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Azione di classi e terzo

L’adesione del terzo all’azione di classe di cui all’art. 140 bis cod. cons.

di Pietro Ortolani

La questione

Quale ruolo e quali poteri ha il soggetto che aderisce ad un’azione di classe proposta ai sensi dell’art. 140 bis cod. cons.? A partire da che momento e fino a quando sarà possibile aderire all’azione? Sarà possibile svolgere attività difensive all’interno del processo? Sarà possibile revocare la propria adesione? Quali saranno gli effetti di un’eventuale decisione negativa?

La risposta in sintesi

Il titolare di un diritto che decida di aderire ad un’azione di classe non diviene parte del processo in senso formale, non avrà l’obbligo di difesa tecnica, non potrà essere condannato al pagamento delle spese di lite in caso di soccombenza e non potrà a fortiori svolgere attività difensive.

L’adesione all’azione di classe potrà avvenire in modo valido anche prima del vaglio di ammissibilità operato dal Tribunale e fino a 120 giorni dopo la scadenza del termine per l’esecuzione della pubblicità del provvedimento che dichiara detta ammissibilità. Non essendo possibile qualificare l’adesione come una forma di mandato, l’aderente non potrà revocare l’adesione in un momento successivo.

Qualora il terzo intenda utilizzare pienamente i poteri che il codice di procedura civile riserva normalmente alle parti processuali, sarà necessario introdurre una nuova ed autonoma controversia, non essendo possibile spiegare un ordinario intervento volontario ex art. 105 c.p.c. nell’ambito dell’azione di classe.

Il terzo, aderendo all’azione, sarà soggetto all’efficacia dell’emananda sentenza e dunque, in caso di esito negativo determinato da ragioni di merito, non potrà in seguito proporre una nuova ed autonoma domanda.

Riferimenti normativi

Art. 140 bis cod. cons. (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206);

Art. 49 legge 23 luglio 2009, n. 99;

Art. 2 co. 446 legge 24 dicembre 2007, n. 244

Gli approfondimenti

➢ I caratteri generali dell’adesione all’azione di classe

Nell’azione di classe di cui all’art. 140 bis cod. cons., chi agisce in giudizio chiede la tutela non solo di un proprio diritto, ma anche di altri eventuali diritti omogenei al proprio: infatti, potranno aderire all’azione ulteriori soggetti che si trovino in una posizione identica a quella dell’attore, nei confronti di un medesimo convenuto caratterizzato soggettivamente come imprenditore, nell’ambito delle materie indicate al secondo comma del menzionato art. 140 bis (“diritti contrattuali” dei consumatori; diritti derivanti da un determinato prodotto, ad. es. il risarcimento dei danni derivanti da vizi di fabbricazione; pratiche commerciali scorrette e comportamenti anticoncorrenziali).

Attore è, dunque, un singolo titolare di un diritto soggettivo, membro di una più ampia classe; convenuto, come sopra accennato, sarà un imprenditore.

Gli altri membri della classe, titolari di situazioni soggettive omogenee a quella dedotta in giudizio dall’attore, potranno scegliere se aderire all’azione proposta oppure no; dato che il nostro ordinamento ha scelto la soluzione del c.d. opt-in, qualora i soggetti astrattamente riconducibili alla classe non aderiscano all’azione, l’emananda sentenza non produrrà nei loro confronti alcun effetto. Invece, nel caso in cui questi soggetti aderiscano all’azione, essi saranno vincolati dalla pronuncia del Tribunale, suscettibile di esplicare anche nei loro confronti l’autorità di cosa giudicata.

La prima questione pratica a cui occorre fornire soluzione è quali siano i termini temporali entro cui sarà possibile, per i soggetti titolari di diritti omogenei a quello dell’attore, aderire all’azione di classe.

➢ I tempi dell’adesione

Dall’analisi della normativa sono rinvenibili un dies a quo per l’adesione all’azione di classe ed un termine ultimo, decorso il quale l’adesione non sarà più possibile. Tale secondo termine è quello che solleva meno dubbi, poiché il legislatore lo prevede espressamente: con l’ordinanza che dichiara l’ammissibilità dell’azione di classe, il Tribunale assegna un termine per effettuare la pubblicità finalizzata a rendere edotti i membri della classe circa la pendenza della controversia, così da rendere possibili gli interventi. Dalla scadenza di tale termine decorre un ulteriore termine, fissato in misura non superiore a centoventi giorni, entro cui potranno essere depositati (anche a mezzo dell’attore) gli atti di adesione. Decorso tale secondo termine, dunque, gli interventi saranno tardivi e perciò inammissibili.

Quanto al dies a quo, il meccanismo delineato dal legislatore è piuttosto lineare: i terzi titolari di diritti “omogenei” dovrebbero venire a conoscenza della proposizione dell’azione di classe grazie alle formalità pubblicitarie disposte dal Tribunale con l’ordinanza che dichiara l’ammissibilità dell’azione stessa. Tuttavia, nulla vieta che le adesioni pervengano già prima di tale ordinanza: tale possibilità, anzi, è implicitamente ammessa dallo stesso art. 140 bis, ai sensi del quale, per coloro che abbiano aderito prima o contestualmente alla proposizione della domanda, l’effetto interruttivo della prescrizione decorrerà dalla notifica dell’atto di citazione. Con tale previsione, ovviamente, il legislatore sottintende la piena ammissibilità di atti di adesione precedenti allo svolgimento delle formalità pubblicitarie.

➢ I contenuti dell’atto di adesione

L’atto di adesione potrà essere presentato senza il ministero di un difensore ed anche a mezzo dell’attore. Esso dovrà contenere l’elezione di domicilio e l’indicazione degli elementi costitutivi del proprio diritto, corredati se del caso da idonei elementi documentali.

Dall’atto di adesione dovrà emergere con chiarezza l’appartenenza dell’aderente alla “classe”, nei caratteri delineati dal Tribunale con l’ordinanza dichiarativa dell’ammissibilità dell’azione. Nel caso in cui il soggetto abbia aderito all’azione già prima di tale ordinanza, il termine perentorio di cui sopra, non superiore a centoventi giorni, potrà essere utilizzato per l’integrazione dell’atto, al fine appunto di dimostrare la sussistenza in capo all’aderente degli elementi identificativi della “classe”.

Non sembra che un simile atto possa integrare gli estremi del contratto di mandato: l’attore, in altre parole, non ha alcun rapporto formale di rappresentanza nei confronti degli aderenti, i quali con il proprio atto chiedono esclusivamente che, a fronte dell’omogeneità delle situazioni sostanziali, gli effetti dell’emananda sentenza siano estesi anche nei loro confronti. L’azione di classe, insomma, rimane una semplice azione individuale, i cui effetti si estendono anche ad altri soggetti: in tal senso si pronuncia espressamente la più recente giurisprudenza (Trib. Torino Sez. I, 07-04-2011; ilcaso.it).

➢ Gli effetti dell’adesione

Come sopra accennato, gli effetti sulla prescrizione di cui agli artt. 2943 e 2945 c.c. decorrono dalla notificazione della domanda e, per coloro che abbiano aderito successivamente, dall’atto di adesione. Sul punto, è necessaria una puntualizzazione: ai fini dell’interruzione della prescrizione non pare sufficiente il mero deposito dell’adesione presso la cancelleria, essendo necessaria, al contrario, la notifica di tale atto al convenuto (in tal senso si esprime PUNZI, L’«azione di classe» a tutela dei consumatori e degli utenti, in Riv. dir. proc., 2010, 259).

Quanto agli effetti della futura sentenza, come sopra illustrato, il sistema italiano adotta il modello dell’opt-in: dunque, qualora il terzo titolare di un diritto “omogeneo” non intenda subire gli effetti della pronuncia, sarà sufficiente un comportamento di mera inerzia. Al contrario, con l’atto di adesione, il terzo estenderà a sé gli effetti della sentenza, pur non diventando parte del processo in senso formale (v. infra): il soggetto aderente, quindi, “spende” a tutti gli effetti il proprio diritto sostanziale, associando lo stesso alle sorti di quello dell’attore e degli altri aderenti che abbiano scelto di partecipare all’azione. Da ciò discende che, a seguito dell’adesione, non sarà possibile proporre una distinta azione individuale.

➢ I poteri dell’aderente e l’impossibilità di revoca dell’adesione

L’aderente, pur essendo sottoposto agli effetti dell’emananda sentenza, non diventa parte del processo in senso formale e non potrà svolgere nello stesso alcuna attività difensiva (in piena coerenza con la possibilità di aderire senza il ministero di un difensore tecnico ed addirittura delegando anche l’attività di deposito dell’atto di adesione in cancelleria all’attore): in dottrina si è icasticamente notato come la posizione dell’aderente sia, processualmente parlando, quella di un “convitato di pietra” (CANALE, Il «convitato di pietra» ovvero l’aderente nell’azione di classe, in Riv. Dir. Proc., 2010, 1304 ss.).

Per le stesse ragioni, l’aderente non potrà essere condannato alle spese di lite, mentre l’attore proponente potrà essere condannato non solo al pagamento di queste, ma anche al risarcimento degli eventuali danni processuali: la ratio di tale disposizione è, evidentemente, quella di “responsabilizzare” l’attore, ponendo a suo esclusivo carico le conseguenze di un’eventuale temerarietà dell’iniziativa proposta.

La posizione processuale dell’aderente, in sintesi, è necessariamente legata a doppio filo a quella dell’attore, il quale sarà l’unico soggetto, tra i titolari di situazioni giuridiche soggettive omogenee partecipanti alla controversia, a poter svolgere le proprie difese (sia in punto di proposizione di domande ed eccezioni, sia per quanto riguarda le allegazioni e le istanze istruttorie, sia sul piano delle mere difese) nell’ambito del processo (Trib. Milano Sez. VIII, 20-12-2010, in Nuova Giur. Civ., 2011, 6, 1, 502 nota di LIBERTINI, MAUGERI; in punto di legittimazione ed interesse ad agire del proponente v. Trib. Torino Sez. I, 04-06-2010; in Riv. Dir. Proc., 2010, 6, 1487 nota di RUGGERI).

Al titolare di un diritto omogeneo che non intenda rinunciare ai propri ordinari poteri processuali di parte non resterà che introdurre una causa autonoma: nell’azione di classe, infatti, non sarà possibile, in alternativa alla mera adesione, un ordinario intervento volontario in causa ex art. 105 c.p.c.. Tale possibilità è espressamente preclusa dall’art. 140 bis comma 10, con l’evidente ratio di garantire la semplificazione del meccanismo processuale ed evitare appesantimenti della trattazione.

Come sopra illustrato, non è possibile rinvenire nel semplificato contenuto dell’atto di adesione gli estremi della figura contrattuale del mandato; tra attore ed aderente non si instaura un rapporto di rappresentanza in senso proprio. Ciò ha una fondamentale conseguenza sul piano dei poteri dell’aderente: quest’ultimo non potrà, in un momento successivo, magari alla luce di una mala gestio della lite da parte dell’attore, revocare la propria adesione. La scelta di aderire, dunque, dovrà essere presa in modo definitivo, avendo riguardo non solo all’effettiva sussistenza del diritto dedotto, ma altresì all’identità dell’attore, la cui attività processuale sarà svolta anche nell’interesse, ma sicuramente non in rappresentanza, degli altri membri della classe.

➢ Gli effetti della sentenza sull’aderente: accoglimento o rigetto dell’intera azione

Come sopra esposto, la sentenza farà stato non solo nei confronti di attore e convenuto, ma anche nei confronti di tutti gli appartenenti all’azione di classe che abbiano validamente aderito alla stessa.

Il caso di pronuncia di merito favorevole all’attore è quello che suscita meno problemi: i soggetti che abbiano validamente aderito all’azione potranno giovarsi degli effetti della pronuncia e vedranno soddisfatta la propria pretesa risarcitoria.

In caso di mancato accoglimento della domanda attorea, dovrà essere fatta una fondamentale distinzione tra sentenze in rito e pronunce di rigetto nel merito. In tale secondo caso, l’esito negativo della lite preclude non solo all’attore, ma anche a tutti gli aderenti, la possibilità di riproporre in futuro la medesima controversia: la prima sentenza, infatti, farà stato a tutti gli effetti nei confronti di tali soggetti.

Il più delicato caso delle sentenze che chiudono il procedimento in rito è trattato dall’art. 140 bis comma 15: qualora il processo non giunga ad una decisione di merito per rinuncia o transazione dell’attore, a cui l’aderente non abbia prestato il proprio espresso consenso, oppure si estingua, sarà possibile una successiva azione individuale. Particolarmente interessante è il caso della rinuncia o transazione: l’attore, agendo in giudizio a tutela della propria personale situazione sostanziale, potrà transigere o rinunciare agli atti; in tal caso, tuttavia, gli aderenti che non abbiano acconsentito a tale – pur legittima – iniziativa dispositiva potranno, in un secondo momento, introdurre una nuova e distinta azione.

➢ Gli effetti della sentenza sull’aderente: accoglimento o rigetto della singola adesione

Fin qui abbiamo analizzato i casi in cui la sentenza pronunci in modo conforme sul diritto dell’attore e sui diritti degli aderenti all’azione, accogliendo o rigettando la domanda proposta. È però possibile che lo scenario si complichi, con una “divaricazione” delle sorti di attore e aderenti.

Il procedimento in esame, infatti, non prevede una fase specifica nella quale il Tribunale valuta l’ammissibilità delle adesioni depositate: una volta dichiarata l’ammissibilità dell’azione di classe e decorso il termine per il deposito delle adesioni, il processo prosegue con la cognizione di merito. Sarà, dunque, solo con la sentenza finale che il Tribunale valuterà l’ammissibilità delle adesioni: è quindi possibile che, pur accogliendo la domanda dell’attore, la sentenza dichiari l’inammissibilità di una singola adesione, con conseguente impossibilità per l’aderente di giovarsi degli effetti della pronuncia. In dottrina (CANALE, Il «convitato di pietra», cit., 1313 ss.) si è osservato come tale pronuncia negativa sulla singola adesione possa essere giustificata sia da ragioni formali, ossia da violazione di norme di rito, sia da ragioni sostanziali, ossia dalla mancata prova, nel merito, dell’esistenza del diritto: ciò sarebbe tuttavia incostituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in quanto l’aderente, oltre a non avere poteri nel processo, non potrà nemmeno impugnare la sentenza che abbia dichiarato l’inammissibilità dell’adesione, precludendo la possibilità di una futura azione individuale (né potrà farlo per lui l’attore proponente, per carenza di interesse ad agire).

In realtà, esiste forse un modo per interpretare la disciplina in esame senza giungere alla conclusione della necessaria incostituzionalità della stessa. L’atto di adesione vive in uno stretto rapporto con l’ordinanza di ammissibilità dell’azione di classe emessa dal Tribunale: in essa, infatti, l’autorità giudiziaria delinea i requisiti in presenza dei quali un soggetto può considerarsi appartenente alla classe. Con l’adesione, dunque, il soggetto titolare della situazione sostanziale non deve dimostrare la sussistenza di un proprio diritto risarcitorio (se così fosse, l’adesione sarebbe a tutti gli effetti una domanda giudiziale e difficilmente sarebbe possibile aderire senza il ministero di un difensore tecnico e senza la possibilità di svolgere nel processo tutte le difese di un’ordinaria parte processuale): egli dovrà dimostrare semplicemente di trovarsi nella medesima situazione dell’attore, così come enucleata nei suoi elementi distintivi dal Tribunale (per “fatti costitutivi del diritto”, in questo contesto, dovrà intendersi l’omogeneità tra tratti distintivi del diritto dell’attore e caratteristiche del diritto dell’aderente; Trib. Napoli, 27-05-2010, in Corriere del Merito, 2010, 11, 1045 nota di SANGIOVANNI). Svolta in modo valido tale attività, non spetterà all’aderente, ma all’attore, dimostrare la sussistenza di un diritto al risarcimento del danno, nell’ambito di una delle ipotesi di cui all’art. 140 bis comma 2 cod. cons.: se l’attore riuscirà a dimostrare che sussiste un credito risarcitorio, lo stesso credito sarà riconosciuto anche in capo all’aderente, il quale ha dimostrato semplicemente di trovarsi, nei confronti del medesimo imprenditore, nella stessa posizione di fatto dell’attore.

Il Tribunale, dunque, dovrà certamente valutare l’ammissibilità delle singole adesioni; tale valutazione, tuttavia, consisterà unicamente in un giudizio in ordine alla sussistenza, nell’atto di adesione, dei requisiti di appartenenza alla classe, così come delineati nell’ordinanza di ammissibilità. Conseguentemente, la sentenza che accoglie l’azione di classe ma si pronuncia in modo sfavorevole sulla singola adesione non assume mai portata preclusiva, rispetto a future eventuali azioni individuali: il Tribunale, infatti, nel rigettare la singola adesione, accerta esclusivamente che l’aderente non ha dimostrato di essere in possesso dei requisiti minimi di appartenenza alla classe, ovvero che la situazione di fatto in cui si trova l’aderente non è omogenea rispetto a quella dell’attore. Ciò, tuttavia, non preclude mai la possibilità, per l’aderente “rifiutato”, di introdurre un’azione autonoma, in quanto è pienamente possibile che la situazione di fatto in cui tale soggetto si trova, pur non essendo identica a quella dedotta nell’azione di classe, abbia comunque dato luogo ad un danno risarcibile. In quest’ottica, l’assenza di poteri impugnatori in capo all’aderente è giustificabile e costituzionalmente accettabile, in quanto la sentenza, che accoglie nel merito l’azione di classe, rigetta solo in rito la singola adesione, per ragioni di semplice disomogeneità della situazione dedotta (è questo, infatti, l’unico elemento che l’aderente deve dedurre nel proprio atto di adesione, essendo gli elementi della domanda deducibili in re ipsa dalle difese dell’attore, vista la perfetta sovrapponibilità della situazione di fatto): per l’aderente, quindi, rimarrà aperta la via di una separata azione individuale.

➢ Le conclusioni

L’aderente all’azione di classe non è parte del processo in senso formale: egli, dunque, non avrà l’obbligo di difesa tecnica, non potrà essere condannato al pagamento delle spese di lite in caso di soccombenza e non potrà a fortiori svolgere attività difensive.

L’adesione all’azione di classe potrà avvenire in modo valido anche prima del vaglio di ammissibilità operato dal Tribunale e fino a 120 giorni dopo la scadenza del termine per l’esecuzione della pubblicità dell’ordinanza di ammissibilità. Non essendo possibile qualificare l’adesione come una forma di mandato, l’aderente non potrà revocare l’adesione in un momento successivo: dal momento dell’adesione, dunque, le sue sorti saranno legate a quelle dell’attore-proponente.

Qualora il terzo intenda utilizzare pienamente i poteri che il codice di procedura civile riserva normalmente alle parti processuali, sarà necessario introdurre una nuova ed autonoma controversia, non essendo possibile spiegare un ordinario intervento volontario ex art. 105 c.p.c. nell’ambito dell’azione di classe.

Il terzo, aderendo all’azione, sarà soggetto all’efficacia dell’emananda sentenza e dunque, in caso di esito negativo della lite determinato da ragioni di merito, non potrà in seguito proporre una nuova ed autonoma domanda.

In caso di accoglimento della domanda ma di rigetto della singola adesione, invece, residua probabilmente uno spazio per la proposizione di un’autonoma azione individuale. L’aderente, infatti, non ha posto un’autonoma domanda, ma ha semplicemente tentato di aggregarsi a quella dell’attore, facendo leva sull’omogeneità delle situazioni sostanziali dedotte in giudizio. Ove tale omogeneità non venga riconosciuta dal Tribunale, ciò non implica, di per sé, l’assenza di crediti risarcitori in capo all’aderente “rifiutato”, che potrà far valere tale posizione in un procedimento nuovo ed autonomo. Non mancano, tuttavia, opinioni contrarie, secondo cui il rigetto nel merito della singola adesione precluderebbe una futura azione individuale: in tal caso, la normativa difficilmente potrebbe considerarsi compatibile con il dettato costituzionale.

Approfondimenti dottrinali

• CANALE, Il «convitato di pietra» ovvero l’aderente nell’azione di classe, in Riv. Dir. Proc., 2010, 1304 ss.

• PUNZI, L’«azione di classe» a tutela dei consumatori e degli utenti, in Riv. dir. proc., 2010, 259

• AMADEI, L’azione di classe, in Diritto processuale civile – Il processo civile dopo venti anni di riforme (1990-2010), CECCHELLA (a cura di), Milano, 2010, 641;

• CARRATTA, L’abilitazione all’esercizio dell’azione collettiva, in Riv. Dir. Proc., 2009, 315;

• CAPONI, Azioni collettive: interessi protetti e modelli processuali di tutela, in Riv. Dir. Proc., 2008, 1205;

• MENCHINI – MOTTO, Art. 140 bis, in www.judicium.it;

• BOVE, Profili processuali dell’azione di classe, in www.judicium.it

Selezione giurisprudenziale

Trib. Napoli, 27 maggio 2010

L'attore dell'azione di classe prevista dall'art. 140-bis c. cons. - D.Lgs. n. 206/2005, per essere legittimato a tale azione, deve essere titolare, in proprio e personalmente, del diritto individuale omogeneo che caratterizza la classe che intende rappresentare e tale legittimazione sussiste non perché il proponente intende rappresentare gli interessi della classe, ma perché il suo interesse coincide con quello della classe essendo egli portatore del medesimo diritto individuale omogeneo di cui sono titolari gli appartenenti alla classe.

Trib. Napoli, 27-05-2010

R. rappresentato da Codacons c. Intesa Sanpaolo S.p.A.

FONTI

Corriere del Merito, 2010, 11, 1045 nota di SANGIOVANNI

Trib. Torino Sez. I, 7 aprile 2011

L'azione prevista dall'art. 140-bis del codice del consumo - D.Lgs. n. 206/2005 - rimane pur sempre un'azione individuale aperta all'adesione di una pluralità di altri soggetti che si trovino in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi di uniformità; detta azione non crea, pertanto, diritti, ma si limita ad estendere la tutela giudiziale, in presenza di determinati presupposti sostanziali e processuali, a tutti i componenti di una classe di consumatori che si trovino nei confronti della stessa impresa in situazione identica, in modo da offrire una più agevole tutela a tutti i consumatori che possono vantare diritti individuali omogenei.

Trib. Torino Sez. I, 07-04-2011

FONTI

Sito Il caso.it, 2011

Trib. Milano Sez. VIII, 20 dicembre 2010

Durante la prima udienza di trattazione del giudizio ex art. 140-bis cod. cons. - D.Lgs. n. 206/2005 - le parti possono precisare e modificare le proprie domande, in conformità alla generale previsione di cui all'art. 183, comma 4, c.p.c.. La peculiarità del procedimento relativo all'azione di classe risiede infatti nella maggiore snellezza del rito, che non comporta tuttavia, per quanto non espressamente disposto, una compressione dei diritti della parti, sanciti dalla disciplina del processo di cognizione ordinario.

Trib. Milano Sez. VIII, 20-12-2010

Zacchei S. c. Voden Medical Instruments S.p.A.

FONTI

Nuova Giur. Civ., 2011, 6, 1, 502 nota di LIBERTINI, MAUGERI

La pratica

Fac-simile di atto di adesione all’azione di classe proposta ai sensi dell’art. 140 bis cod. cons.

TRIBUNALE DI <……….>

Atto di adesione per

Il Sig. <…………….>, nato a <………….> il <………………..>, elettivamente domiciliato in <………….>, via <…………> n. <…………..>

nell'azione di classe ex art. 140 bis cod. cons. (r.g. <………>) promossa da

il Sig. <…………………….>, con l’Avv. <…………………..>, attore

contro

<………………………….>, convenuto

premesso che:

- il Sig. <……………..> è titolare di un diritto omogeneo a quello dell’attore Sig. <……………..>, in quanto ;

- l’azione di classe promossa ai sensi dell’art. 140 bis cod. cons. è stata dichiarata ammissibile dal Tribunale di <………..> con ordinanza del <………….>;

- sono state eseguite le formalità pubblicitarie disposte dal Tribunale con l’ordinanza di cui sopra;

- il Sig. <……………….> ha interesse ad aderire all’azione proposta;

Tutto ciò premesso e considerato, il Sig. <………….>

aderisce

all’azione di classe proposta dal Sig. <…………….> nei confronti di <…………> e pendente presso il Tribunale di <………….> (r.g. n. ……….).

Si producono: 1) ……….; 2) ……………

<…………>, lì <………>

Sig. <………….>