 669-quater, 1° co., cpc). La strumentalità postulante una identità del giudice del cautelare e del giudice del merito, può avere una soluzione di continuità, per il caso di litispendenza, derivante dalla possibilità che il giudice innanzi al quale pende il merito sia stato adito erroneamente, così Cass. 9 aprile 1999, in Foro it., 1999, I, 3570; contr. Trib. Pistoia 20 ottobre 1994, in Foro it., 1994, I, 3215; ne discende che dovrà ipotizzarsi la competenza del giudice che non sia stato adito sulla base di una competenza legale, con le evidenti conseguenze del forum shopping.
(B.2) Per il prevalere di ragioni contrarie, anche in altri casi questa coincidenza viene a mancare. In un’ipotesi, per lo sfavore verso certi giudici, come il giudice di pace (art. 669-ter, 2° co. e 669-quater, 3°co., cpc), essendo in tal caso affidata la competenza al tribunale (salvo l’istruzione preventiva, art. 693, 1° co., cpc). Regola non ritenuta incostituzionale (Corte cost. 14.3.97, n. 63, in Giur. cost., 1997, 662), con il dubbio argomento che in alcuni casi tale giudice è munito del potere di decidere equitativamente e il giudizio cautelare non può compiersi mediante l’applicazione dell’equità.
(B.3) Ugualmente nel caso degli arbitri: artt. 669-quinquies e 818 cpc, ove il divieto di cognizione cautelare è risolto in positivo affidando la competenza al giudice che sarebbe stato competente a pronunciare nel merito.
La regola non pare spiegabile per la carenza di poteri di imperio degli arbitri (i quali come possono pronunciare sentenze di condanna o costitutive, così possono anticiparne gli effetti, solo che si pensi all’esperienza comparata), bensì per un ingiustificato residuale sfavore verso l’arbitrato; ma pone qualche difficoltà in relazione all’arbitrato irrituale.
La giurisprudenza, infatti, identificando il fenomeno come effetto di una rinuncia della giurisdizione (Cass. 17 giugno 1993, n. 6757) in funzione di una previa risoluzione negoziale della lite, all’esito della quale può soltanto rivivere la giurisdizione pubblica, escludeva in assoluto una tutela cautelare. Rinuncia che mancherebbe invece nella specie rituale, ove il risultato finale è destinato ad integrare la matrice di effetti propri di una sentenza esecutiva.
Tale soluzione non convince, nella diversa prospettiva che esalta un carattere non dispositivo del lodo irrituale, bensì di accertamento dell’assetto dei diritti e obblighi nascenti dal rapporto, assimilabile né più né meno ai contenuti propri dell’arbitrato rituale (differenziandosi i due atti terminali del processo innanzi agli arbitri esclusivamente sul piano degli effetti giurisdizionali e negoziali che discendono dal lodo).
Anche quando pende un processo per arbitrato irrituale o è stato pattuito un patto compromissorio irrituale, resta la necessità di una tutela cautelare del diritto minato da un periculum, imposto peraltro al più alto livello delle fonti (artt. 24 e 111 Cost.; art. 6 Conv. diritti dell’uomo).
Peraltro non pare più di tanto eretico pensare ad una delega agli arbitri irrituali, per patto espresso delle parti, a perfezionare un sequestro convenzionale, ciò che la legge consente senza limiti alle parti, cfr. l’art. 1798 c.c.
Oggi il problema è superato, a seguito della legge n. 80/2005, che ha novellato l'art. 669 - quinquies c.p.c., ammettendone un'applicazione anche al caso dell'arbitrato non rituale.
L'art. 35, 5° comma del d. lgs n. 5/03 (sul processo societario) ha poi espressamente aperto la prospettiva di una tutela cautelare innanzi agli arbitri, nel caso della sospensiva degli effetti della delibera assembleare impugnata.
B.4) La disciplina di diritto internazionale privato processuale che ammette una giurisdizione del giudice dello Stato nel quale deve essere eseguita la misura cautelare anche se la giurisdizione per il merito spetta ad altro Stato eventualmente anche per accordo delle parti (art. 12 reg. CE 29 maggio 2000; art. 31 reg. CE 22 dicembre 2000, n. 44; art. 24 Conv. di Bruxelles), impone una deroga pure in tale caso: competente sarà il giudice del luogo dove deve essere eseguita la misura cautelare (artt. 669-ter, 3° co., e 669-quater, 5° co., c.p.c.). Se più sono i luoghi di esecuzione potrà aversi astrattamente anche una proposizione congiunta, non essendovi problema di litispendenza perché i processi cautelari sono destinati a concludersi con misure provvisorie inidonee al giudicato (Trib. Torino 2 ottobre 1998 e 6 novembre 1998, in Giur. it., 1999 con nota critica di Consolo); ne discenderà che il primo procedimento che si concluderà con l’accoglimento della misura paralizzerà il presupposto di periculum per la sua concessione negli altri.
Se poi la giurisdizione è di altro giudice italiano, manca la possibilità che la misura cautelare sia chiesta innanzi al giudice ordinario, poiché le giurisdizioni speciali, dopo le recenti riforme del 1999 per quella tributaria e del 2000 per quella amministrativa, offrono un completo sistema di tutela cautelare.
(B.5) Prima della pendenza del giudizio di impugnazione, competente è il giudice che ha pronunciato la sentenza (art. 669-quater, 4° co., cpc); naturalmente se pende il giudizio di impugnazione è innanzi al giudice relativo che va proposta la misura.
Qualche dubbio pone il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione (dubbi non tali da prospettare una fondata questione di costituzionalità, cfr. Corte cost. 20 dicembre 1996, n. 405, in Giur. it., 1997, 186), per le difficoltà implicate dalla impossibilità di svolgervi un’istruttoria pur sommaria. Quando questa non si rende necessaria (analogia con l’art. 384, 1° co., cpc) può senz’altro ipotizzarsi la competenza del giudice di legittimità. Quando si rende necessario il rinvio e quindi un’attività istruttoria, è inevitabilmente al giudice che ha pronunciato la sentenza che il ricorrente deve rivolgersi, così almeno App. Genova 11 luglio 1997, in Giur. it., 1998, 2079 (salvo che già penda il giudizio di rinvio o stia decorrendo il termine per la riassunzione innanzi a quest’ultimo).
(B.6) Infine, sempre in deroga alla coincidente competenza tra cautelare e merito, quando l’azione civile è trasferita o iniziata innanzi al giudice penale, la competenza cautelare resta fissata innanzi al giudice civile del luogo ove deve essere eseguita la misura, salvo che si tratti del sequestro conservativo innanzi al giudice penale cui è abilitato il p.m o la parte civile ex art. 316, 2° co., cpp (in tal caso la competenza del giudice penale sarebbe esclusiva, Trib. Firenze 25 novembre 1996, in Foro it.,1997, I, 1626; si è però sostenuto anche la tesi delle competenze parallele, così Trib. Ancona 11 novembre 1995, Giur. it., 1996, I, 2, 564).
Se invece il processo penale ancora non pende oppure la parte civile non si è ancora costituita, sembra prospettabile una duplice competenza, del giudice civile come di quello penale, in questo secondo caso la misura cautelare dovrà essere preceduta dalla costituzione della parte civile. La duplicazione di procedimenti sembra esclusa dalla circostanza che il pericolo nella tutela invocata per seconda verrà meno con la misura autorizzata nel primo.
(B.7) Speciali le regole per i procedimenti nunciativi e per l’istruzione preventiva. Per il primo ex art. 688, 1° co., cpc è competente il giudice del luogo ove si è verificato il fatto denunciato; per il secondo, in forza della regula dettata dall’immodificato art. 693 cpc, valgono, questa volta nella loro pienezza, le regole sulla competenza per il merito.
(C) Il processo cautelare in senso stretto.
(C.1) Depositata la domanda, quando il processo deve svolgersi anteriormente alla litispendenza, ricevuto il fascicolo formato dal cancelliere, il presidente designa un giudice alla trattazione (questo giudice coincide con l’istruttore se invece già pende la causa di merito).
Se il g.i. non è ancora designato oppure la causa è quiescente per essere sospesa, interrotta o cancellata dal ruolo (ma in tutti questi casi è ancora pendente) si applica la norma dell’art. 669-ter ultimo comma cpc e il presidente designa un giudice (che coinciderà normalmente con il giudice istruttore che aveva sul ruolo la causa prima della sospensione, interruzione o cancellazione).
Che poi lo stesso magistrato possa essere, com’é prassi di qualche tribunale, anche il giudice istruttore della causa di merito non sembra allo stato censurabile con un motivo di astensione obbligatoria o di ricusazione (art. 51 cpc), che si propone solo nel caso che il giudice giudichi in due separati gradi di giudizio e il profilo non è stato ritenuto fondato dalla Corte cost. 7 novembre 1997, n. 326, in Giur. it., 1998, 410, neppure sotto il profilo della incompatibilità del giudice in applicazione del nuovo art. 111 Cost. sulla imparzialità, poiché un giudizio sommario è cosa ben diversa da un giudizio a cognizione piena.
(C.2) L’art. 669-sexies cpc abbandona il rito alla discrezionalità del giudice, ma pone all’azione di quest’ultimo delle finalità ben individuate in funzione delle quali deve esercitarsi la discrezionalità delle forme: il contraddittorio e l’istruttoria.
(C.3) Sono pertanto bandite dal sistema (in deroga alla disciplina contraria che ispirava il codice previgente, soprattutto nell’ambito dei sequestri) forme che derogano al contraddittorio del resistente: questi dovrà, con la notifica di copia del ricorso e decreto di fissazione della udienza, essere evocato in giudizio (possono, tuttavia, ipotizzarsi ragioni di particolare urgenza che consentono al giudice nella sua discrezionalità di provocare il contraddittorio d’ufficio, per telefono o telefax, in senso contrario Pret. Monza 3 febbraio 1993, in Foro it., 1993, I, 1693).
Sopravvivono alla riforma le peculiarità degli artt. 694 e 697 per l’istruzione preventiva.
(C.4) Solo eccezionalmente, quando la stessa finalità cautelare del processo (il pregiudizio alla futura attuazione della misura, che può maturare a causa della idoneità anche di un solo atto del debitore a perfezionare la lesione oppure dalla sua imminenza) ne risulterebbe pregiudicata, è ammessa una misura inaudita altera parte, ma con la scansione di termini perentori dovrà successivamente essere fissata udienza per la conferma, modifica e revoca dell’ordinanza alla luce delle difese del resistente (art. 669-sexies, 2° co., cpc). Questi, pertanto, non avrà solo lo strumento del reclamo, ma potrà far vagliare il provvedimento in prime cure svolgendo con pienezza il suo contraddittorio.
La perentorietà dei termini, con la diversa graduazione della notifica in Italia o all’estero, impedisce la rimessione nei termini e provoca l’inevitabile inefficacia della misura concessa con decreto (tra le ultime, Trib. Milano 25 febbraio 1998, in Giur. Merito, 1998, 622).
Le difficoltà dovute alla ristrettezza del termine per la notifica all’estero, ciò che rende impossibile l’esaurimento di tutte le formalità sancite dalla legge o dalle convenzioni, ha reso necessario un intervento della Corte cost. (3 marzo 1994, n. 69, in Nuove Leggi civ. comm., 1994, 399), la quale ha ritenuto che il termine fosse rispettato quando la parte notificante abbia esaurito le formalità poste esclusivamente a suo carico dalla convenzione o dalla legge consolare.
Non pare plausibile che con il decreto si possa rigettare la domanda, poiché in tal caso viene meno anche la necessità di evitare il contraddittorio ed è preferibile che il giudice fissi, senza pronunciarsi, l’udienza (conf. Pret. Monza 3 febbraio 1993, in Foro it., 1993, I, 1693), come anche pare abnorme il provvedimento negativo senza fissazione di udienza assunto con decreto (così invece Trib. Milano 8 luglio 1993, in Giur. it., 1994, I, 2, 109), contro il quale dovrà ammettersi immediato reclamo.
Se nessuno compare all’udienza fissata per la integrazione del contraddittorio, risulta inevitabile una declaratoria di inefficacia e conseguente revoca della misura concessa, presa anche d’ufficio (Trib. Napoli 11 febbraio 1993, in Giust. civ. 1993, 1084).
(C.5) Ugualmente – salvo il caso che la controversia verta solo su questioni di puro diritto o il processo si presenti già istruito mediante prove precostituite – le forme dovranno essere adattate alle esigenze della cognizione pur sommaria dei fatti, quindi dovranno svolgersi delle informative, da assumere presso le parti o terzi, anche particolarmente qualificati per la loro preparazione tecnica (i consulenti). In tal modo il provvedimento cautelare non potrà calarsi, come pure si è sostenuto, su di una sorta di verosimilianza dei fatti senza vera e propria cognizione sui medesimi, convertendo l’onere della prova della parte in un onere della sola allegazione. Il giudice deve convincersi della verità dei fatti allegati dall’una e dall’altra parte e seppure munito di più accentuati poteri istruttori, della possibilità di far uso di fonti atipiche (purché anche su di esse sia suscitato il contraddittorio delle parti) e di assumere in modo libero le prove costituende, dovrà svolgere un’istruttoria sommaria.
(C.6) L’istruttoria si porrà come indispensabile “in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto”, ovvero alla cognizione dei fatti ai fini del fumus, ma anche alla cognizione della fattispecie in relazione al periculum e al rimedio cautelare prescelto dall’attore.
(C.7) Qualche dubbio pone il processo litisconsortile, per le esigenze di celerità che l’ordinamento ha impresse al processo cautelare in relazione alla sua funzione.
La domanda riconvenzionale perciò è ammissibile solo se connessa all’oggetto e al titolo del ricorso introduttivo (anche se il giudice è competente per entrambe, con generalizzazione della soluzione dell’art. 36 cpc); in difetto dovrà proporsi mediante autonomo procedimento.
L’intervento del terzo, invece, è ammissibile solo quando la misura eventualmente pronunciata possa ledere il diritto di cui è portatore (non in tutte le ipotesi di cui all’art. 105 cpc, ma solo in quelle in cui il terzo possa proporre avverso la sentenza tra le parti opposizione di terzo).
Ne consegue l’inammissibilità dell’intervento litisconsortile e l’ammissibilità, invece, di quello principale e adesivo dipendente, ovvero dei terzi legittimati alla opposizione del terzo ex art. 404 cpc; naturalmente in sede cautelare al terzo sarà data la facoltà di impugnare per reclamo l’ordinanza ex art. 669-terdecies cpc.
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