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Deontologia e aritrato

TESTO PRECEDENTE

Art. 55 – Arbitrato.

L’avvocato chiamato a svolgere la

funzione di arbitro è tenuto ad improntare il

proprio comportamento a probità e

correttezza e a vigilare che il procedimento

si svolga con imparzialità e indipendenza.

I. L’avvocato non può assumere la funzioni

di arbitro quando abbia in corso rapporti

professionali con una delle parti.

II. L’avvocato non può accettare la nomina

ad arbitro se una delle parti del

procedimento sia assistita da altro

professionista di lui socio o con lui

associato, ovvero che eserciti negli stessi

locali.

In ogni caso l’avvocato deve comunicare

alle parti ogni circostanza di fatto e ogni

rapporto con i difensori che possano

incidere sulla sua indipendenza, al fine di

ottenere il consenso delle parti stesse

all’espletamento dell’incarico.

III. L’avvocato che sia stato richiesto di

svolgere la funzione di arbitro deve

dichiarare per iscritto, nell’accettare

l’incarico, l’inesistenza di ragioni ostative

all’assunzione della veste di arbitro o

c o m u n q u e d i r e l a z i o n i d i t i p o

professionale, commerciale, economico,

familiare o personale con una delle parti.

Diversamente, deve specificare dette

ragioni ostative, la natura e il tipo di tali

relazioni e può accettare l’incarico solo se

le parti non si oppongano entro dieci giorni

dal ricevimento della comunicazione.

IV. L’avvocato che viene designato arbitro

deve comportarsi n e l corso d e l

procedimento in modo da preservare la

fiducia in lui riposta dalle parti e deve

rimanere immune da influenze e

condizionamenti esterni di qualunque tipo.

Egli inoltre:

- ha il dovere di mantenere la riservatezza

sui fatti di cui venga a conoscenza in

ragione del procedimento arbitrale; - non

deve fornire notizie su questioni attinenti al

procedimento;

- non deve rendere nota la decisione prima

che questa sia formalmente comunicata a

tutte le parti.

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TESTO MODIFICATO

Art. 55 – Arbitrato.

L’avvocato chiamato a svolgere la

funzione di arbitro è tenuto ad improntare il

proprio comportamento a probità e

correttezza e a vigilare che il procedimento

si svolga con imparzialità e indipendenza.

I. L’avvocato non può assumere la

funzione di arbitro quando abbia in corso,

o abbia avuto negli ultimi due anni,

rapporti professionali con una delle parti

né, comunque, se ricorre una delle

ipotesi di cui all’art. 815, primo comma,

del codice di procedura civile.

II. L’avvocato non può accettare la nomina

ad arbitro se una delle parti del

procedimento sia assistita, o sia stata

assistita negli ultimi due anni, da altro

professionista di lui socio o con lui

associato, ovvero che eserciti negli stessi

locali.

In ogni caso l’avvocato deve comunicare

per iscritto alle parti ogni ulteriore

circostanza di fatto e ogni rapporto con i

difensori che possano incidere sulla sua

indipendenza, al fine di ottenere il

c o n s e n s o d e l l e p a r t i s t e s s e

all’espletamento dell’incarico.

III. L’avvocato che viene designato arbitro

deve comportarsi n e l corso d e l

procedimento in modo da preservare la

fiducia in lui riposta dalle parti e deve

rimanere immune da influenze e

condizionamenti esterni di qualunque tipo.

Egli inoltre:

– ha il dovere di mantenere la riservatezza

sui fatti di cui venga a conoscenza in

ragione del procedimento arbitrale; – non

deve fornire notizie su questioni attinenti al

procedimento;

– non deve rendere nota la decisione

prima che questa sia formalmente

comunicata a tutte le parti.

IV. L’avvocato che ha svolto l’incarico

di arbitro non può intrattenere rapporti

professionali con una delle parti: a) se

non siano decorsi almeno due anni

dalla definizione del procedimento;

b) se l’oggetto dell’attività non sia

diverso da quello del procedimento

stesso. Il divieto si estende ai

professionisti soci, associati ovvero

che esercitino negli stessi locali.