Condanna per resp processualeSUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 4 febbraio 2009, n. 2636
Svolgimento del processo
Il sig. A.S.T., nella veste di legale rappresentante della P.M.A. Pubblicità Multimediale Avanzata s.r.l. (che in prosieguo verrà indicata come PMA), propose appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Milano, in data 22 novembre 2006, aveva dichiarato il fallimento di detta società su istanza delle creditrici Warner Village Cinemas s.p.a. e Circomax s.r.l..
L'appello fu rigettato dalla locale corte territoriale, con sentenza depositata il 17 aprile 2007, giacchè detta corte, dopo aver disatteso le eccezioni di difetto di giurisdizione italiana (per essere stata solo fittiziamente trasferita in **** la sede della società fallita) e d'incompetenza territoriale (in conformità alla presunzione di corrispondenza della sede effettiva con quella legale anteriormente risultante in ****), escluse che si fosse verificata una nullità del decreto di convocazione del debitore nella fase prefallimentare e reputò dimostrata l'insolvenza posta a base della dichiarazione di fallimento.
Per la cassazione di tale sentenza la PMA ha proposto ricorso, articolato in quattro motivi, al quale ha resistito con controricorso la Warner Village Cinemas.
Gli altri intimati non hanno svolto invece difese.
Motivi della decisione
1. La società controricorrente ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso, in quanto proposto a mezzo di un difensore sfornito di procura speciale, come prescrive l'art. 365 c.p.c., ed agente invece in forza di una procura generale rilasciatagli in data anteriore a quella in cui è stata emessa la sentenza impugnata.
La medesima controricorrente ha altresì chiesto la condanna della controparte al risarcimento dei danni per lite temeraria.
2. L'eccezione d'inammissibilità del ricorso è fondata.
Come indicato sin dall'intestazione del ricorso proposto avverso la sentenza emessa dalla Corte d'appello di Milano il 17 aprile 2007, l'amministratore unico della società ricorrente è in questa sede "rappresentato e difeso in virtù di procura generale ad lites, in data 15 febbraio 2006 (...), dall'avv. Paolo Nava".
Ma, ai fini dell'ammissibilità del ricorso per Cassazione, per il rispetto del requisito della procura speciale al difensore iscritto nell'apposito albo, richiesto dal citato art. 365 c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall'altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata; la quale sentenza, appunto perciò, deve essere stata necessariamente pronunciata in epoca antecedente al rilascio della procura stessa.
Il difetto di tale requisito determina, inevitabilmente, l'inammissibilità del ricorso.
2. La domanda di risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata, proposta dalla società controricorrente con riferimento alla previsione dell'art. 96 c.p.c., più correttamente deve essere ricondotta al disposto del novellato art. 385 c.p.c., u.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 ed applicabile ratione temporis al presente ricorso), a tenore del quale, quando pronuncia sulle spese, la Corte, anche d'ufficio, condanna altresì la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave.
I presupposti della colpa grave certamente sussistono, nel caso di specie, essendo evidente e testuale il requisito della procura speciale al difensore per la proposizione del ricorso per cassazione ed essendo da gran tempo assolutamente consolidato l'orientamento giurisprudenziale che postula l'indispensabile posteriorità del rilascio della procura (speciale) rispetto all'emanazione della sentenza impugnata col ricorso.
3. In conseguenza di quanto sopra osservato, la parte ricorrente va dunque condannata non solo al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente nel presente giudizio di legittimità, che vengono liquidate in Euro 4.000,00 (quattromila) per onorari e Euro 200,00 (duecento) per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, ma anche all'ulteriore somma di Euro 1.000,00 (mille) a norma del citato art. 385 c.p.c., u.c..
P.Q.M.
La corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile e condanna la parte ricorrente sia al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00 (quattromila) per onorari e Euro 200,00 (duecento) per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, sia al pagamento dell'ulteriore somma di Euro 1000,00 (mille) a norma dell'art. 385 c.p.c., u.c..
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2009.
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