Interruzione e riassunzioneLe Sezioni Unite risolvono definitivamente la questione del dies a quo del termine semestrale per la riassunzione di un processo interrotto, quando l'evento interruttivo riguardi la parte costituita e il difensore della parte ne faccia dichiarazione all'udienza, ma l'interruzione venga disposta solo in un momento successivo con ordinanza del giudice...
La soluzione è offerta computando come termine iniziale la dichiarazione dell'evento interruttivo e non la sua effettiva pronuncia da parte del giudice: dunque la riassunzione deve intervenire entro sei mesi dalla dichiarazione del procuratore della parte.
Si riporta la sentenza della S.C.
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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 20 marzo 2008, n. 7443
Svolgimento del processo
Con due atti di citazione notificati il 16 marzo 1989 C. A., titolare della ditta individuale Teorema Confezioni, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Pistoia la Tessibel s.r.l. proponendo opposizione contro due decreti ingiuntivi con i quali gli era stato intimato il pagamento delle somme rispettive di L. 39.437.460 e di L. 18.973.520. Sosteneva l'opponente che i crediti azionati in via monitoria erano relativi a forniture di tessuti affetti da vizi e difetti tempestivamente denunciati e in via riconvenzionale chiedeva la condanna della società intimante al risarcimento dei danni in misura di L. 73.332.478 a titolo di danno emergente e di ulteriori L. 100.000.000 a titolo di lucro cessante.
Le due cause venivano riunite per ragioni di opportunità con altra causa promossa dalla Tessibel s.r.l. nei confronti della Eurotessile s.n.c. con l'intervento della Merfil s.r.l. chiamata in causa.
All'udienza del 4 maggio 2000 veniva dichiarato in udienza dall'avv. Lazzatà, per delega dell'avv. Bottari, procuratore costituito della società, l'intervenuto fallimento della Tessibel s.r.l..
Con ordinanza depositata in cancelleria in data 11 maggio 2000, comunicata il 22 maggio successi, vo al procuratore dell'opponente, veniva disposta l'interruzione del processo.
Con ricorsi depositati in cancelleria in data 8 gennaio 2001, notificati al Fallimento Tessibel il 17 maggio successivo, l'opponente provvedeva alla riassunzione dei primi due processi riuniti nei soli confronti del Fallimento Tessibel.
Il Fallimento Tessibel si costituiva in giudizio riportandosi a tutte le conclusioni, difese, eccezioni ed istanze già assunte nella precedente fase processuale e solo successivamente eccepiva l'estinzione del processo.
Il C. sosteneva la tempestività della riassunzione osservando che l'interruzione era stata dichiarata con ordinanza pronunciata fuori udienza.
Con ordinanza del 14 novembre 2001 - 31 gennaio 2002, notificata il 14 febbraio successivo, veniva dichiarata l'estinzione del processo.
Contro l'ordinanza proponeva appello l'opponente con atto di citazione notificato anche alla Eurotessile s.r.l. e alla Merfil s.r.l..
Con sentenza del 20 aprile - 16 giugno 2004 la Corte d'Appello di Firenze rigettava l'impugnazione.
Premesso che l'eccezione di estinzione doveva ritenersi tempestiva e rituale avendo esplicitamente dichiarato il fallimento Tessibel di volerla proporre in via pregiudiziale, sicchè andava esclusa ogni rinuncia implicita per il fatto che nella comparsa di costituzione depositata nel giudizio riassunto il difensore avesse fatto riferimento alle precedenti difese di merito, la Corte osservava che la dichiarazione di fallimento effettuata in udienza dall'avv. Lazzatà, per delega del difensore avv. Bottari, alla presenza del procuratore di controparte era rituale e idonea a provocare l'interruzione del processo ed affermava che dalla dichiarazione in udienza dell'evento interruttivo decorreva il termine semestrale per la riassunzione del processo allorquando, come nella specie, l'evento interrutti vo riguardasse la parte costituita e assistita da procuratore e non consistesse in vicende riguardanti il procuratore costituito ovvero nella morte o nella perdita di capacità della parte verificatasi anteriormente alla costituzione in giudizio.
Precisava che l'estinzione colpiva solo i due processi tra l'opponente e il Fallimento Tessibel e non anche il diverso processo riunito, promosso dalla Tessibel s.r.l., poi fallita, contro la Eurotessile s.r.l. e la Merfil s.r.l., e che esso non poteva essere dichiarato estinto - come richiesto dalla Merfil s.r.l. - trattandosi di processo tuttora pen dente in primo grado, la cui estinzione non poteva essere dichiarata dal giudice di appello.
Contro la sentenza ricorre per Cassazione C.A., titolare della cessata ditta individuale Teorema Confezioni, con cinque motivi.
Resiste con controricorso il Fallimento della Tessibel s.r.l. in persona del curatore F.S..
Non hanno presentato difese la Eurotessile s.r.l. (già Eurotessile s.n.c.) e la Merfil s.r.l..
Con ordinanza del 22 giugno - 10 luglio 2007 è stata disposta la rimessione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione relativa all'individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine semestrale previsto dalla legge per la riassunzione del processo interrotto, investita dal terzo motivo di ricorso e in ordine alla quale è stato rilevato un contrasto in giurisprudenza.
La risoluzione del contrasto è stata rimessa alle Sezioni Unite.
Motivi della decisione
Con il terzo motivo di ricorso, che per motivi di ordine logico va esaminato in via preliminare, il C. denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 300 e 305 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, dello stesso codice e sostiene che erroneamente il termine per la riassunzione del processo interrotto per sopravvenuto fallimento della parte costituita sarebbe stato fatto decorrere dalla dichiarazione in udienza dell'evento interruttivo e sostiene che l'interruzione del processo si identifica con il provvedimento del giudice che la dichiara poichè, diversamente opinando, si vincolerebbe la parte alla riassunzione di un processo quando il giudice non abbia ancora accertato la sussistenza dei presupposti all'uopo richiesti dalla legge per la sua interruzione e, nel contempo, se ne precluderebbe la riassunzione quando la dichiarazione dell'interruzione avvenisse dopo il decorso del termine di sei mesi dalla dichiarazione dell'evento interruttivo.
Ripropone in subordine la questione di legittimità costituzionale già sollevata nella memoria di replica depositata nel giudizio di appello, motivatamente disattesa dalla sentenza impugnata.
Va rilevato al riguardo che la decisione della pronuncia impugnata è conforme all'orientamento assolutamente maggioritario della giurisprudenza secondo cui nell'ipotesi di eventi interruttivi che colpiscano la parte costituita in giudizio a mezzo di procuratore l'interruzione del processo si verifica dal momento in cui il procuratore della parte dichiara in udienza l'evento interruttivo che ha colpito il proprio assistito o lo notifica alle altre parti, con la conseguenza che da tale momento decorre il termine semestrale per la riassunzione o la prosecuzione del processo, mentre non ha alcuna efficacia, al fine di uno spostamento del momento iniziale di operatività dell'interruzione, la circo stanza che il provvedimento dichiarativo dell'interruzione sia stato pronunziato solo successivamente (Cass. 15 maggio 1972, n. 1444; 29 ottobre 1975, n. 3647; 19 luglio 1983, n. 4981; 25 agosto 1994, n. 7507; 25 luglio 1996, n. 6721; 23 marzo 2001, n. 4203).
Due recenti pronunzie hanno invece affermato che il termine per la riassunzione decorre dal giorno dell'emissione dell'ordinanza dichiarativa dell'interruzione quando di essa sia stata data lettura in udienza alla presenza del procuratore della parte interessata alla riassunzione o, in difetto di tale lettura, dal giorno in cui detta parte sia venuta a conoscenza in forma legale della pronunzia a seguito della sua comunicazione o notificazione (Cass. 7 luglio 2004, n. 12454; 16 marzo 2006, n. 5816).
L'orientamento interpretativo prevalente merita conferma poichè le sentenze che costituiscono espressione dell'orientamento minoritario non prospettano alcun reale sviluppo argomentativo a sostegno delle ragioni di contrasto con quello prevalente: l'assunto della prima di esse si risolve, infatti, in una petizione di principio sostanzialmente immotivata, priva di ogni confronto col panorama giurisprudenziale tendenzialmente consolidato e confortato anche dagli interventi del giudice delle leggi (Corte cost. sent. 27 marzo 1992, n. 136; sent. 24 maggio 2000, n. 151; ord. 1 luglio 2005, n. 252), mentre la seconda, pur facendo riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 1992 e all'ordinanza n. 252 del 2005, nonchè alla sentenza della cassazione n. 4203 del 2001, ribadisce il principio affermato senza approfondire le ragioni della sua adesione a tale orientamento, ponendosi anzi in antitesi con quello assolutamente predominante rappresentato dalle pronunce da essa cita te in motivazione.
Va infatti considerato che anche dopo gli interventi della Corte costituzionale relative alle fattispecie della morte, sospensione o radiazione dall'albo del procuratore (sent. n. 139 del 1967) e della morte o perdita della capacità della parte prima della sua costituzione in giudizio (sent. n. 159 del 1971) è rimasta ferma la disciplina dell'interruzione nell'ipotesi di eventi interruttivi che colpiscano la parte costituita in giudizio mediante procuratore che subordinava, e continua a subordinare, l'effetto interruttivo alla coesistenza di due elementi essenziali, costituiti dal verificarsi dell'evento previsto come causa di interruzione del processo e dalla relativa dichiarazione formale in giudizio o dalla sua notificazione ad opera del procuratore della parte colpita da detto evento, mancando la quale l'evento interruttivo non produce alcun effetto processuale e il processo continua sino all'esaurimento del grado di giudizio in cui esso si è verificato giacchè la morte o la perdita della capacità della parte costituita non estinguono il mandato conferito al difensore in quanto, per effetto dell'eccezionale previsione dell'art. 300 cod. proc. civ., è stato sancito il principio dell'ultrattività della rappresentanza processuale, fondato sul rilievo che l'obbligo del mandatario di eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia gli impone di portare a conoscenza del mandante (e dei suoi eredi che succedono nel processo ai sensi dell'art. 110 cod. proc. civ.) le circostanze sopravvenute che possano comportare la revoca o la modifica del mandato, sicchè il procuratore costituito non provocherà l'interruzione del processo prima di averla concordata con i successori e di averla ritenuta utile per la migliore tutela dei loro interessi.
Ribadito che l'interruzione del processo consegue alla dichiarazione in giudizio o alla notificazione dell'evento interruttivo da parte del procuratore costituito anche nell'ipotesi di fallimento della parte (fino alla modifica del R.D. n. 267 del 1942, art. 43 ad opera del D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 41 che prevede invece l'interruzione automatica del processo a seguito dell'apertura del fallimento) deve escludersi, agli effetti della decorrenza del termine semestrale per la riassunzione, ogni rilevanza del provvedimento del giudice dichiarativo dell'interruzione, del quale, del resto, non è traccia negli artt. 299 e segg. cod. proc. civ..
Il giudice che è chiamato a verificare la sussistenza delle condizioni che possono sottrarlo al dovere di giudicare non compie, infatti, un vero e proprio accertamento degli effetti interruttivi - che comporterebbe l'apertura di una fase incidentale preliminare alla sua dichiarazione - ma procede solo ad una delibazione sommaria delle comunicazioni del procuratore della parte colpita dall'evento interruttivo e dei fatti portati alla sua conoscenza, limitandosi a verificare se essi corrispondono alle ipotesi tipiche previste dalla legge e se concorrono tutte le condizioni necessarie a integrare la fattispecie interruttiva.
Tale interpretazione, che incontra il consenso unanime della dottrina, trova ulteriori elementi di conforto nel rilievo che il codice di rito, mentre stabilisce che la sospensione necessaria del processo viene disposta dal giudice (art. 295 cod. proc. civ.) con provvedimento suscettibile di impugnazione con regolamento necessario di competenza (art. 42 cod. proc. civ.) e che l'estinzione è dichiarata con ordinanza suscettibile di reclamo (artt. 307 e 308 cod. proc. civ.), nulla di simile stabilisce con riferimento all'interruzione del processo limitandosi a prevedere, che, in presenza de, le circostanze richieste dalla legge, il processo "è interrotto" (artt. 299. 300 e 301 cod. proc. civ.).
Nessuna rilevanza riveste perciò la pronuncia del giudice per il perfezionamento della fattispecie interruttiva, poichè essa ha natura meramente dichiarativa e la sua omissione è assolutamente improduttiva di conseguenze in quanto inidonea a pregiudicare gli effetti che l'interruzione sopravvenuta ha già prodotti, la quale comporta, nel caso di prosecuzione del corso del processo, la nullità di tutti gli atti successivi e della sentenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 298 e 304 cod. proc. civ. (da ultimo: Cass. 15 febbraio 2007, n. 3459).
Ciò esclude ogni lesione del diritto di difesa e rende manifestazione infondata la questione di costituzionalità sollevata in via subordinata dal ricorrente, poichè la tardiva od omessa dichiarazione di interruzione non incide sulla decorrenza del termine semestrale per la riassunzione o prosecuzione del processo, la quale è rimessa all'iniziativa, anche immediata, della parte interessata.
In conclusione, il terzo motivo di ricorso non può trovare accoglimento dovendo ribadirsi l'inter-pretazione secondo cui il termine semestrale per la riassunzione o la prosecuzione del processointerrotto decorre dalla dichiarazione in udienza dell'evento interruttivo da parte del procuratore della parte che ne è stata colpita o dalla sua notificazione alle altre parti.
Con il quarto motivo il C. denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 307 cod. proc. civ., ult. comma, e sostiene che erroneamente sarebbe stata ritenuta tempestiva l'eccezione di estinzione del processo sollevata dalla curatela fallimentare in quanto tale eccezione deve essere espressa con la prima conclusione del convenuto in riassunzione, mentre le richieste e le difese di me rito possono essere svolte solo successivamente e in via subordinata al mancato accoglimento dell'eccezione di estinzione, non essendo sufficiente la precisazione che questa sia stata accompagnata dalla precisazione che è stata sollevata "in via pregiudiziale".
La censura è formulata al limite dell'inammissibilità in quanto si rivolge contro l'affermazione del giudice del merito senza svolgere alcun rilievo critico contro la motivazione della sentenza impugnata secondo cui la precisazione che l'eccezione di estinzione fosse stata formulata in via pregiudiziale esclude qualsiasi tacita rinunzia all'estinzione del processo anche se nel corpo della comparsa si coglie un riferimento alle precedenti difese di merito.
L'affermazione della sentenza impugnata, pur in presenza di pronunce difformi ispirate a un rigo roso formalismo, merita ulteriore consenso in considerazione del fatto che l'eccezione di estinzione del processo non richiede l'adozione di formule sacramentali e, conseguentemente, qualora il convenuto in riassunzione proponga contestualmente più eccezioni, deve ritenersi sufficiente a fugare ogni dubbio sulla reale intenzione della parte l'espressa precisazione che l'eccezione di estinzione viene proposta in via pregiudiziale (Cass. 28 agosto 1998, n. 8566; 22 gennaio 2000, n. 699).
Con il primo e il secondo motivo il C. denunzia una duplice concorrente irregolarità che vizierebbe la dichiarazione di interruzione del processo poichè sostiene che dovrebbe considerarsi insufficiente a tal fine la mera dichiarazione dell'e vento interruttivo che non si accompagni ad un'inequivoca manifestazione di volontà diretta a provocate l'interruzione del processo e che, in ogni caso, sarebbe invalida la dichiarazione proveniente da un procuratore delegato dal difensore munito di procura alle liti, che aveva precedentemente rinunziato al mancato.
Le censure sono inammissibili poichè le eventuali irregolarità che viziano l'interruzione del processo non incidono sul termine perentorio fissato per la sua riassunzione la cui violazione, comportando l'estinzione del processo, priva di ogni rilevanza le eventuali irregolarità della sua interruzione, la cui eliminazione si impone solo in caso di regolare prosecuzione del processo.
Con il quinto ed ultimo motivo si contesta che l'estinzione del processo possa operare i suoi effetti anche nei confronti della Eurotessile s.r.l. e della Merfil s.r.l. a causa della mancata riassunzione del processo nei loro confronti.
La censura non può trovare accoglimento poichè si fonda su una cattiva lettura della sentenza impugnata la quale ha affermato che l'estinzione ha prodotto i suoi effetti esclusivamente nel processo relativo alle cause riunite tra la Teorema Confezioni di C. A. e il Fallimento Tessibel (N.R.G. 721/88 e 722/88), ma non pure nei confronti del diverso processo tra la Tessibel s.r.l., la Eurotessile s.r.l. e la Merfil s.r.l. (N. R.G. 2607/88), tuttora pendente in primo grado.
In conclusione, perciò, il ricorso non può trovare accoglimento in nessuna delle sue concorrenti articolazioni deve essere respinto.
Le spese giudiziali, in considerazione del contrasto di giurisprudenza sottoposto all'esame delle Sezioni Unite, restano interamente compensate fra le parti.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a sezioni unite, rigetta il ricorso e dispone la compensazione totale delle spese giudiziali.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2008. |