Giudicato penale e civileTizio e Caio sono condannati in giudizio abbreviato per i capi:
A) reato associativo: Tizio e Caio;
A1) reato-fine: Tizio è condannato come istigatore e Caio come esecutore materiale;
A2) altro reato-fine: solo Tizio.
Caio vede stralciata la propria posizione e col concordato in appello, ex 599, c. 4, c.p.p., vede ridotta la propria pena.
Tizio appella normalmente e, con una sentenza successiva a quella di secondo grado di Caio, viene assolto dal capo d’imputazione A1 “perché il fatto non sussiste” e condannato per il resto.
Il danneggiato dal reato-fine, che non s’è costituito parte civile, a processo penale concluso, decide di promuovere l’azione di risarcimento dei danni da reato ex art. 185 c.p., allegando la sentenza di primo grado e le due sentenze d’appello. La sentenza assolutoria con formula piena nei confronti di Tizio per il capo A1 può avere effetti in sede civile sull’efficacia di giudicato della sentenza di condanna di Caio?
Per risolvere la questione io ho tenuto conto dei seguenti riferimenti:
1. “L’assoluzione perché il fatto non sussiste costituisce la formula più favorevole per l’imputato in quanto nega il verificarsi del fatto penalmente rilevante nella sua storicità, con riferimento quindi all’elemento materiale (azione od omissione, evento, nesso di causalità)”, cit. dal c.p.p. commentato a cura di Dolcini-Marinucci, sub art. 530 c.p.p.;
2. artt. 651, “Efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno”, e 652, “Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno”, c.p.p.
Dei riflessi nei confronti dei coimputati nulla si dice.
In sede penale, in caso di giudicati contrastanti di questo tipo, sarebbe esperibile la via della revisione della sentenza, ma ammettendo che il condannato Caio non l’abbia seguita, ho pensato che comunque potrebbe difendersi sul piano civile adducendo la posteriorità, e quindi la prevalenza, del giudicato d’assoluzione. Sull’efficacia che tale giudicato possa avere nei confronti di soggetti diversi dall’assolto, ho trovato le seguenti due sentenze della Cassazione civile (allegate all’e-mail):
Cass. civ., sez. Lav., 15-11-1996, n. 10045: nel processo penale contro gli amministratori di una USL per rifiuto d’atti d’ufficio viene pronunciata una sentenza d’assoluzione per insussistenza del fatto; nel processo civile, il danneggiato cita la USL e, secondo la Cassazione, vale in questo giudizio il giudicato di assoluzione perché “le domande risarcitorie […] assumevano quali causae petendi quegli stessi fatti dei quali il giudicato formatosi nel detto processo penale aveva accertato l’insussistenza”.
Cass. civ. , sez. III, 22-06-2004, n. 11605: nel processo penale, abbiamo un capo d’imputazione A), per falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copia autentica di un atto pubblico di compravendita, nei confronti del quale la notaio Annunziata viene assolta “perché il fatto non costituisce reato” (mancando il dolo) e i compratori coimputati sono assolti “per non aver commesso il fatto”, poi abbiamo un capo d’imputazione B),per truffa (di cui il falso avrebbe costituito artifizi e raggiri) a solo carico dei compratori, assolti “perché il fatto non sussiste”; la sentenza d’assoluzione dell’Annunziata in appello è confermata con pronuncia della falsità ex art 537, c.4, c.p.p., e viene poi annullata ai soli effetti civili dalla Cassazione che rinvia all’esame del giudice civile d’appello; nel giudizio civile, dunque, l’unica convenuta è l’Annunziata (essendo sopravvenuto un atto di conciliazione con gli altri due coimputati), si arriva in Cassazione, che così statuisce: “La sentenza penale divenuta irrevocabile ha, perciò, escluso la rilevanza delle falsità specificate nel capo A) dell’imputazione… rispetto alla stipulazione dei mutui e alla concessione delle ipoteche [condotte che avrebbero dovuto integrare la truffa, n.d.r.] considerate dagli attori come eventi dannosi, e tale accertamento, pure se effettuato rispetto al reato di truffa ascritto al Facchini e al De Angelis, ha efficacia di giudicato anche rispetto all’azione risarcitoria che le stesse parti civili hanno promosso e coltivato contro la Annunziata, perché i fatti accertati dal giudice penale sono identici a quelli che gli attori hanno posto a fondamento della loro domanda contro l’Annunziata, la quale pure ha partecipato al giudizio in cui si è formato il giudicato da lei invocato [ e qui la Cassazione cita la sentenza n. 10045/1996, n.d.r.]”.
Il fatto che nel primo caso ci sia un rapporto organico tra USL e amministratori e nel secondo il notaio abbia partecipato al giudizio in cui è stata pronunciata l’assoluzione, allontana queste sentenze dall’ipotesi sotto esame. Mi rimane il dubbio sull’estensione in sede civile degli effetti assolutori al coimputato. |