ARBITRATO E CAUTELARECorte Costituzionale
Sentenza 28 gennaio 2010, n. 26
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 669-quaterdecies del codice di procedura civile promosso dal Tribunale di La Spezia, nel procedimento vertente tra T.M.E. s.p.a. – Termomeccanica Ecologica, Termomeccanica s.p.a., Sviluppo Investimenti Energia ed Ecologia s.r.l., e Veolia Servizi Ambientali s.p.a. ed altri, con ordinanza del 31 ottobre 2008, iscritta al n. 146 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visto l’atto di costituzione della T.M.E. s.p.a., – Termomeccanica Ecologica, Termomeccanica s.p.a. e Sviluppo Investimenti Energia ed Ecologia s.r.l.;
udito nell’udienza pubblica del 15 dicembre 2009 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;
udito l’avvocato Mario Bussoletti per la T.M.E. s.p.a., – Termomeccanica Ecologica, Termomeccanica s.p.a. e Sviluppo Investimenti Energia ed Ecologia s.r.l.
Ritenuto in fatto
1.— Il Tribunale di La Spezia, con ordinanza depositata il 31 ottobre 2008, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 669-quaterdecies del codice di procedura civile, nella parte in cui, escludendo l’applicazione delle disposizioni contenute nella Sezione I del Capo III, Libro IV, cod. proc. civ., e segnatamente dell’art. 669-quinquies di detto codice, ai provvedimenti di cui alla Sezione IV, impedisce, in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza di giudizio arbitrale, la proposizione della domanda di accertamento tecnico preventivo al giudice che sarebbe competente a conoscere del merito.
2.— Il rimettente premette che la vicenda all’esame del Collegio trae origine da un contratto, stipulato il 29 maggio 2007, tra T.M.E. s.p.a. – Termomeccanica Ecologica e Termomeccanica s.p.a., da una parte, Veolia Servizi Ambientali s.p.a. e Veolia Propreté s.a. dall’altra. In forza di tale contratto T.M.E. s.p.a. – Termomeccanica Ecologica ha alienato a Veolia Servizi Ambientali s.p.a. azioni pari al 75% del capitale sociale di una terza società, denominata T.M.T. Tecnitalia s.p.a. (poi denominata Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia s.p.a.), così acquisendo anche il controllo di T.E.V. s.p.a. Termoenergia Versilia e di Vercelli Energia s.r.l., con perfezionamento al momento del cosiddetto “closing”.
Successivamente, la società alienante ha trasferito la sua residua partecipazione in Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia s.p.a. a Sviluppo Investimenti Energia ed Ecologia s.r.l.
Con lettera del 30 giugno 2008, la società acquirente ha lamentato – con riferimento agli impianti inceneritori di Termo Energia Versilia s.p.a., di Tecnitalia s.p.a. e di Vercelli Energia s.r.l. – che prima del “closing” essi erano stati gestiti in violazione della normativa dettata a tutela dell’ambiente, mediante alterazione del cosiddetto «software di monitoraggio delle emissioni», in modo da far risultare un minor livello delle emissioni di ossido di carbonio nell’atmosfera.
Deducendo la violazione del contratto e l’insorgere di notevoli danni, la detta società ha chiesto di essere indennizzata.
A fronte di simile prospettiva, le società T.M.E. – Termomeccanica Ecologica, Termomeccanica e Sviluppo Investimenti Energia ed Ecologia hanno chiesto che fosse espletato un accertamento tecnico preventivo, diretto alla verifica, al momento del “closing” ed in epoca successiva, della qualità e dello stato degli impianti, delle loro funzionalità e modalità di esercizio pregresso ed attuale, con particolare riferimento al livello di emissioni di monossido di carbonio, al «software di monitoraggio delle emissioni» ed alle relative registrazioni. Ma il Presidente del Tribunale ha rigettato l’istanza, a seguito dell’eccezione di arbitrato formulata dalle società resistenti, sulla base della clausola compromissoria contenuta nell’art. 16 del contratto, ritenendo che l’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ. escluda la possibilità d’instaurare un procedimento d’istruzione preventiva in ipotesi di controversia compromessa in arbitri.
3.— Tanto esposto, il Tribunale di La Spezia, adito in sede di reclamo avverso il provvedimento presidenziale formulato dalle società che avevano richiesto l’accertamento tecnico preventivo, dopo aver dichiarato ammissibile il reclamo stesso (in base alla sentenza di questa Corte n. 144 del 2008), ed inammissibile l’eccezione d’incompetenza per territorio sollevata dalle resistenti, ha affermato che la possibilità di esperire il detto accertamento va verificata ed induce il collegio a dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ.
Richiamato il contenuto di detta norma, il rimettente rileva che il tenore letterale di essa impone di escludere che, al di là dell’eccezione costituita dall’art. 669-septies cod. proc. civ. (oggetto di esplicita menzione), la disciplina dei procedimenti cautelari in generale possa essere applicata all’accertamento tecnico preventivo, come, del resto, emerge anche dai lavori preparatori della normativa de qua. Ne deriva che, con riguardo alla fattispecie, non opera la previsione di cui all’art. 669-quinquies, alla stregua del quale, se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri, anche non rituali, o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda cautelare si propone al giudice che sarebbe competente a conoscere del merito.
Il rimettente prosegue osservando che non si può giungere ad una conclusione diversa applicando l’art. 669-quinquies cod. proc. civ. in via analogica, in quanto il ricorso all’analogia postula una lacuna normativa nella fattispecie non configurabile. Né potrebbe soccorrere una interpretazione di detta norma costituzionalmente orientata, perché essa si porrebbe in contrasto con il dettato del successivo art. 669-quaterdecies, comportandone l’abrogazione almeno parziale.
Né, infine, la soluzione favorevole all’ammissione del mezzo istruttorio potrebbe fondarsi sulla valorizzazione del riferimento, operato da quest’ultima norma, ai “provvedimenti” e non ai “procedimenti”, perché ciò si spiega con l’opzione del legislatore, dotato di ampi margini di discrezionalità nella regolazione degli istituti processuali, diretta a disciplinare, con gli artt. 669-bis e seguenti cod. proc. civ., il procedimento cautelare in modo uniforme, disegnandone un modello tendenzialmente unico, per poi sancirne la portata applicativa, alla stregua della disposizione che chiude la sezione I, ai singoli “tipi” di provvedimento cautelare previsti nelle successive Sezioni II, III e V, con esclusione del tipo contemplato dall’art. 696 cod. proc. civ., incluso nella Sezione IV.
Tuttavia, aggiunge il rimettente, la disciplina del processo non si sottrae allo scrutinio di ragionevolezza ed al vaglio di legittimità costituzionale sotto altri profili.
Al riguardo, pone in evidenza che, pur non essendo applicabile all’accertamento tecnico preventivo l’art. 669-quinquies cod. proc. civ.: a) esso è strumento di tutela cautelare, al pari di quelli contemplati nelle Sezioni II, III e V del Capo III del Libro IV cod. proc. civ., con riferimento ai quali il detto art. 669-quinquies opera; b) in particolare, nel caso di compromesso in arbitri è consentito il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi dell’art. 670, n. 2, cod. proc. civ., per ottenere il sequestro di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, mentre non si può formulare istanza ai sensi dell’art. 696 cod. proc. civ., nonostante la funzione cautelare probatoria comune ad entrambi gli strumenti; c) in quanto provvedimento cautelare, esso non può essere concesso dagli arbitri ai sensi dell’art. 818 cod. proc. civ., a fortiori nel caso di arbitrato irrituale; d) l’alterazione dello stato dei luoghi, e in generale di ciò che si vuole sottoporre ad accertamento tecnico, può provocare pregiudizi irreparabili al diritto che l’istante intende far valere.
Ad avviso del rimettente, sulla base di tali considerazioni si deve dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., con riferimento all’art. 3 Cost. (nella misura in cui la citata norma del codice di rito determina un’irragionevole disparità di trattamento rispetto agli altri provvedimenti cautelari, segnatamente ai sensi dell’art. 670, n. 2, cod. proc. civ.) e all’art. 24 Cost. (in considerazione del rapporto che lega il diritto di assolvere l’onus probandi con la garanzia di cui alla norma censurata).
Infine, il giudice a quo chiarisce che la questione è rilevante nella specie perché, superate le eccezioni d’inammissibilità del reclamo e d’incompetenza, l’istanza rigettata dal Giudice di prime cure proprio in base alla norma denunziata dovrebbe essere accolta, quanto meno con riferimento alla domanda di accertamento negativo ed alla domanda di danni nei confronti di una delle società contraenti ed eventualmente di una società terza, in quanto rientranti nella cognizione devoluta agli arbitri.
4.— Nel giudizio di legittimità costituzionale si sono costituite ed hanno presentato deduzioni, con atto depositato il 16 giugno 2009, le parti reclamanti nel procedimento di merito.
Esse, premessa l’esposizione della vicenda e richiamato il contenuto dell’ordinanza di rimessione, hanno dedotto che, in data 20 maggio 2009, Veolia Servizi Ambientali s.p.a. ha depositato domanda di arbitrato presso la Camera di Commercio Internazionale di Parigi, avente ad oggetto (tra l’altro) le contestazioni di cui alla lettera del 30 giugno 2008, aggiungendo che, alla data di deposito delle deduzioni, il collegio arbitrale non era stato ancora costituito. Hanno poi rimarcato che il giudizio costituzionale, una volta instaurato, prescinde dalle vicende del rapporto processuale in cui la questione di legittimità è emersa in via incidentale e che la rilevanza della questione è da valutare con esclusivo riferimento al momento dell’emanazione dell’ordinanza di rinvio.
Dopo aver ribadito la persistenza dell’interesse al chiesto accertamento tecnico preventivo, le deducenti affermano che la questione sollevata con l’ordinanza in epigrafe è ammissibile e fondata.
Quanto al primo profilo, esse si riportano agli argomenti svolti nell’ordinanza di rimessione, sottolineando che la norma impugnata impedisce l’accoglimento del ricorso per accertamento tecnico preventivo.
Quanto al secondo, rilevano che i provvedimenti d’istruzione preventiva sono misure poste a presidio del diritto alla prova, costituente strumento indispensabile del più ampio diritto, garantito dalla Costituzione, alla tutela delle proprie situazioni giuridiche ed alla difesa in ogni stato e grado del procedimento.
Ad avviso delle parti private, dette misure appartengono alla più ampia categoria degli strumenti di natura cautelare, come affermato anche da questa Corte (sentenza n. 144 del 2008), in quanto si fondano sulla comune ratio di evitare che la durata del processo si risolva in un pregiudizio per la parte che dovrebbe vedere riconosciute le proprie ragioni. Pertanto, la norma dettata dall’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., nella parte in cui esclude l’applicazione dell’art. 669-quinquies dello stesso codice ai procedimenti d’istruzione preventiva, impedendone così l’esperimento innanzi al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito, nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso, di clausola compromissoria o se pende giudizio arbitrale, viene a porsi in contrasto con i parametri costituzionali richiamati nell’ordinanza di rimessione. E, pur volendo giustificare distinzioni di disciplina tra misure cautelari a contenuto conservativo e a contenuto anticipatorio, resterebbe pur sempre ingiustificabile la disparità di trattamento all’interno della prima categoria, tra i provvedimenti d’istruzione preventiva e quelli di sequestro di cui agli artt. 670 e seguenti cod. proc. civ.
Considerato in diritto
1.— Il Tribunale di La Spezia in composizione collegiale, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dell’articolo 669-quaterdecies del codice di procedura civile, nella parte in cui – escludendo l’applicazione delle disposizioni della Sezione I, Capo III, Libro IV cod. proc. civ. e, segnatamente, dell’art. 669-quinquies di detto codice ai provvedimenti di cui alla Sezione IV – impedisce, in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale, la proposizione della domanda di accertamento tecnico preventivo al giudice competente a conoscere del merito.
Il rimettente premette di essere chiamato a pronunciare, in sede di reclamo, su una istanza di accertamento tecnico preventivo diretta a verificare lo stato di alcuni impianti, in relazione ai quali si prospetta l’insorgenza di una controversia. L’istanza, presentata al Presidente del Tribunale, è stata respinta, in quanto le resistenti nel procedimento di istruzione preventiva hanno eccepito che la controversia da instaurare era devoluta ad arbitri, in forza di clausola compromissoria contenuta nel contratto dal quale la vicenda ha preso le mosse. Il giudice a quo, che ha motivato in modo plausibile sulla rilevanza, osserva che, in base alla norma censurata, la disciplina di cui agli artt. 669-bis e seguenti cod. proc. civ. (escluso l’art. 669-septies) non si applica all’accertamento tecnico preventivo. Pertanto, nel caso in esame non può operare il disposto dell’art. 669-quinquies cod. proc. civ., secondo cui la competenza per i procedimenti cautelari in generale, se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri anche non rituali o se è pendente il giudizio arbitrale, spetta al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito.
Il Tribunale prosegue osservando che l’ostacolo alla possibilità di esperire l’accertamento tecnico preventivo davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, nel caso di devoluzione agli arbitri della controversia, non può essere superato applicando l’art. 669-quinquies in via analogica, perché il ricorso all’analogia postula una lacuna normativa, nella fattispecie non configurabile. Né può farsi luogo ad una interpretazione costituzionalmente orientata di detta norma, perché essa si porrebbe in contrasto con il dettato dell’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ.
In questo quadro, ad avviso del rimettente, va rilevato che: a) l’accertamento tecnico preventivo è strumento di tutela cautelare, al pari di quelli contemplati dalla disposizione ora citata;
b) in particolare, nel caso di compromesso in arbitri, è consentito il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi dell’art. 670, n. 2, cod. proc. civ., per ottenere il sequestro delle cose in detta norma indicate, mentre non si può formulare istanza di accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell’art. 696 cod. proc. civ., ad onta della funzione cautelare probatoria, comune ad entrambi gli strumenti; c) il detto accertamento, trattandosi di mezzo cautelare, non può essere disposto dagli arbitri, ostandovi il dettato dall’art. 818 cod. proc. civ.; d) l’alterazione dello stato dei luoghi e, in generale, di ciò che la parte ritiene di dover sottoporre ad accertamento tecnico può provocare pregiudizi irreparabili al diritto che s’intende azionare.
Di qui il dubbio circa la legittimità costituzionale della norma censurata, con riferimento ai parametri richiamati.
2.— La questione è fondata.
L’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., sotto la rubrica «ambito di applicazione», stabilisce che le disposizioni della Sezione I, capo III, Libro IV, del detto codice, relativa ai procedimenti cautelari in generale, si applicano ai provvedimenti previsti dalle Sezioni II, III e V, nonché, in quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari disciplinati dal codice civile e dalle leggi speciali. Soltanto l’art. 669-septies cod. proc. civ., concernente il provvedimento negativo e il governo delle spese, si applica anche ai provvedimenti di istruzione preventiva previsti dalla Sezione IV del Capo III.
Il dato testuale, dunque, rivela in modo univoco che ai provvedimenti di istruzione preventiva (artt. 692–699 cod. proc. civ.), e quindi anche all’accertamento tecnico preventivo (art. 696 cod. proc. civ.), le norme disciplinanti i procedimenti cautelari ed i relativi provvedimenti non si applicano, fatta eccezione per il citato art. 669-septies. Proprio tale eccezione vale a ribadire l’intento del legislatore in tal senso, intento che trova ulteriore conferma nei lavori preparatori, dai quali emerge che si ritenne di escludere i provvedimenti d’istruzione preventiva dall’ambito applicativo del procedimento cautelare uniforme, perché essi, pur avendo natura cautelare, non sono collegati al giudizio di merito.
Pertanto, si deve condividere la conclusione cui è pervenuto il giudice a quo, secondo cui il dettato dell’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ. non consente una interpretazione diversa da quella da lui adottata. Come questa Corte ha già osservato, l’univoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale (sentenza n. 219 del 2008, punto 4 del Considerato in diritto).
Ciò posto, va rilevato che la natura cautelare dei provvedimenti di istruzione preventiva (confermata dalla collocazione sistematica dell’istituto) è generalmente riconosciuta ed è stata anche di recente affermata da questa Corte, che ne ha sottolineato la ratio ispiratrice, diretta ad evitare che la durata del processo si risolva in un danno per la parte che dovrebbe vedere riconosciute le proprie ragioni (sentenza n. 144 del 2008), non potendosi porre in dubbio che l’alterazione dello stato dei luoghi o, in generale, di ciò che si vuole sottoporre ad accertamento tecnico, possa provocare pregiudizi irreparabili al diritto che la parte istante intende far valere.
Tale forma di tutela rappresenta una componente della stessa funzione giurisdizionale e rispetto alla piena attuazione di questa svolge anche un ruolo strumentale, comune sia alle misure di tipo anticipatorio che a quelle conservative (sentenze n. 421 del 1996 e n. 253 del 1994). In tale prospettiva si giustifica il carattere espansivo delle regole del procedimento cautelare uniforme (artt. 669-bis e seguenti, cod. proc. civ.), carattere che proprio nell’art. 669-quaterdecies è normativamente stabilito.
Nel novero delle suddette regole rientra l’art. 669-quinquies cod. proc. civ., in forza del quale, se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri (anche non rituali) o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda di provvedimenti cautelari, non proponibile agli arbitri per il divieto imposto dall’art. 818 cod. proc. civ., salva diversa disposizione di legge, va fatta al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito. Pertanto, in base alla disposizione ora citata, anche in pendenza del giudizio arbitrale è consentito, tra l’altro, chiedere il sequestro giudiziario di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea (art. 670, n. 2, cod. proc. civ.), mentre non è possibile ottenere analoga tutela mediante l’accertamento tecnico preventivo, ad onta della comune natura cautelare e della finalità probatoria perseguita da entrambi gli strumenti.
Fermi questi punti, va aggiunto che non sussiste incompatibilità tra la normativa generale sui provvedimenti cautelari e la disposizione concernente l’accertamento tecnico preventivo. In particolare, detta incompatibilità non è ravvisabile nel rilievo che quest’ultimo non richiede l’instaurazione entro un dato termine del giudizio ordinario, mentre nel procedimento uniforme, se la domanda sia stata proposta prima della causa di merito, l’ordinanza di accoglimento deve fissare un termine perentorio per l’inizio del giudizio stesso, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 669-octies cod. proc. civ., anche nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria (quinto comma della norma citata). E’ vero che la disciplina dettata dagli artt. 692-699 cod. proc. civ. non prevede la fissazione di un termine per l’inizio del giudizio ordinario, ma questo profilo, se sancisce una forma di autonomia tra gli atti di istruzione preventiva e il giudizio principale, non esclude la natura cautelare delle relative misure, né fa venir meno il collegamento con il giudizio di merito, rispetto al quale esse hanno carattere strumentale, tanto che l’assunzione delle misure stesse non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, destinate ad essere verificate appunto nel giudizio di merito, nel quale i processi verbali delle prove preventive non possono essere prodotti, né richiamati, né riprodotti in copia prima che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso, ai sensi dell’art. 698 cod. proc. civ.
Chiarito tale profilo, si deve osservare che l’esclusione dell’accertamento tecnico preventivo dall’ambito applicativo definito dall’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., con conseguente inapplicabilità dell’art. 669-quinquies, non supera lo scrutinio di ragionevolezza, in riferimento all’art. 3, primo comma, Cost.
Invero, la ratio diretta ad evitare che la durata del processo ordinario si risolva in un pregiudizio per la parte che intende far valere le proprie ragioni, comune ai provvedimenti di cui agli artt. 669-bis e seguenti ed all’art. 696 cod. proc. civ., il carattere provvisorio e strumentale dei detti provvedimenti, rispetto al giudizio a cognizione piena, del pari comune, nonché l’assenza di argomenti idonei a giustificare la diversità di disciplina normativa, con riguardo all’arbitrato, tra il provvedimento di cui al citato art. 696 e gli altri provvedimenti cautelari, i quali possono essere ottenuti ricorrendo al giudice, anche se la controversia, nel merito, è devoluta ad arbitri (art. 669-quinquies cod. proc. civ.), rendono del tutto irragionevole la detta esclusione.
Inoltre, essa viola anche l’art. 24, secondo comma, Cost., perché l’impossibilità di espletare l’accertamento tecnico preventivo in caso di controversia devoluta ad arbitri (i quali, come si è detto, non possono concedere provvedimenti cautelari, salva diversa disposizione di legge) compromette il diritto alla prova, per la possibile alterazione dello stato dei luoghi o di ciò che si vuole sottoporre ad accertamento tecnico, con conseguente pregiudizio per il diritto di difesa.
Sulla base delle considerazioni che precedono si deve dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma impugnata nella parte in cui, escludendo l’applicazione dell’art. 669-quinquies cod. proc. civ. ai provvedimenti di cui all’art. 696 dello stesso codice, impedisce, in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza di giudizio arbitrale, la proposizione della domanda di accertamento tecnico preventivo al giudice competente a conoscere del merito.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 669-quaterdecies del codice di procedura civile, nella parte in cui, escludendo l’applicazione dell’articolo 669-quinquies dello stesso codice ai provvedimenti di cui all’art. 696 cod. proc. civ., impedisce, in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza di giudizio arbitrale, la proposizione della domanda di accertamento tecnico preventivo al giudice che sarebbe competente a conoscere del merito.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2010. |