Tutela dei crediti nell'U.E.La tutela del credito nell'Unione europea: accertamento, esecuzione, concorso.
(Empoli, 14 dicembre 2007)
di Claudio Cecchella
1. La integrazione europea, che ha avuto origine storica nella comunità dei rapporti giuridico-economici degli imprenditori europei, non poteva prescindere dalle esigenza di una solida tutela dei crediti, particolarmente fuori dall'ordinamento nazionale in cui sono sorti o sono stati accertati, nel contesto di altro ordinamento nazionale presso il quale opera in via principale il debitore. In buona sostanza la comunità non avrebbe potuto trasformarsi in unione senza le necessarie garanzie offerte alla sicurezza dei crediti nascenti nei traffici economici tra operatori delle varie nazioni appartenenti all'unione (art. 65 del Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, ratificato in Italia con la legge n. 209 del 1998).
Su queste basi sono stati approvati tre regolamenti adottati proprio per beneficiare della loro forza cogente senza necessità di ratifica all'interno dei vari paesi (ad eccezione della riluttante Danimarca e con l'inclusione, almeno questa volta. del Regno Unito), volti a difondere nella comunità l'accertamento e l'esecuzione del credito, con disposizioni particolari quando il debitore sia avviato ad una procedura concorsuale.
Si tratta:
- del regolamento n. 1896/2006 sul procedimento di ingiunzione europeo;
- del regolamento n. 805/2004 sul titolo esecutivo europeo;
- del regolamento n.1346/2000 sulle procedure di insolvenza.
L'intento comune di questi fondamentali interventi legislativi, che - non si dimentichi - costituiscono diretto interno, è quello di favorire la tutela del credito:
- in sede di accertamento, con la introduzione di un procedimento monitorio che conduce al conseguimento di un titolo esecutivo e che entrerà in vigore il 12 dicembre 2008;
- in sede di tutela esecutiva, una volta che il credito sia già stato accertato in un provvedimento giudiziale attribuendone un'efficacia di titolo esecutivo europeo, in vigore dal 21 ottobre 2005;
- in sede di tutela all'interno di un'insolvenza, che possa avere colpito un imprenditore della comunità, in vigore dal 31 maggio 2002.
2. Il procedimento di ingiunzione europeo andrà a collocarsi come alternativo al nostro procedimento per decreto ingiuntivo regolato dagli artt. 633 e ss. c.p.c. e spendibile all'estero dopo l'abrogazione del suo ultimo comma, dovuta all'art. 9, 1° comma. d. lgs. n. 232 del 2002 (e in tale prospettiva tutelabile come titolo esecutivo europeo), esaltando dell'istituto la sua originaria natura storica, snaturata nel carattere spurio che lo contraddistingue nell'ordinamento italiano, che fonda l'ingiunzione su di una prova scritta del fatto costitutivo del credito (art. 633, n. 1 c.p.c.) e quindi su di una cognizione del giudice (accanto invero a un'ipotesi pura, come nel caso della tutela dei crediti nascenti da procedimenti giurisdizionali oppure da attività professionali regolate da tariffe legalmente approvate, nn. 2 e 3 art. 633, c.p.c.).
Invero storicamente il procedimento monitorio, come la stessa denominazione evoca, aveva le sue radici nel processo provocatorio di diritto comune, ove il preteso creditore faceva valere stragiudizialmente il propro credito affermandolo in un atto recettizio che aveva come destinatario il preteso debitore, il quale poteva entro un termine perentorio opporsi e quindi ricondurre il tutto alle forme di un ordinario giudizio diretto a risolvere la controversia (il modello è allo stato puro rimasto nel procedimento per convalida, dove l'affermazione è nella citazione e il provvedimento giudiziale è successivo all'atteggiamento tenuto dal convenuto, che può come non può opporsi senza necessità di addurre particolari motivi e perciò stesso imponendo l'avviarsi di un processo di cognizione piena secondo le regole comuni).
Ugualmente nell'ingiunzione europea, il giudice emette l'ingiunzione sulla base della sola affermazione del credito e di alcuni presupposti formali imposti dalla legge, potendo negarlo solo in mancanza di questi ultimi e (solo) quando è manifestamente infondato (perché dalla stessa allegazione del fatto costitutivo emerge la sua non verosimiglianza manifesta), cfr. l'art. 12, in relazione all'art. 11 del reg.
L'allegazione e la pretesa creditoria è tuttavia rafforzata da una dichiarazione di verità del ricorrente, che in caso non sia conforme al vero è punita penalmente, e quindi in una sorta di giuramento de veritate; in tale prospettiva sembra invero sfuggire alle peculiarità del monitorio puro (cfr. l'art. 7, 3° comma): ma si tratta com'è noto di un istituto che sfugge dall'inquadramento come prova in senso stretto.
Mentre il convenuto che lo riceve può opporsi senza motivazione alcuna (similmente al nostro modello della convalida), riconducendo in forza di tale atto unilaterale il processo alle regole comuni del diritto nazionale, 16, 3° comma, reg.
Tuttavia se nel ricorso l'attore dichiara di non volere in caso di opposizione lo svolgimento di un giudizio a cognizione pieno, si estingue il procedimento ingiuntivo e il procedimento non ha seguito (art. 17).
In difetto di opposizione nei termini, il giudice dell'ingiunzione può offrire al provvedimento efficacia esecutiva, acquisendo esso in una qualunque nazione dell'Unione la forza del titolo esecutivo, senza necessità di exequatur o delibazione o di controllo nel merito anche in via di eccezione (potendosi negare l'esecuzione solo in caso di giudicato contrario, ma anche in tal caso quando il convenuto non abbia avuto l'opportunità di fare valere la relativa eccezione in sede di opposizione, o in caso di pagamento), art. 22.
Al convenuto è comunque dato un rimedio straordinario, sul modello della opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.): il riesame nel caso in cui la notifica non sia avvenuta a mani e si deduca che il tempo della comunicazione ha impedito l'opposizione oppure si alleghi l'impossibilità di opporre per forza maggiore o fortuito o, ancora, quando vi è manifesto errore del giudice nei presupposti di emissione (deve intendersi di natura legale) o per altre eccezionali circostanze (nozioni non molto chiara, la cui interpretazione lata rischia di inficiare la stabilità dell'ingiunzione), cfr. l'art. 20 del reg. Al riesame può unirsi una misura cautelare che oscilla, per i casi eccezionali, dalla sospensione o alla imposizione di cauzione o, per quelli meno gravi, alla limitazione dell'effetto da esecutivo a effetto meramente conservativo (cfr. art. 22).
Il procedimento dell'ingiunzione (con esclusione si deve ritenere per il caso della opposizione, quando riprendono pieno vigore le disposizioni nazionali) non necessita del patrocinio di un difensore tecnico, potendo il creditore agire di persona con i moduli allegati al regola mento, art. 24 (in tal modo essendo agevolato dalla semplificazione delle formalità indotte attraverso una sorta di formulario).
Essendo, per quanto si è detto, l'emissione - ma anche il successivo eventuale episodio del riesame oltre i termini di opposizione - fondato su un giudizio di stretta legalità relativo all'ambito di applicazione del procedimento è necessario indagare particolarmente intorno ad esso:
- art. 2: è esclusa l'applicazione in materia fiscale, amministrativa, matrimoniale, successoria, fallimentare, previdenziale, e per crediti per fatto illecito che non siano già stati fatti oggetto di un accordo o di una ricognizione;
- art. 3: la controversia deve essere transfrontaliera, ovvero una delle parti deve avere domicilio o residenza abituale al di fuori dello Stato dell'autorità ingiungente;
- art. 6: devono essere rispettate le regole sulla giurisdizione, con il favore se il debitore è un consumatore che non ha contratto il debito nell'esercizio di una professione di una giurisdizione del giudice della nazione ov'qgli è domiciliato;
- art. 7: la domanda deve contenere l'indicazione delle parti, dell'autorità, del credito e degli interessi, del loro fondamento (titolo o causa petendi) e della verità delle affermazioni sotto la responsabilità del dichiarante.
Il giudice verifica la sussistenza dei requisiti di legge, in difetto chiede al ricorrente le necessarie integrazioni (similmente all'art. 641 c.p.c., cfr, l'art. 9 reg.), prima di rigettarla.
Può anche pronunciare un'ingiunzione parziale, ma solo se il ricorrente rettifica la domanda (art. 10 reg.).
Il provvedimento di rigetto non preclude la riproposizione della domanda, anche nelle forme nazionali (art. 11 reg.).
Il provvedimento di accoglimento, che in mancanza di opposizione acquista efficacia esecutiva, non sembra avere la stabilità del giudicato (non essendo fondato su di una vera e propria cognizione ed essendo tutto l'istituto proiettato all'effetto esecutivo, sul modello, è da ritenere, dei provvedimenti anticipatori di condanna che sempre più si vanno espandendo nel sistema interno, i quali non hanno la prerogativa del giudicato, cfr. l'art. 186 bis e ter, 423 c.p.c. e l'art. 19 d. lgs. n. 5/03).
Decorso il termine di trenta giorni dalla notifica e "il tempo adeguato affinché la domanda di opposizione arrivi a destinazione", art. 18 reg., il giudice che ha emesso l'ingiunzione ne dichiara l'efficacia esecutiva, con le forme proprie di ogni ordinamento e trasmette il documento che rappresenta il titolo al ricorrente.
Il legislatore europeo cura poi con particolare attenzione l'attuazione del contraddittorio e l'effettiva consapevolezza del convenuto sulla pendenza dell'ingiunzione e sulla necessità di opporsi in caso di contestazione:
- mediante un contenuto particolare dell'ingiunzione (art. 12), avviso che l'ingiunzione è stata emessa senza un giudizio, che ad essa è possibile fare opposizione entro trenta giorni con modalità specificate, che in difetto di opposizione entro trenta giorni il decreto diventa esecutivo;
- mediante particolari formalità della notifica con prova di ricevimento a mani dell'ingiunto (art 13) o in mancanza di tale prova (art 14), ove non paiono conemplate le forme di notifica a persona con dimora, residenza o domicilio sconosciuti ex art. 143 c.p.c. (d'altra parte il carattere transfrontaliero esclude che non si conosca il domicilio o la residenza abituali).
3. Se attraverso il regolamento n. 1896/06 si è favorita una sorta di formazione del titolo con regole speciali dettate dal regolamento e fondato sulla non contestazione (non opposizione), con il regolamento n. 805/04 si è voluto favorire, a fronte di un accertamento giudiziale già perfezionato o di un accertamento negoziale o di un atto pubblico già formati secondo le regole nazionali, quando anch'esso è fondato sulla non contestazione, il realizzarsi di un particolare titolo esecutivo, quello europeo.
Si tratta di una tutela del titolo esecutivo, che consegue alla certificazione come titolo esecutivo europeo, fondato sulla non contestazione, da parte della autorità che lo ha emanato o nel cui ordinamento si è formato, che consente una sua efficacia in tutti le Nazioni dell'Unione (ad eccezione dell'immancabile Danimarca), a prescindere da un qualsiasi procedimento di exequatur, ancorchè semplificato o per opposizione (come prevedono le agevolazioni contenute nel regolamento n. 44/01, artt. 38-58), presso l'autorità in cui deve essere attuato esecutivamente.
Ancora una volta e in parallelo all'ingiunzione europea, il titolo esecutivo europeo è escluso in particolari materie, fiscale e amministrativa, stato e capacità delle persone, regime patrimoniale della famiglia, successioni, fallimenti, sicurezza sociale e questa volta anche l'arbitrato (art. 1).
Ne è fondamento, come peraltro nel caso della ingiunzione, la non contestazione del debitore, manifestata in vario modo (art. 2, 2° comma, reg.):
a) per i titoli stragiudiziali, costituiti da conciliazioni giudiziali o atti pubblichi, dalla ricognizione del debito che ne scaturisce;
b) per i titoli giudiziali, in caso di mancata contestazione oppure in caso di contumacia (qui definita come mancata costituzione con rappresentante tecnico) o mancata comparizione all'udienza, se la legge dell'ordinamento nazionale attribuisce a tale comportamento il valore di un'ammissione del diritto o del fatto che ne è a fondamento.
Se nel primo caso non dovrebbero esservi difficoltà ad un'applicazione nel nostro ordinamento per i titoli stragiudiziali; qualche dubbio sorge per la seconda laddove il legislatore europeo fa comunque rinvio alle regole domestiche, poiché nel nostro ordinamento la mancata contestazione o l'assenza o la contumacia non inducono a forme di ammissione, bensì la prima solo ad un esonero della regola dell'onere della prova (che non è una vera e propria ammissione implicante il rovesciamento dell'onere della prova o peggio ancora, come vuole il regolamento, il riconoscimento del diritto), la seconda può avere rilievo soltanto se resa in occasione dell'interrogatorio formale (e neppure in sede di interrogatorio libero) con cui è indotta una confessione e il terzo è assolutamente neutro, poiché non ha nè il valore di una mancata contestazione, né quello di un'ammissione (e laddove aveva un'effetto ammissivo del fatto, come nel rito societario, è stato per eccesso di delega da poche settimane dichiarato incostituzionale). Quindi si nutrono grosse perplessità sulla possibilità di una certificazione in Italia di un titolo esecutivo europeo di natura giudiziale, se si esclude il caso dei titoli stragiudiziali. Forse si poteva oserare di più e attribuire nei singoli ordinamento il rilievo di non contestazione o vera e propria amissione di condotte come la difesa passiva, la contumacia o l'assenza in udienza.
Il presupposto della non contestazione, l'efficacia esecutiva del titolo nel paese in cui si è formato, il rispetto delle regole sulla giurisdizione (e in particolare del luogo in cui ha domicilio o residenza il consumatore quando è parte per una finalità estranea alla sua professione), il rispetto, infine, delle regole minime di garanzia per soddisfare le esigenze del contraddittorio del preteso debitore (artt. 12 e ss., reg.), secondo il disposto dell'art. 6 è certificata su istanza del creditore dal giudice che ha pronunciato la decisione giudiziaria.
Se si tratta di una conciliazione giudiziale, la certificazione è resa dall'autorità giudiziaria innanzi alla quale si è perfezionata (art. 24, reg.).
Se è un atto pubblico dall'autoritò designata dallo Stato membro (art. 25 reg.).
In tutti i casi menzionati, il certificato - che è poco più di un controllo meramente formale sui presupposti di cui all'art. 6 (mancata contestazione, giurisdizione, efficacia esecutiva nel paese certificante, rispetto delle regole minime sul contraddittorio) - attribuisce efficacia esecutiva al titolo in tutti i paesi dell'unione, senza necessità di exequatur, neppure in forma semplificata, o mediante inversione della iniziativa attraverso opposizione del debitore (artt. 11, 24 e 25 reg.).
Quanto ai requisiti minimi di garanzia per l'attuazione del contraddittorio il regolamento si preoccupa delle formalità di notifica (con una normativa ripresa alla lettera dall'ingiunzione europea di pagamento, artt. 13 e 14 reg.), dei contenuti della domanda introduttiva (parti, autorità, credito per capitale e interessi, motivi della domanda da intendersi come titolo della pretesa creditoria), dell'avviso al convenuto sulle forme e i tempi per lo svolgimento di una contestazione del credito (art. 17, reg.), della previsione di un mezzo straordinario di riesame per vizio relativo alla notificazione quando abbia impedito la contestazione oppure questa sia impedita da forza maggiore o altra eccezionale circostanza (è quindi incolpevole), art. 19, reg.
Tuttavia il legislatore europeo si preoccupa anche di una sanatoria del vizio relativo alla mancata attuazione delle forme minime di garanzie se la sentenza finale viene notificata nelle forme richieste dal regolamento e contro di essa è dato un pieno gravame e la parte faccia decorrere inutilmente i termini per impugnare, in attuazione evidentemente del principio di conversione di un motivo di nullità in un motivo di gravame, art. 18, reg.
Per iniziare l'esecuzione, come per l'ingiunzione europea, sarà sufficiente l'esibizione del titolo autentico con la relativa certificazione autenticata, eventuale se richiesto dal paese dove ha luogo l'esecuzione tradotta e nient'altro (non potendosi imporre cauzioni o altre condizioni), art. 20 reg.
L'esecuzione potrà essere rifiutata solo per contrasto di giudicato (quando il debitore alleghi causa giustificata che ha impedito di fare calere la relativa eccezione), senza alcuna possibilità di riesame nel merito, art. 21, reg.
L'esecuzione può essere sospesa o sottoposta a cauzione o convertita in misura meramente conservativa, art. 23, se oggetto di impugnazione, di rettifica o revoca (la prima in caso di difformità tra decisione e certificato, la seconda in caso di errore manifesto nella certificazione, art. 10).
4. Norme particolari, infine, detta il reg. n. 1346/00 nel caso in cui il debitore sia dichiarato insolvente.
Oggi tale regolamentazione è contenuta nel regolamento n. 1346 del 29 maggio 2000, entrato in vigore il 31 maggio 2002, per le procedure concorsuali pendenti dopo quella data (art. 43).
Il regolamento, finalmente, oltre a risolvere il problema della giurisdizione, impone una serie di regole fondamentali al coordinamento delle procedure concorsuali innanzi alle autorità giudiziarie dei diversi Stati.
Sotto il profilo della giurisdizione, detta all’art. 3, 1° comma, la regola della sede statutaria dell’impresa (ovvero del centro degli interessi principali del debitore individuato nella sede statutaria salvo prova contraria, secondo un criterio adottato per la competenza anche dal legislatore italiano), come luogo della giurisdizione nel quale viene dichiarato il fallimento principale.
Sotto il profilo del coordinamento, varie sono le disposizioni del regolamento.
a) In primo luogo il curatore della procedura concorsuale dello Stato del centro degli interessi principali (detta anch’essa principale) può assumere nello Stato membro diverso ogni iniziativa conservativa che si renda necessaria, secondo la legge del suo ordinamento, sin tanto che non sia aperta una procedura concorsuale c.d. secondaria (artt. 18, 1° comma, e 38 reg.).
b) In secondo luogo, quando presso altro Stato esista dipendenza dell’impresa che ha sede principale altrove, il curatore della procedura principale può chiedere (unitamente ai legittimati secondo l’ordinamento di quello Stato) una procedura concorsuale c.d. secondaria (artt. 27 e 29, reg.), al cui interno siano svolte le opportune iniziative conservative, di amministrazione e di liquidazione. La procedura secondaria è regolata dal diritto concorsuale dello Stato nel quale è aperta (art. 28 reg.).
La procedura secondaria, tuttavia, è disposta anche quando la procedura principale non può avere luogo, in quanto non ammessa nello Stato in cui dovrebbe essere avviata oppure su iniziativa di un creditore che risiede o ha sede nello Stato in cui la procedura secondaria deve essere aperta.
Inoltre il regolamento introduce alcuni importanti ulteriori istituti, volti a favorire il concorso dal lato attivo, come l’obbligo di collaborazione e di informazione tra i curatori (art. 31, reg.), la sospensione della liquidazione nella procedura secondaria (art. 33, reg.), il trasferimento del residuo attivo della procedura secondaria a quella principale se la prima si chiude con la soddisfazione di tutti i creditori (art. 36, reg.) oppure il concorso dal lato passivo, come il diritto di tutti i creditori di insinuarsi nelle varie procedure (artt. 32, 1° comma, e 39, reg.), di essere informati della loro pendenza (art. 40, reg.), e l’obbligo di restituire quanto ricevuto in sede di esecuzione individuale dopo l’apertura del concorso principale in altro Stato membro e di imputare quanto recuperato in acconto nella procedura presso altro Stato membro (art. 20, reg.).
E’ in tal modo fissata la regola di giurisdizione, ma ammettendosi una procedura concorsuale principale e altre secondarie l’importante principio del coordinamento di tutte a salvaguardia della concorsualità.
Infine, salvo la violazione di regole di ordine pubblico (art. 26, reg.), la sentenza che apre una procedura concorsuale in uno Stato (art. 16, reg.), ma anche i provvedimenti necessari per lo svolgimento sino alla chiusura della procedura concorsuale (art. 25, reg.), sono efficaci negli altri Stati al momento stesso in cui lo sono per lo Stato in cui sono pronunciate. Il principio è esteso alle misure conservative (art. 25, 3° comma, reg.) oppure alle decisioni di un qualunque altro giudice diverso da quello delegato alla procedura di insolvenza, quando questa è “strettamente connessa” (il che deve intendersi per le sentenze con cui è accolta una revocatoria fallimentare).
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