Informatica del processoDopo quasi venti anni di riforme dei riti, dalla legge n. 353 del 1990, che ha aperto la grande stagione, sino alla recente legge n. 80 del 2005 (senza dimenticare il d.lgs. n. 40 del 2006) e di altrettanti inesorabili fallimenti degli obiettivi di una giustizia civile efficace ed effettiva nell’offrire una tutela giurisdizionale dei diritti in linea con l’art. 24 Cost., si stanno sperimentalmente giocando le sorti del sistema di giustizia civile presso sette tribunali italiani, dislocati variamente sul piano geografico: il tribunale di Bari, di Bergamo, di Bologna, di Catania, di Genova, di Lamezia Terme, di Padova, ove sono state messe in atto le tecniche di formazione elettronica degli atti del processo civile telematico, secondo le regole del d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123.
Gli operatori di giustizia, magistrati, come avvocati, sanno bene che sui tempi dell’esito della domanda di tutela giurisdizionale si gioca ogni prospettiva, non solo di effettività del sistema di giustizia civile, ma di stabilità e certezza dei rapporti e soprattutto del mercato degli scambi che costituiscono le basi di un’economia concorrenziale per le imprese italiane e straniere (che rifuggono il mercato nostrano o la giurisdizione italiana, mediante le clausole arbitrali o di proroga della giurisdizione, tanto diffuso è lo scetticismo verso la risposta della giustizia civile italiana).
Al contrario la normativa italiana, che già è legge approvata (appunto il d.p.r. menzionato del 2001), sull’informatizzazione del processo civile si presenta come la più avanzata della comunità europea e dunque le risposte sul piano sperimentale sono decisive per il futuro della giustizia italiana.
Essa deve rispondere alle interminabili pause del processo civile, come quella – assai spesso attraverso il meccanico rinvio di udienze – in cui si introduce e si realizza la fase di trattazione delle difese delle parti e dei rilievi dell’ufficio; oppure l’inutilità di udienze nelle quali il giudice, spesso inconsapevole della materia trattata, si limita soltanto a dispensare come un notaio termini o attestare attività difensive svolte innanzi a lui; oppure, ancora, il tempo inaccettabile delle notificazioni o delle comunicazioni di atti di parte come di atti, anche interlocutori, del giudice; i tempi e i dispendi altrettanto inaccettabili imposti dagli accessi nelle cancellerie per la consultazione o l’estrazione di copia dai fascicoli d’ufficio; oppure infine la dilazione finale tra il deposito della pronuncia e la sua pubblicazione, previa riproduzione dattiloscritta.
Questi tempi saranno annullati dalla normativa sulla informatizzazione.
Sotto questo aspetto non può essere meno eloquente l’apertura del d.p.r. citato: “è ammessa la formazione, la comunicazione e la notificazione di atti del processo civile mediante documenti informatici nei modi previsti dal presente regolamento.” (art. 2) ed infatti “tutti gli atti e i provvedimenti del processo possono essere compiuti come documenti informatici sottoscritti con firma digitale come espressamente previsto dal presente regolamento.“ (art. 4) e ancora: “le comunicazioni con biglietto di cancelleria, nonché la notificazione degli atti, effettuata quest’ultima come documento informatico sottoscritto con firma digitale, possono essere eseguite per via telematica, oltre che attraverso il sistema informatico civile” (art. 6).
Ne risultano modificate le principali attività del difensore: “la parte che procede all'iscrizione a ruolo o alla costituzione in giudizio per via telematica trasmette con il medesimo mezzo i documenti probatori come documenti informatici o le copie informatiche dei documenti probatori su supporto cartaceo” (art. 9), come anche quelle della cancelleria: “la cancelleria procede alla formazione informatica del fascicolo d'ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici ovvero le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo” (art. 12), conseguendone che “il fascicolo informatico è consultabile dalla parte, oltre che in via telematica, anche nei locali della cancelleria attraverso un videoterminale” (art. 13).
Si tratta evidentemente di una rivoluzione copernicana delle attività dei difensori e dei servizi di cancelleria, i primi destinati sempre più a svolgere la loro attività dallo studio (o da qualunque altro luogo collegabile via internet) per la direzione che prende il processo civile, verso la forma scritta elettronica.
Ma non risultano meno implicate le attività del giudice, il quale non potrà più essere reclutato se alle dote di amanuense redattore di minute non si accompagni quello della alfabetizzazione informatica, poiché: “la trasmissione per via telematica della minuta della sentenza o della sentenza stessa, redatte come documenti informatici sottoscritti con firma digitale, è effettuata, ai sensi dell'articolo 119 delle norme di attuazione del codice di procedura civile, con particolari modalità stabilite con il decreto di cui all'articolo 3, comma 3, e dirette ad assicurarne l'integrità, l'autenticità e la riservatezza” (art. 17). Se poi si unisce questo disposto alla nuovissima normativa sulla tecnica di stesura della sentenza che si trae dall’esperienza particolare delle controversie societarie: “la sentenza può sempre essere motivata in forma abbreviata, mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e la concisa esposizione delle ragioni di diritto, anche in riferimento ai precedenti conformi” (art. 16, comma 5, d.lsg. n. 5 del 2003), è evidentente che il giudice dovrà dimostrare particolare dimestichezza nella tecnica del taglia-incolla più che di quella del creativo amanuense che si diletta in obiter dicta.
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