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Art. 420bis cpc

Accertamento pregiudiziale ex art. 420-bis c.p.c

......................

a cura di Enrico Bernini*

*Avvocato del Foro di Livorno, dottore di ricerca Università L.U.I.S.S. – Roma.

LA QUESTIONE

Quale è la disciplina di cui all’art. 64 d. lgs. 30 marzo 2001, n. 465, relativa all’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione dei contratti e accordi collettivi nazionali nel pubblico impiego privatizzato?

Quali sono le somiglianze e le differenze con il nuovo art. 420-bis c.p.c.?

INTRODUZIONE

La legge 14 maggio 2005, n. 80 (art. 1, punto 3 lett. a) delegava al Governo il potere di disciplinare il processo di cassazione in funzione nomofilattica, prevedendo, tra le altre cose, l’estensione del sindacato diretto della Corte sull’interpretazione e sull’applicazione dei contratti collettivi nazionali di diritto comune, ampliando la previsione del numero 3) dell'articolo 360 del codice di procedura civile.

La legge, pertanto, autorizzava, almeno in via diretta, a intervenire sull’art. 360, n. 3, c.p.c., permettendo il ricorso per cassazione non solo per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ma anche per violazione o falsa applicazione delle norme contenute nei contratti collettivi nazionali, che in tal modo assumono una funzione analoga a quella delle fonti del diritto.

Nel momento di attuazione della delega, tuttavia, il Governo decideva – suscitando dei dubbi in dottrina in relazione a un possibile eccesso di delega – di inserire nel corpus del codice di procedura civile, seppur con alcune differenze, la disciplina di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro già prevista dall’art. 64 d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, per il pubblico impiego privatizzato, con il fine, da un lato, di deflazionare eventuali contenziosi seriali originati da norme oscure o comunque di difficile interpretazione e, d’altro lato, di assicurare stabilità e certezza nell’interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, in modo da evitare ingiustificate disparità di trattamento dovute alla mancata attuazione delle disposizioni dell’art. 39 Cost.

Nelle prossime pagine, dopo aver brevemente descritto la disciplina vigente in tema di pubblico impiego privatizzato, si opererà un confronto tra la stessa e quella di cui all’art. 420-bis c.p.c., mettendo in evidenza le somiglianze e le divergenze, nonché i presupposti di applicazione della disposizione codicistica e le principali problematiche e opzioni ermeneutiche espresse in dottrina e giurisprudenza.

LE NORME

Codice di procedura civile

Art. 420-bis – Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi

Art. 146-bis disp. att. – Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi

Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

Art. 64 – Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi

LA FATTISPECIE

La fase iniziale del meccanismo regolato dall’art. 64 d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

Costituisce precedente diretto della disposizione di cui all’art. 420-bis c.p.c. l’art. 64 d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (a sua volta derivato dall’art. 68-bis d. lgs. n. 29 del 1993).

L’analisi della predetta disposizione si rende necessaria in quanto la disciplina prevista nell’ambito del cd. pubblico impiego privatizzato è stata in sostanza trasferita, seppur con alcune modifiche, nell’ambito del processo del lavoro; tale derivazione diretta – nonché l’esplicita applicabilità, sancita dall’art. 146-bis disp. att. c.p.c., di alcuni dei commi di cui all’art. 64 d. lgs. 165/2001 alle controversie regolate dall’art. 420-bis – comporta, tra l’altro, che la giurisprudenza e la dottrina formatesi in relazione alla disposizione originaria possano essere utilizzate anche per lo studio della norma derivata.

L’art. 64 d. lgs. 165/2001 ha istituito un meccanismo finalizzato a ottenere l’interpretazione e l’applicazione uniforme dei contratti e accordi collettivi nazionali sottoscritti dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran), in modo da evitare controversie seriali e, pertanto, con funzione deflattiva del contenzioso.

Presupposto di applicazione della norma è che si renda necessario risolvere, all’interno di un procedimento ordinario di fronte al giudice del lavoro , una questione attinente all’efficacia, validità o interpretazione di un contratto collettivo sottoscritto dall’Aran; il contratto o accordo collettivo deve avere ambito “nazionale”, con consequenziale esclusione di operatività dell’istituto in caso di norme collettive di ambito territoriale più ristretto.

Il meccanismo descritto dalla norma opera quando la risoluzione della questione è “necessaria”: la Corte Costituzionale, di fronte ai dubbi di chi temeva un’utilizzazione indiscriminata del procedimento – con conseguenti ingiustificati ritardi nella definizione delle controversie – ha messo in evidenza che è richiesto un reale dubbio interpretativo concernente la clausola contrattuale della quale il giudice deve fare applicazione per la risoluzione della controversia.

Inoltre la presenza di una questione pregiudiziale (di rito) o preliminare (di merito) che sia idonea alla decisione della controversia, senza pertanto che la questione interpretativa risulti in concreto necessaria per la definizione del giudizio, dovrebbe comportare la non operatività del rinvio pregiudiziale.

Quando sia accertata la presenza di una questione interpretativa fondata, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa una nuova udienza non prima di centoventi giorni e dispone la comunicazione, tramite la cancelleria, dell’ordinanza e degli atti introduttivi del processo all’Aran.

Entro trenta giorni dalla comunicazione l’Aran è tenuta a convocare le organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto il contratto o accordo collettivo, al fine di verificare la possibilità di un accordo sull’interpretazione autentica ovvero sulla modifica della clausola controversa.

Qualora venga trovato un accordo tra le parti collettive, lo stesso viene trasmesso, da parte dell’Aran, alla cancelleria del giudice a quo, il quale provvede a darne avviso alle parti dieci giorni prima dell’udienza.

Se non interviene l’accordo tra le parti collettive, all’udienza fissata per la prosecuzione del processo il giudice adito decide con sentenza sulla sola questione interpretativa della clausola controversa, impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione ovvero per la prosecuzione della causa.

In ogni caso, pertanto, la questione interpretativa deve essere decisa con una sentenza, autonoma rispetto a quella che definisce il processo.

La sentenza sarà accoppiata a un’ordinanza per la prosecuzione della causa sia che la controversia sia matura per la decisione sia che si renda necessario lo svolgimento di attività istruttoria: il che equivale a dire che la sentenza interpretativa non può essere contestuale a quella definitiva.

Se non viene tempestivamente impugnata, la sentenza del giudice a quo sulla questione pregiudiziale passa in giudicato formale.

Peculiare è la posizione delle parti collettive, in quanto le stesse possono intervenire all’interno del processo anche oltre il termine di cui all’art. 419 c.p.c. e, se intervenute, sono legittimate a proporre impugnazione avverso la sentenza che decida la questione interpretativa; anche se non intervenute, hanno la possibilità di presentare memoria all’interno sia del processo di merito che di quello di cassazione.

Il ricorso per cassazione e la prosecuzione del processo. Gli effetti della pendenza del giudizio e della sentenza di cassazione.

La sentenza interpretativa può essere impugnata esclusivamente con ricorso immediato (senza possibilità di riserva di impugnazione) per cassazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., da esperire nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione di avviso di deposito della sentenza (da intendersi come sentenza completa della motivazione e non come solo dispositivo).

La legittimazione a impugnare, come detto, spetta anche all’Aran e alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto il contratto o accordo collettivo e che siano formalmente intervenute nel processo.

Il ricorso deve essere notificato anche alle parti collettive che siano intervenute nel processo di primo grado e, una volta notificato, copia dello stesso deve essere depositata nella cancelleria del giudice a quo; il deposito nella cancelleria del giudice comporta la sospensione automatica del processo, in modo tale che la sentenza di merito non possa essere pronunciata prima della sentenza della Cassazione.

La Suprema corte, accertati i presupposti processuali relativi alla decisione, decide, applicando i principi di cui agli art. 1362 ss. c.c., la questione interpretativa prospettata, con una sentenza destinata a conservare i propri effetti anche in caso di estinzione del processo di merito; una volta emessa la sentenza della Cassazione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dalla comunicazione della decisione di fronte al giudice del merito e, in caso contrario, il processo si estingue.

La sentenza della Cassazione vincola il giudice remittente e gli eventuali giudici delle impugnazioni, ivi compresa la stessa Corte di Cassazione qualora l’iter delle impugnazioni arrivi fino alla fase conclusiva; il giudice a quo non può naturalmente discostarsi dalla decisione della Cassazione, senza che ciò, peraltro, gli precluda di accertare se, nel caso concreto, la norma interpretata debba essere effettivamente applicata.

Oltre ad effetti endoprocessali, la pendenza del giudizio di cassazione relativo all’impugnazione della sentenza avente a oggetto la questione interpretativa può produrre la sospensione di altri processi di merito, la cui definizione dipenda dalla risoluzione della medesima questione sulla quale la Suprema corte è chiamata a pronunciarsi.

In quest’ultimo caso, pertanto, il giudice di merito che si trovi a dover affrontare una questione interpretativa ha il potere discrezionale di scegliere se sospendere il processo in attesa della decisione della Corte di Cassazione ovvero attivare il meccanismo descritto e pronunciare la sentenza interpretativa; qualora opti per la prima soluzione, a seguito della pronuncia della sentenza di Cassazione il processo riprende, su istanza di parte o anche d’ufficio.

Allo stesso modo effetti peculiari, per così dire extraprocessuali, sono riconosciuti alla sentenza emessa dalla Corte di Cassazione. Se in un altro processo è necessario risolvere una questione interpretativa già affrontata dalla Corte di Cassazione, il giudice a quo non è obbligato a seguire il dictum della Cassazione. Tuttavia, mentre se intende uniformarsi alla sentenza della Cassazione il giudice di merito emetterà una sentenza definitiva, in caso contrario – id est: se non intende seguire la soluzione offerta dalla Cassazione e scegliere un’opzione interpretativa differente – il giudice di merito è costretto a emettere una sentenza interpretativa, con conseguente sospensione del processo e possibilità di ricorso immediato in Cassazione.

Il nuovo articolo 420-bis c.p.c.

Come accennato in precedenza, l’istituto dell’accertamento pregiudiziale è stato esteso, con alcune differenze, ai rapporti di lavoro comune, in relazione ai quali è espressamente prevista, nei limiti della compatibilità, l’applicazione di alcuni commi (quarto, sesto, settimo e ottavo) dell’art. 64 d. lgs. 165/2001.

In particolare, l’art. 420-bis c.p.c. mantiene il meccanismo della decisione obbligatoria sulla questione interpretativa attraverso sentenza impugnabile, entro sessanta giorni dall’avviso di deposito della sentenza, con ricorso immediato per Cassazione; il giudice emette la sentenza interpretativa e con distinta ordinanza fissa una nuova udienza, ad almeno novanta giorni, per l’ulteriore istruttoria ovvero per la prosecuzione della causa.

Copia del ricorso per Cassazione deve essere depositato nella cancelleria del giudice del merito entro venti giorni dalla notifica alle altre parti.

Principale differenza rispetto al citato art. 64 è l’assenza di una procedura preliminare di interpretazione autentica della norma controversa da parte delle parti collettive ; inoltre l’art. 420-bis, comma 3, c.p.c., espressamente prevede il termine per il deposito del ricorso per Cassazione nella cancelleria del giudice a quo e la conseguenza della mancata tempestiva effettuazione del deposito, individuata nell’inammissibilità del ricorso per Cassazione.

Conseguenza del deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice a quo è la sospensione del processo, in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione; in caso di mancata sospensione – che comunque non toglie il potere di richiedere al giudice gli atti cautelari o urgenti – gli atti compiuti devono ritenersi nulli con conseguente caducazione dei loro effetti.

La principali questioni affrontate in dottrina e giurisprudenza

Anzitutto occorre ricordare come la norma de qua sia stata portata all’attenzione della Corte Costituzionale perché ne fosse dichiarata l’illegittimità, peraltro sempre con esito negativo.

In particolare, con la sentenza 17 luglio 2007, n. 298, la Consulta dichiarava manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 420 bis c.p.c. sia in relazione all'art. 3 cost. (per irrazionalità della disciplina, in quanto la norma non opera in tutti i casi in cui emerga una qualunque questione di interpretazione o di validità della clausola collettiva, ma solo quando il giudice del lavoro, nel suo prudente apprezzamento, ne abbia vagliato positivamente la serietà), sia in relazione all’art. 76 cost. (non sussistendo eccesso di delega, in quanto la l. 14 maggio 2005 n. 80 ha indicato come obiettivo prioritario della modifica del codice di procedura civile in materia di processo di Cassazione, la valorizzazione della funzione nomofilattica del giudice di legittimità) sia infine in relazione all’art. 111 cost. (per lesione del principio della ragionevole durata del processo, posto che l’art. 420 bis - letto in connessione con l'art. 146 disp. att. c.p.c. e con i commi 4, 6 e 7 dell'art. 64 d.lgs. n. 165 del 2001 - appare pienamente coerente con il parametro costituzionale invocato, posto che prescrive termini perentori brevi sia per l'impugnazione in Cassazione “per saltum” avverso la sentenza pronunciata dal giudice di merito, sia per la riassunzione della causa davanti allo stesso giudice dopo la decisione della Corte di Cassazione, assicurando, in tempi ragionevoli, la soluzione di questioni ermeneutiche di interesse collettivo che reclamano decisioni immediate entro il primo grado di giudizio, potendo inoltre detto strumento produrre analoghe economie di giudizio con riferimento agli altri processi la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima questione su cui la Corte di Cassazione sia stata già chiamata a pronunciarsi).

Tale decisione, in particolare per quanto riguarda l’eccesso di delega, veniva poi confermata con la successiva sentenza 5 dicembre 2008, n. 404.

Ma sono anche altri i dubbi interpretativi che sono stati avanzati.

Per esempio, ci si è chiesti quali siano le conseguenze di un’omissione del giudice di primo grado nel rilevare una questione pregiudiziale effettivamente “fondata”. In carenza di un’espressa previsione che imponga di rimettere la questione di fronte al giudice di primo grado, pare necessario, in considerazione della tassatività delle ipotesi di cui agli art. 353 e 354 c.p.c., ritenere che il giudice di appello non possa rimettere le parti davanti al primo giudice e che, pertanto, l’omissione del giudice non sia passibile di censure in sede d’appello, salva una teorica possibilità di ritenere il giudice responsabile da un punto di vista disciplinare.

Altro interrogativo che si è posto è quello relativo alla possibile operatività del meccanismo della sentenza non definitiva sulla questione interpretativa per la prima volta in appello. Sul punto sono state differenti le posizioni espresse, dal momento che in dottrina vi sono autori che affermano la possibilità di emettere la sentenza interpretativa per la prima volta in appello , mentre la giurisprudenza della Corte di Cassazione è ferma nel ritenere che la statuizione pregiudiziale sull'interpretazione della contrattazione collettiva nazionale sia possibile solo in primo grado .

Non è invece in discussione il fatto che la Corte di Cassazione non possa procedere a indagini istruttorie, essendo tale attività estranea alle sue modalità di funzionamento. Ciò impone al giudice a quo di compiere ogni attività istruttoria necessaria alla decisione della Corte; in caso contrario, non essendo la lacuna rimediabile in sede di legittimità, la conseguenza è l'accoglimento del ricorso per Cassazione proposto, con Cassazione dell'impugnata sentenza e rimessione degli atti al giudice di merito. È inoltre fatto obbligo al ricorrente, ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., di depositare tempestivamente, a pena di improcedibilità del ricorso, il testo integrale del contratto collettivo al quale la domanda si riferisce.

La Cassazione, peraltro, non è condizionata dalle domande delle parti e dal loro comportamento potendo ricercare liberamente all'interno del contratto collettivo (da depositarsi ex art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c.) ciascuna clausola - anche se non oggetto dell'esame delle parti e del primo giudice - comunque ritenuta utile alla interpretazione.

LA GIURISPRUDENZA

Giurisprudenza

Sono di seguito riportate alcune massime della giurisprudenza di legittimità, con particolare attenzione alle sentenze più recenti.

GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

Cass. civ., Sez. lavoro, 25 giugno 2009, n. 14919

Il disposto dell'art. 366 bis c.p.c. - che richiede ai fini della ammissibilità del ricorso per Cassazione la formulazione dei quesiti di diritto e nel caso previsto dall'art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., la chiara indicazione del fatto controverso in relazione alla quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - non è applicabile al ricorso ex art. 420 bis c.p.c. per l'accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi. E invero in tale speciale procedura regolata dal codice di rito la formulazione dei quesiti da parte del ricorrente non risulta supportata dalla ratio ad essa sottesa - individuabile nel consentire una precisa risposta giudiziaria in termini positivi o negativi rispetto a problematiche ben delimitate e in relazione alle quali va parametrata la enunciazione del quesito di diritto - non essendo il giudice di legittimità, in sede di risoluzione della pregiudiziale, vincolato alla opzione ermeneutica adottata dal giudice di merito, pur se congruamente e logicamente motivata, e potendo autonomamente pervenire - anche tramite la libera ricerca all'interno del contratto collettivo di qualunque clausola ritenuta utile, oltre che all'interpretazione di singole clausole contrattuali, anche alla decisione sulla loro validità ed efficacia - ad una statuizione diversa da quella del primo giudice

Cass. civ., Sez. lavoro, 17 aprile 2009, n. 9246; Cass. civ., Sez. lavoro, 11 marzo 2008, n. 6432

Nel procedimento di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità e interpretazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'art. 420 bis c.p.c., la parte ha l'onere di depositare, a pena di improcedibilità del ricorso, il testo integrale del contratto o accordo sul quale il ricorso si fonda, in quanto l'indicato adempimento ha carattere strumentale rispetto all'adeguato esercizio della funzione nomofilattica da parte della Corte di Cassazione.

Cass. civ., Sez. lavoro, 6 ottobre 2008, n. 24654

Nel procedimento di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all'art. 420 bis c.p.c., la Corte di legittimità, pur adottando i canoni di ermeneutica negoziale indicati dal codice civile, si muove secondo una metodica peculiare in ragione della portata che assume la sua decisione, destinata a provocare una pronuncia che tende a fare stato in una pluralità di controversie cosiddette «seriali», non essendo, quindi, vincolata dall'opzione ermeneutica adottata dal giudice di merito, pur se congruamente e logicamente motivata, giacché può autonomamente pervenire, anche tramite la libera ricerca all'interno del contratto collettivo di qualunque clausola ritenuta utile all'interpretazione, ad una diversa decisione sia per quanto attiene alla validità ed efficacia di detto contratto, sia in relazione ad una diversa valutazione del suo contenuto normativo e ciò in quanto la funzione nomofilattica che essa esercita presuppone la certezza e la stabilità delle statuizioni, per cui non è possibile avere sulla medesima disposizione contrattuale interpretazioni contrastanti. Ne consegue che la parte ha l'onere, ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., di depositare tempestivamente, a pena di improcedibilità del ricorso, il testo integrale del contratto collettivo al quale la domanda si riferisce.

Cass. civ., Sez. lavoro, 9 settembre 2008, n. 22874

La statuizione pregiudiziale sull'interpretazione della contrattazione collettiva nazionale deve ritenersi possibile solo in primo grado.

Cass. civ., Sez. lavoro, 1° agosto 2008, n. 21023

In tema di procedimento di interpretazione pregiudiziale dei contratti collettivi, ai sensi dell'art. 420 bis c.p.c., l'esegesi eseguita dalla Corte di Cassazione all'esito di tale procedimento, in sede di interpretazione diretta del contratto collettivo, non solo produce gli effetti previsti dalla norma in ordine al giudizio estinto, ma non può non assumere rilievo anche in controversie sottratte all'applicazione della disciplina del richiamato procedimento, poiché il rafforzamento della funzione nomofilattica, cui è volto l'indicato procedimento, anche in relazione a fonti negoziali (come i contratti collettivi nazionali, riferibili ad una serie indefinita di destinatari) persegue il fine di assicurare ai potenziali interessati quella reale parità di trattamento che si fonda sulla certezza e stabilità delle statuizioni giurisprudenziali, secondo un regime incompatibile con la possibilità che possano darsi di un'identica disposizione contrattuale interpretazioni corrette ed al tempo stesso fra loro contrastanti.

Cass. civ., Sez. lavoro, 21 febbraio 2008, n. 4505

La procedura di interpretazione consensuale, prevista dall'art. 64 d.lg. n. 165/2001, può essere promossa solo per i contratti di comparto, in quanto è solo per questi che l'Aran svolge una concreta attività negoziale che, con le procedure previste dagli art. 40 e ss., conduce alla sottoscrizione richiesta dal citato art. 64, dovendo essa escludersi, pertanto, per i contratti integrativi, la cui sottoscrizione non compete all'Aran ma alle singole amministrazioni, alle quali l'Agenzia può offrire, su richiesta, assistenza. Né, per i contratti integrativi, può farsi ricorso al procedimento ex art. 420 bis c.p.c., difettando la natura di contratto nazionale.

Cass. civ., Sez. lavoro, 8 febbraio 2008, n. 3098

L'accertamento pregiudiziale ex art. 420 bis c.p.c, in quanto destinato ad incidere con rilevanza decisoria sull'esito di una controversia che si caratterizza per la sua tipicità anticipatoria di un contenzioso spesso imponente, deve riguardare le clausole contrattuali sulle quali poggiano la "causa petendi" e il "petitum" della domanda attrice, non potendo, invece, investire in via prioritaria ed esclusiva, e senza alcun riferimento alle suddette clausole, disposizioni contrattuali richiamate dal convenuto per eccepire l'infondatezza o la non azionatibilità del diritto di controparte.

Cass. civ., Sez. lavoro, 24 gennaio 2008, n. 1578

Lo speciale procedimento ex art. 420 bisc.p.c., di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi, è finalizzato ad assicurare l'uniforme applicazione delle relative clausole e presuppone perciò un'idonea istruttoria al fine della soluzione della questione pregiudiziale con portata generale ed esaustiva, capace cioè di definire in termini chiari ed univoci ogni possibile questione in materia. Ove la necessaria istruttoria da parte del giudice di merito sia mancata, non essendo tale lacuna rimediabile in sede di legittimità, ne deriva l'accoglimento del ricorso per Cassazione proposto ai sensi del comma 3 della norma, con Cassazione dell'impugnata sentenza e rimessione degli atti al giudice di merito.

Cass. civ., Sez. lavoro, 25 settembre 2007, n. 19710

L'art. 420-bis c.p.c. trova applicazione anche allorquando sulla questione pregiudiziale, riguardante la validità, efficacia e interpretazione del contratto collettivo, si riscontrino arresti giurisprudenziali, stante l'autorità rafforzata, in termini di vincolatività per gli altri giudici, che la sentenza pronunziata dalla Corte di Cassazione all'esito dell'iter procedurale regolato dalla suddetta norma presenta rispetto alle restanti decisioni della stessa Corte.

Nella procedura di cui all'art. 420-bis c.p.c. la Corte di Cassazione non è condizionata dalle domande delle parti e dal loro comportamento potendo ricercare liberamente all'interno del contratto collettivo (da depositarsi ex art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c.) ciascuna clausola - anche se non oggetto dell'esame delle parti e del primo giudice - comunque ritenuta utile alla interpretazione. La Corte deve, però, decidere sulla base del materiale probatorio acquisito ritualmente in primo grado non potendo procedere a nuove e tardive indagini, né può utilizzare in alcun modo a fini decisori contratti o accordi collettivi successivi a quello da interpretare né ancora può fare riferimento alle informative di cui all'art. 425 c.p.c.

Cass. civ., Sez. lavoro, 21 settembre 2007, n. 19560

Nel caso di ricorso per Cassazione ex art. 360 n. 3 avverso pronunzia resa dal giudice di merito all'esito dell'iter procedurale di cui all'art. 420 bis c.p.c., pur adottando i canoni di ermeneutica negoziale indicati dal codice civile, la Corte di legittimità si muove secondo una metodica diversa da quelle adottate dal giudice di merito, non essendo vincolata dall'opzione ermeneutica adottata da quest'ultimo, pur fondata su motivazione congrua e corretta sul piano logico, potendo la stessa Corte, a seguito di propria ed autonoma scelta, pervenire ad una diversa decisione da quella del primo giudice non solo per quanto attiene alla validità ed efficacia del contratto collettivo, ma anche in relazione alla sua interpretazione, attraverso diversa valutazione degli elementi di fatto già vagliati nel diverso grado di giudizio; il rafforzamento della funzione nomifilattica, cui è volta la modifica normativa del d.lg. n. 40 del 2006, si fonda, infatti, sulla certezza e stabilità delle statuizioni giurisprudenziali, regime questo incompatibile con la possibilità che possano darsi, di un'identica disposizione contrattuale, interpretazioni corrette ed al tempo stesso tra loro contrastanti. L'applicazione dell'art. 420 bis c.p.c. in materia di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi, non è impedita dalla circostanza che la pregiudiziale sulla portata della disciplina collettiva si accompagni o meno ad altre questioni, pregiudiziali, preliminari o che si presentino come logicamente antecedenti alla decisione finale, essendo richiesto unicamente che la suddetta pregiudiziale riguardi l'efficacia, la validità ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi e che sia suscettibile di sfociare in una soluzione definitiva e potenzialmente generale della questione posta, rimovendo una situazione di incertezza attraverso uno strumento processuale volto a provocare una pronuncia capace di vincolare tendenzialmente tutti i giudici investiti, anche in futuro, della medesima questione.

LA DOTTRINA

Per approfondimenti dottrinali

BOLLANI, L’interpretazione del contratto collettivo alla luce della disciplina introdotta dal d. lgs. n. 80/1998, in Riv. it. dir. lav., 1999, I, 398 ss.;

BRIGUGLIO, Le funzioni della Corte di Cassazione e l’accertamento pregiudiziale sui contratti collettivi, in Perone-Sassani (a cura di), Processo del lavoro e rapporto alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, Padova, 1999, 79 ss.;

COSTANTINO, Sull’accertamento pregiudiziale della efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi, in Corr. giur., 1998, 966 ss.;

FEZZI, Il nuovo art. 420-bis c.p.c., in Riv. crit. dir. lav., 2006, 33 ss.;

IANNIRUBERTO, L’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione dei contratti collettivi dopo il d. lgs. 40 del 2006, in www.judicium.it;

LUISO, Commento all’art. 30 del decreto legislativo n. 80 del 1998, in Dall’Olio-Sassani (a cura di), Amministrazioni pubbliche, lavoro, processo. Commento ai decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 80 e 29 ottobre 1998, n. 387, Milano, 2000, 353 ss.;

MANNA, Le interpretazioni dell’art. 420-bis c.p.c. da parte della Suprema Corte, in Lav. prev. oggi, 2008, 1071 ss.;

PESSI, Il giudizio di Cassazione nelle controversie di lavoro, in Riv. dir. proc., 2008, 293 ss.;

RIZZARDO, Accertamento pregiudiziale ai sensi dell’art. 420¬-bis c.p.c.: la Suprema Corte detta le regole per le istruzioni per l’uso, in Corr. giur., 2008, 1260;

TATARELLI, L’art. 420-bis c.p.c. è inapplicabile al giudizio d’appello, in Mass. giur. lav., 2007, 603 ss.;

VIDIRI, Art. 420-bis c.p.c.: norma utile o eterogenesi dei fini?, in Giust. civ., 2009, II, 167 ss.;

VIDIRI, La questione pregiudiziale ex art. 64 d. lgs. n. 165 del 2001, in Giust. civ., 2006, II, 65 ss.;

VINCIGUERRA, Questioni sul procedimento di nomofilachia accelerata ex art. 420 bis c.p.c., in Mass. giur. lav., 2008, 94 ss.

LE CONCLUSIONI

Volendo tirare alcune conclusioni, occorre sottolineare come l’istituto dell’accertamento pregiudiziale, in generale, non abbia goduto dei favori della dottrina.

È stato messo in evidenza, infatti, che la norma dell’art. 420-bis c.p.c. – così come quella del precedente art. 64 d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – non offre chiare indicazioni circa i presupposti per l’attivazione del procedimento regolato. L’interpretazione maggiormente condivisibile, e cioè quella secondo la quale l’accertamento pregiudiziale non sarebbe obbligatorio in ogni caso, ma solo quando esista un dubbio interpretativo “serio”, finisce per rimettere l’operatività del meccanismo alla valutazione discrezionale del giudice di primo grado, con una scelta non suscettibile di successivi correttivi, data l’impossibilità, da un lato, di rinviare la causa di fronte al giudice del primo da grado da parte di quello d’appello e, d’altro lato, di poter decidere in via pregiudiziale la questione per la prima volta in grado d’appello. Ciò comporta che la realizzazione degli scopi perseguiti con la norma in esame finisca per essere rimesso a fattori in gran parte casuali.

Inoltre, come è stato sottolineato in dottrina e giurisprudenza, la possibilità per la Corte di Cassazione di conoscere la questione interpretativa è subordinata alla compiuta istruzione della stessa da parte del giudice di merito; eventuali carenze non possono essere sopperite da un’attività di tipo istruttorio della Cassazione, con la conseguenza che la sentenza di merito sarà censurabile per vizio di motivazione insufficiente e sarà cassata con rinvio al primo giudice, perché quest’ultimo possa istruire correttamente la questione. Tale possibilità comporta il rischio di un allungamento del processo – e quindi di frustrazione delle finalità della norma –, dovendo la causa essere rinviata di nuovo di fronte al giudice di primo grado e potendo eventualmente tornare in Cassazione.

Seri dubbi sono stati poi avanzati in relazione alla concreta efficacia della norma.

Per esempio molte perplessità ha suscitato il fatto che la funzione nomofilattica venga estesa ad atti, quali i contratti collettivi, che restano pur sempre atti privati, non assimilabili alle fonti del diritto in senso tecnico.

Da altro punto di vista, è stato sottolineato che l’applicazione dell’interpretazione pregiudiziale ai soli contratti e accordi “nazionali” limita notevolmente l’ambito di utilità della norma, in quanto sono totalmente escluse le fonti collettive decentrate.

Peraltro l’esperienza pratica, già formatosi sotto la vigenza del d. lgs. 165 del 2001, ha dimostrato come i giudici di merito siano restii a instaurare il procedimento di accertamento pregiudiziale, preferendo trattare la questione interpretativa del CCNL al pari delle altre questioni sottoposte e decidendo tutto con la sentenza definitiva, così da alimentare ancora di più i dubbi sulla concreta efficacia della disposizione.