La nuova giurisprudenza

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Effetti sentenza costitutiva

Esecuzione n. R.G. Esec.

TRIBUNALE DI CUNEO

Il Giudice dell'Esecuzione d.ssa Roberta BONAUDI

LETTO il ricorso in opposizione presentato dalla debitrice esecutata, con contestuale istanza di sospensione dell'esecuzione ai sensi dell'art. 624 cpc;

SENTITE le parti alla udienza del 14.12.2010 fissata anche per la decisione sulla istanza di assegnazione dei titoli di credito pignorati dall'Ufficiale Giudiziario in data 12.11.2010;

RILEVATO che la opposizione viene proposta ai sensi dell'art. 615 II comma CPC sulla considerazione della insussistenza di un titolo esecutivo suscettibile di esecuzione forzata, e ai sensi dell'art. 617 II comma CPC sulla considerazione della invalidità e/o inefficacia del pignoramento;

OSSERVA

Il titolo esecutivo azionato dalla Amministrazione Straordinaria [•] spa è costituito dalla sentenza n. [•] del [•] con la quale il Tribunale di Mondovì, in sede di azione revocatoria fallimentare promossa dalla Amministrazione Straordinaria nei confronti della [•] spa, cosi decideva: dichiara inefficaci ex art. 67 comma 2 L.F. le rimesse effettuate dalla [•] spa sul c/c [•] acceso presso la filiale di [•] della [•] per € 628.453,69 in quanto aventi natura solutoria e per l'effetto dichiara tenuta e condanna la [•] spa al pagamento in favore della procedura di € [•] oltre interessi di legge dalla data della notifica della domanda giudiziale al saldo nonché al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 5.131,00 per diritti, euro 6.500,00 per onorario, importo che in relazione alla classe di valore stimasi adeguato, oltre accessori e rimborsi di legge, nonché di CTU come già liquidate.

La questione sollevata dalla opponente concerne il capo di condanna al pagamento della somma di euro [•] che la [•] deduce non essere provvisoriamente esecutiva ex

art. 282 CPC in quanto "connessa" ad una pronuncia avente natura costitutiva.

Orbene, pacifico è che la sentenza che pronunci sulla azione revocatoria fallimentare di cui all'art. 67 LF ha natura costitutiva, sicché l'atto contro il quale viene esperita è valido ed efficace sinché non passa in giudicato la sentenza che ne pronunci la revoca: In tema di azione revocatoria, poiché, tanto nei casi di cui al primo comma dell'art. 67 della legge fall., quanto in quelli di cui al secondo comma della medesima disposizione, l'atto contro il quale viene esperita l'azione è originariamente valido ed efficace, e diviene privo di effetti nei confronti della massa fallimentare soltanto a seguito dell'accoglimento della domanda, in ragione della natura costitutiva dell'azione, avente ad oggetto l'esercizio di un diritto potestativo e non di un diritto di credito, l'obbligazione pecuniaria restitutoria nascente dalla revocatoria, in dipendenza della natura dell'atto revocato, non ha ad oggetto un debito di valore, ma un debito di valuta. Pertanto, i frutti da restituire, ivi compresi sia gli interessi sulle somme di denaro che i canoni di locazione degli immobili, decorrono dalla domanda giudiziale, mentre il risarcimento del maggior danno conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di danaro, oggetto della revocatoria, spetta solo ove l'attore alleghi specificamente tale danno e dimostri di averlo subito. (Cass. Civile sentenza n. 6991 del 22.03.2007; vedi anche sentenza n. 14896 del 25.06.2009: In tema di azione revocatoria fallimentare (nella specie, avente per oggetto la dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell'art. 67 della legge fall., di una cessione di credito, ritenuta di carattere solutorio), la nature costitutiva della predetta azione implica che gli interessi sulla somma dovuta in restituzione - cui va condannata la parte "accipiens" - decorrono dalla correlativa costituzione in mora, che, in difetto di atti anteriori di tale contenuto, va individuata nella domanda giudiziale.).

Resta da stabilire, dunque, se il capo condannatorio di una sentenza che pronunci sulla revocatoria abbia o meno efficacia provvisoriamente esecutiva. La giurisprudenza di merito è nettamente divisa tra una corrente che afferma che L'art. 282 c.p.c. è applicabile a qualsiasi capo di sentenza di primo grado recante condanna, indipendentemente della sua accessorietà ad una statuizione principale di accertamento e/o costitutiva, di talché deve riconoscersi immediata efficacia esecutiva alla sentenza di primo grado di accoglimento dell'azione revocatoria di pagamenti compiuti dal fallito. (Tribunale CATANIA ordinanza 2.04.2008; vedi anche Tribunale RIMINI 27.02.2006: La natura costitutiva della sentenza che accolga l'azione revocatoria fallimentare non osta alla provvisoria esecutorietà del capo di condanna alle restituzioni (in specie: di rimesse bancarie), né è di limite alla idoneità di titolo esecutivo del provvedimento, irrilevante essendo, a tali fini, sia la qualità accessoria delle statuizioni (di condanna) contenenti la pronunzia di ripetizione delle somme pagate (in specie: alla banca), sia la pendenza dell'impugnazione e la mancanza, quindi, di irrevocabilità del provvedimento.) e una opposta opinione secondo la quale: La pronuncia in ordine alle domande di revocatoria ex art. 67 L.F. - RD. n. 267/1942 - ha natura costitutiva, con la conseguenza che la pronuncia giudiziale in ordine alle stessa acquista efficacia solo con il passaggio in giudicato. Ed invero, affinché vi sia una anticipazione dell'efficacia di accertamento e/o costitutiva della sentenza rispetto al momento della formazione del giudicato formale, è necessario che vi sia una specifica previsione normativa, che invece, nel testo novellato dell'art. 282 c.p.c. (ed anche in quello precedente) manca del tutto. In realtà la questione concernente il carattere esecutivo o meno del capo di condanna alle restituzioni contenuto nella sentenza di accoglimento della revocatoria, è mal posta: infatti non si tratta di capo di pronuncia con la quale viene decisa una domanda accessoria, bensì di un mero effetto dello stesso capo di sentenza che pronuncia la revocatoria. Ne consegue che è fondata l'opposizione all'esecuzione, come conseguenza della insussistenza, in tal caso, del diritto di procedere esecutivamente: non potendo essere attribuita efficacia esecutiva immediata al capo della sentenza relativo alle restituzioni. (Tribunale TRENTO 29.10.2007).

Per la soluzione della questione appaiono importanti le pronunce della Corte di Cassazione in punto provvisoria esecutorietà dei capi di condanna alle spese e dei capi di condanna connessi alla pronuncia ex art. 2932 C.C. atteso che dalle stesse possono desumersi importanti argomenti di valutazione.

Deve ricordarsi che con la sentenza n. 21367 del 10.11.2004 della sezione III, è stato affermato che in base al novellato art. 282, deve ritenersi oggi legittimamente predicabile la provvisoria esecutività di tutti i capi della sentenza di primo grado aventi portata condannatoria (quale quello relativo alle spese di giudizio) trattandosi di meccanismo del tutto automatico e non subordinato all'accoglimento o meno della domanda (quale che essa sia) introdotta dalle parti. In motivazione, la Suprema Corte così argomentava: La questione di diritto dibattuta nel presente giudizio - questione già affrontata, in passato, da questa Corte e risolta in senso conforme alla soluzione auspicata dal ricorrente principale, soluzione che, peraltro, questo collegio ritiene di non poter condividere - è quella se una pronuncia (dichiarativa) di rigetto della domanda principale, sprovvista di efficacia esecutiva, comporti la conseguente inidoneità a dispiegare tale efficacia anche con riguardo alla statuizione accessoria di condanna alle spese del giudizio, alla luce di quanto oggi disposto dal novellato art. 282 c.p.c.. Come accennato in premessa, e come analiticamente esposto dal ricorrente principale, questa Corte ha già avuto modo di occuparsi ex professo del problema, predicando, in linea generale, il principio secondo il quale (Cass. sez. 1^, 6.21999, n. 1037) l'anticipazione dell'efficacia della sentenza rispetto al suo passaggio in giudicato ha riguardo soltanto al momento della esecutività della pronuncia, con la conseguenza (atteso il nesso di correlazione necessaria tra condanna ed esecuzione forzata) che la disciplina dell'esecuzione provvisoria di cui all'art. 282 cod. proc. Civ. trova legittima attuazione soltanto con riferimento alle sentenze di condanna, le uniche idonee, per loro natura, a costituire titolo esecutivo, postulando il concetto stesso di esecuzione un'esigenza di adeguamento della realtà al deciso che. evidentemente, manca sia nelle pronunce di natura costitutiva che in quelle di accertamento. Pare opportuno, per addivenire ad una soddisfacente soluzione della questione, prendere le mosse proprio dalla motivazione della sentenza 9236/2000, che si occupa funditus del problema della condanna alle spese. Questi i punti salienti dei relativi passaggi motivazionali:

1. L'art 282 c.p.c., nella sua nuova formulazione, stabilisce che "la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti" (mentre, simmetricamente, il nuovo testo dell'art. 337 c.p.c. sancisce che "l'esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione"), laddove la norma abrogate prevedeva, quale facoltà per il giudice, la concessione, su espressa richiesta della parte, della "clausola" di provvisoria esecuzione, eventualmente subordinata a cauzione, qualora la domande fosse fondata su atto pubblico o scrittura privata, ovvero se, con riferimento alla parte vittoriosa, il ritardo nell'esecuzione creasse una situazione di "pericolo". La concessione della clausola era, purtuttavia, sempre prevista nel caso di sentenza di condanna al pagamento di provvisionali o di prestazioni alimentari (salvo "gravi motivi contrari"), mentre l'esecutività ex lege delle decisioni di primo grado era già stata introdotta, tra l'altro, nell'ambito del rito del lavoro, per le condanne al pagamento di crediti in favore del lavoratore secondo il sistema di cui all'art. 431, nonché estesa ai "riti speciali" collegati, relativi alle controversie in materia di locazione e a quelle di competenza delle sezioni specializzate agrarie.

2. Il riferimento, in tali ipotesi, alle sentenze di condanna, ha fatto sorgere il problema se la provvisoria esecuzione secondo il disposto dell'art. 282 novellato, privo di alcuna specificazione in parte qua, andasse riferita alle sentenze di primo grado pronunciative di condanna.

3. In dottrina come in giurisprudenza, si discute da tempo se la provvisoria esecutività si riferisca solo alla anticipazione della efficacia esecutiva della sentenza rispetto al momento del suo passaggio in giudicato, od anche ad altri tipi di sentenza, ed in particolare alle pronunce inibitorie e di accertamento costitutivo.

4. Il riferimento tout court della norma alla sentenza di prima grado parrebbe frutto indiscutibile di una scelta di rifiutare un più circoscritto e qualificato riferimento, tanto più che, in sede di lavori preparatori, l'emendamento volto a puntualizzare il riferimento alle sole sentenze di condanna venne criticato e respinto soprattutto con la considerazione che si sarebbe svuotata di molto l'utilità che era lecito ripromettersi dalla nuova soluzione a favore della generalizzata esecutività, applicabile anche a talune sentenze dichiarative o costitutive, specie in terra di diritto di famiglia.

5. Nonostante tali indicazioni dei lavori preparatori, la soluzione di segno restrittivo merita ancor oggi adesione: affinché vi sia una anticipazione della efficacia di

accertamento e/o costitutiva della sentenza rispetto al momento della formazione del giudicato formate è necessario che vi sia una specifica previsione normativa (come ad es. quella dell'art. 421 c.c.), la quale, invece, nel testo novellato dell'art. 282 c.p.c., al pari di quello precedente, manca del tutto, essendo irrilevanti le aspirazioni manifestate in sede di lavori preparatori di un più tempestivo dispiegarsi della tutela di accertamento e/o costitutiva (né va sottaciuto che, a conferma della soluzione restrittiva, si rinvengono precisi riscontri testuali: gli artt. 431 e 447 bis c.p.c. si riferiscono univocamente alla sola ipotesi di sentenza di condanna, mentre l'art, 283 c.p.c., dettato per regolare la sospensione dell'esecuzione provvisoria generalizzata sancita appunto dall'art. 282 c.p.c., prevede che l'inibitoria attenga proprio (e solo) alla "efficacia esecutiva" della sentenza di prima grado.

6. Queste considerazioni trovano puntuale riscontro nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. 6 febbraio 1999 n. 10379) secondo la quale (come si è già avuto modo di sottolineare in precedenza) l'anticipazione dell'efficacia della sentenza rispetto al suo passaggio in giudicato riguarda soltanto il momento della esecutività della pronuncia, con la conseguenza, per la necessaria correlazione tra condanna ed esecuzione forzata, che la disciplina dell'esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. trova legittima attuazione solo con riferimento alla sentenza di condanna, poiché è l'unica che possa, per sua natura, costituire titolo esecutivo.

7. Nel sistema processuale vigente si deve pertanto ritenere che il "capo" della sentenza relativo alle spese del giudizio sia senz'altro accessorio rispetto a quello con il quale è stato definito il giudizio (secondo la giurisprudenza di questa Corte, la decisione sulle spese del giudizio costituisce un accessorio della decisione, sul merito e deve, quindi, seguire la stessa sorte di quest'ultima: Cass. 24 maggio 1993 n. 5837; 13 luglio /971 n. 229), di talché, ai fini dell'esecutorietà del "capo" della sentenza relativo alla condanna alle spese del giudizio, occorre risalire al regime di esecutorietà della sentenza che definisce il giudizio, necessaria appalesandosi l'ulteriore circostanza che la sentenza sul "capo" principale sia provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 282 c.p.c., oppure sia esecutiva per esplicita disposizione di legge (come ad esempio nell'ipotesi indicata dall'art. 431 dello stessa codice).

8. Nel caso specifico, la sentenza contenente la condanna alle spese - e fatta valere come titolo esecutivo – è costituita da una decisione del giudice di merito che, sul capo principale, non è sentenza di condanna, ma di rigetto della domanda oggetto del giudizio, alla quale si aggiunge la decisione di condanna dell'attore al pagamento delle spese processuali, sicché, in base ai principi indicati in tema di accessorietà della condanna alle spese del giudizio, tale statuizione non è titolo che da "luogo" (come si esprime l'art. 474 cp.c.) all'esecuzione, in quanto non accede ad una decisione di condanna provvisoriamente esecutiva in base all'art. 282 c.p.c., essendo la decisione sul capo principale non di condanna ma semplice rigetto della domanda.

L'approfondito excursus circa la portata innovativa della novella dell'art. 282 c.p.c. in ordine alla provvisoria esecutorietà delle sentenze di primo grado contenuto nella sentenza della 2^ sezione di questa Corte consente, in limine, di ignorare le indicazioni (sicuramente fuorvianti) dei relativi lavori preparatori e di prestare adesione assieme alla giurisprudenza di legittimità pressoché unanime e ad una significativa parte della dottrina, all'orientamento di segno restrittivo che ricollega alle sole sentenze di condanna la immediata esecutorietà, continuando ad escluderla per quelle di accertamento e costitutive (per le quali, conseguentemente non basterà, all'uopo, né una sentenza di primo grado, né una di appello, fino a che non sopravvenga il momento del passaggio in giudicato, a tutt'oggi decisivo ai fini de quibus, giusta disposto degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. - norma, quest'ultima, sulla quale, in ipotesi, il legislatore potrà determinarsi ad intervenire onde legittimamente perseguire il fine anticipatorio di cui si discorre). Il dissenso del collegio rispetto a quanto in passato sostenuto da questa Corte investe, piuttosto, la disciplina relativa al capo accessorio delle spese, ad un decisum parziale, cioè, suscettibile di valere, nella sua generalità, per tutti i casi in cui la sentenza accolga azioni non di condanna, ovvero rigetti qualsivoglia tipo di azione (e il problema potrebbe del tutto legittimamente prospettarsi, in termini analoghi, con riferimento alle stesse sentenze di appello di analoga portata prima del loro passaggio in giudicato, sentenze che, ave non assistite dalla mancata interposizione del ricorso per Cassazione o dal suo rigetto, non producono, a loro volta, effetti di accertamento o costitutivi).

Orbene, a fronte di pronunce reputate ex lege efficaci in executiviis quanto alle loro statuizioni (principali) di condanna, non pare legittimamente predicabile (né sembra legittimamente rinvenibile un relativo fondamento normativo ad excludendum) il principio per cui, se i capi di accertamento o costitutivi non possono godere di anticipazioni dell'efficacia ex artt. 2909 e 2908 c.c. ad un momento anteriore al passaggio in giudicato, in ordine ai capi di condanna accessori debba valere la medesima disciplina, senza che, per converso, possa invece predicarsene la provvisoria esecutorietà, in virtù dell'immediata efficacia endoprocessuale di qualsiasi pronuncia di condanna (tale essendo, inconfutabilmente, quella alle spese). Condurre alle estreme (ma non fisiologiche) conseguenze il principio di diritto meramente sostanziale accessorium sequitur principale, così assecondando un'operazione di acritica traslazione di tale regula iuris in seno all'ordinamento processuale, si risolve nel compimento di un'attività esegetica oggi non fondata su alcuna norma di diritto positivo, di un'operazione ermeneutica che, tra l'altro, parrebbe risentire non poco del condizionamento di argomentazioni sicuramente legittime vigente il vecchio testo dell'art. 282 (ritenendosi, all'epoca, che la clausola di provvisoria esecuzione ivi prevista andasse concessa se accordata anche per il merito, salva esplicita esclusione - cosi già Cass. 8 marzo 1952, n. 1302; 13 luglio 1971, n. 2291 -: la stessa dottrina, quando la sentenza di merito fosse stata di mero accertamento e/o costitutiva, negava in larga maggioranza la possibilità di munire la consequenziale condanna alle spese della clausola de qua), ma oggi non confortata da alcuna esplicita conferma di diritto positivo. Va, pertanto, affermato il diverso principio di diritto secondo il quale, ai sensi del novellato articolo 282 del codice di procedura civile, deve ritenersi oggi legittimamente predicabile la provvisoria esecutività di tutti i capi delle sentenze di primo grado aventi portata condannatoria (quale quello relativo alle spese di giudizio), trattandosi di un meccanismo del tutto automatico e non subordinato all'accoglimento o meno della domanda (qual che essa sia) introdotta dalle parti.

Dunque, in punto capo della sentenza relativo alla condanna al rimborso delle spese di lite, la Suprema Corte, per un verso, conferma la propria costante giurisprudenza secondo cui l'art. 282 CPC, anche nella forma novellata, non consente di ritenere provvisoriamente esecutive le pronunce diverse da quelle di condanna e per altro verso afferma che nulla esclude peraltro di ritenere provvisoriamente esecutivo il capo di condanna alle spese di lite anche ove contenuto in una sentenza di natura dichiarativa o costitutiva, laddove tale pronuncia è indipendente dall'accoglimento o meno della domanda ma è un meccanismo automatico che prescinde quindi dalla natura costitutiva o di condanna della domanda.

Su tale ragionamento bene si inserisce, costituendone la logica evoluzione la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in punto esecutorietà ex art. 282 CPC delle statuizioni di condanna contenute in una sentenza che tenga luogo del contratto non concluso ex art. 2932 C.C. (avente anch'essa, pacificamente, natura costitutiva) (sentenza n. 4059 del 22.022010): in particolare, della condanna al rilascio del promittente venditore e della condanna al pagamento del prezzo del promissario acquirente. Così argomenta la Suprema Corte: Occorre osservare che - con riferimento alla peculiarità dell'azione personale e non reale prevista dall'art. 2932 c.c. e della sua correlata sentenza - questa Corte ha ripetutamente affermato che la detta sentenza ha natura costitutiva e spiega la sua efficacia solo con decorrenza "ex nunc" al momento del suo passaggio in giudicato, con conseguente necessità della sussistenza delle condizioni dell'azione al momento dell'intervento della pronuncia. In particolare questa Corte in proposito ha avuto modo di affermare i seguenti principi:

- nell'ipotesi in cui la sentenza emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c. imponga all'acquirente di versare il prezzo della compravendita, l'obbligo diviene attuale al momento del passaggio in giudicato della sentenza che trasferisce il bene o allo spirare del termine ulteriore da essa eventualmente stabilito (sentenza 16/1/2006 n. 690);

- la pronuncia ex art. 2932 c.c. produce gli effetti del contratto di compravendita non concluso soltanto dal momento del suo passaggio in giudicato (sentenza 2/12/2005 n. 26233);

- ai fini della sospensione necessaria del giudizio di cui all'art. 295 c.p.c., è indispensabile la esistenza di un rapporto di pregiudizialità giuridica che ricorre nel solo caso in cui la definizione di una controversia costituisca, rispetto all'altra, indispensabile antecedente logico- giuridico. Non ricorre il detto rapporto di pregiudizialità necessaria nel caso di una controversia relativa ad uno sfratto per morosità e quella attinente all'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita stipulato tra locatore e conduttore. Infatti, attesa la natura costitutiva della sentenza che dispose il trasferimento coattivo, destinata a produrre effetti solo alla data del passaggio in giudicato della relativa pronuncia, permanendo nelle more l'obbligo di corrispondere il canone al locatore, gli esiti del giudizio instaurato con la domanda di adempimento del contratto preliminare non possono interferire con quelli del procedimento di sfratto per morosità (ordinanza 3/8/2005 n. 16216);

- poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l'effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questa, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18, comma 2, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contratto preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contratto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all'emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., che allo stesso si sostituisce (sentenza 21/2/2008 n. 4522);

- Ia sentenza che dispone l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce i propri effetti solo dal momento del passaggio in giudicato; ne consegue che, quando detta sentenza abbia subordinato l'effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo, l'obbligo di pagamento in capo al promissario acquirente non diventa attuale prima dell'irretroattività della pronuncia giudiziale, essendo tale pagamento Ia prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale (sentenza 6/4/2009 n. 8250);

− in terra di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, l'art. 2932 c.c. consente l'emanazione di una sentenza che abbia gli effetti del contralto non concluso soltanto "qualora sia possibile", situazione che non si verifica se, prima che Ia pronuncia abbia acquistato piena efficacia esecutiva, il prominente venditore perde la proprietà del bene (sentenza 10/3/2006 n. 5162);

− Ia domanda di reintegra nel possesso di un bene è proponibile anche nei confronti del promissario acquirente di questo che abbia ottenuto la sentenza di cui all'art. 2932 c.c., purché non passata in giudicato. Invero tale sentenza essendo costitutiva ed avendo efficacia ex nunc, solo con il passaggio in giudicato produce gli effetti del contratto preliminare e trasferisce la proprietà del bene, sicché sino a tale data il promittente venditore è proprietario e possessore (sentenza 10/3/1999 2522);

− poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l'effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui alla L 28 febbraio 1985, n. 47 art. 18, comma 2, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contralto preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contralto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all'emissione della sentenza costitutiva ai semi dell'art. 2932 c.c.,, che allo stesso si sostituisce (sentenza 21/2/2008 n. 4522). Pertanto, secondo il riportato orientamento giurisprudenziale, le sentenze emesse ex art. 2932 c.c. non possono conoscere un'efficacia esecutiva anticipata rispetto al momento della formazione del giudicato perché l'effetto traslativo della compravendita è condizionalo dall'irretrattabilità della pronuncia con la quale viene determinato l'effetto costitutivo del contratto definitivo non stipulato.

Un mutamento di indirizzo si è però avuto con la sentenza 3/9/2007 n. 18512 (più volte richiamata dalla ricorrente a sostegno della propria tesi) con la quale è stato affermato il principio secondo cui nel caso di pronuncia della sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., le statuizioni di condanna consequenziali, dispositive dell'adempimento delle prestazioni a carico delle parti tra le quali la sentenza determina la conclusione del contratto, sono da ritenere immediatamente esecutive ai sensi dell'art. 282 c.p.c. di modo che qualora l'azione ai sensi dell'art. 2932 c.c. sia stata proposta dal promittente venditore, la statuizione di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo è da considerare immediatamente esecutiva. In particolare nella citata sentenza si afferma testualmente che "in relazione alla sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 2932 c.c., la legge non prevede alcunchè che possa giustificare l'esclusione della immediata esecutività delle statuizioni condannatorie consequenziali alla statuizione di accertamento del modo di essere dell'ordinamento in relazione alla vicenda dedotta nel senso della sussistenza delle condizioni che avrebbero dovuto giustificare la conclusione del contratto in adempimento del contratto preliminare con la prestazione dei relativi consensi e, quindi, all'ulteriore statuizione, in via consequenziale, degli effetti costitutivi del vincolo contrattuale, che di tale consenso tengono luogo. Ciò, sia per quanto attiene all'ipotesi che si tratti di statuizioni a favore del promissario acquirente, sia - come nella specie - quando si tratti di statuizioni a favore del promissario venditore." La detta innovativa sentenza - rispetto al riportato costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte – è stata variamente commentata in dottrina. Queste Sezioni Unite, tenuto conto del descritto complesso quadro dottrinale e giurisprudenziale, ritengono di dover dare continuità al prevalente orientamento ravvisabile nella giurisprudenza di legittimità e di condividere sostanzialmente molti degli argomenti sviluppati dalla dottrina maggioritaria, sopra riportati, a sostegno della tesi secondo cui,nel caso di preliminare di compravendita e di pronuncia ex art. 2932 c. c. l'effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo con l'irretrattabilità della sentenza che determina l'effetto sostitutivo del contralto definitivo. La sentenza di primo grado di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. non può pertanto produrre, prima del passaggio in giudicato, proprio quegli effetti del contratto definitivo che è destinato a surrogare: non è possibile dare esecuzione ad obblighi che sul piano sostanziale non sono ancora sorti. Da ciò la conseguente impossibilità di scissione, nelle sentenze ex art. 2932 c.c. in tema di contratto preliminare di compravendita tra capi costitutivi principali e capi condannatori consequenziali con riferimento specifico a quelli cc.dd. sinallagmatici le cui relative statuizioni fanno parte integrante della pronuncia costitutiva nel suo complesso. Va precisato che la possibilità di anticipare l'esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza costitutiva va riconosciuta in concreto volta a volta a seconda del tipo di rapporto tra l'effetto accessivo condannatorio da anticipare e l'effetto costitutivo producibile solo con iI giudicato. A tal fine occorre differenziare le statuizioni condannatorie meramente dipendenti dal detto effetto costitutivo, dalle statuizioni che invece sono a tale effetto legate da un vero e proprio nesso sinallagmatico ponendosi come parte - talvolta "corrispettiva" del nuovo rapporto oggetto della domanda costitutiva. Così, ad esempio, nel caso di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo della vendita, non è possibile riconoscere effetti esecutivi a tale condanna altrimenti si verrebbe a spezzare il nesso tra il trasferimento della proprietà derivante in virtù della pronuncia costitutiva ed il pagamento del prezzo della vendita. L'effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo con l'irretrattabilità della sentenza per cui è da escludere che prima del passaggio in giudicato della sentenza sia configurabile un'efficacia anticipata dell'obbligo di pagare il prezzo: si verificherebbe un'alterazione del sinallagma. Ritenere diversamente consentirebbe alla parte promittente venditrice - ancora titolare del diritto di proprietà del bene oggetto del preliminare - di incassare il prezzo prima ancora del verificarsi dell'effetto, verificabile solo con il giudicato del trasferimento di proprietà. Possono quindi ritenersi anticipabili i soli effetti esecutivi dei capi che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento temporale successivo, ossia all'atto del passaggio in giudicato del capo di sentenza propriamente costitutivo. Così la condanna al pagamento delle spese processuali contenuta nella sentenza che accoglie la domanda. La provvisoria esecutività non può invece riguardare quei capi condannatori che si collocano in un rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alla modificazione giuridica sostanziale.

Dunque, atteso che l'effetto traslativo della proprietà in una pronuncia ex ad. 2932 C.C. si produce soltanto con il passaggio in giudicato della sentenza, non possono anticiparsi i suoi effetti consentendo la provvisoria esecutorietà dei capi consequenziali di condanna (espliciti o impliciti che siano) relativi agli effetti di detto trasferimento, ossia quelli di condanna al pagamento del prezzo per un verso e di condanna al rilascio per alto verso.

Se si trasla detto ragionamento sulla azione revocatoria fallimentare, non possono che trarsi le medesime conseguenze: se l'atto oggetto di revocatoria ex art. 67 LF è valido ed efficace sino a quando non sia divenuta irrevocabile la sentenza che lo revoca (lo dichiara inefficace rispetto alla massa), gli effetti di tale pronuncia costitutiva non possono anticiparsi ravvisando la provvisoria esecutività del capo della pronuncia che, per effetto della revoca, condanni il soggetto revocato a pagare alla procedura la somma di denaro che rappresenta il contenuto e valore dell'atto revocato. Diversamente opinando, o si anticiperebbero gli effetti della azione revocatoria di natura costitutiva ad un momento anteriore alla definitività della sentenza, oppure si verrebbe a smentire la natura costitutiva della pronuncia ex art. 67 LF; in sostanza, la condanna al pagamento della somma di denaro costituisce la conseguenza diretta, immediata ed imprescindibile della dichiarazione di inefficacia dell'atto nei confronti della massa dei creditori, dichiarazione che non ha efficacia esecutiva prima della definitività della sentenza che la contiene. Il vincolo che lega il capo costitutivo della sentenza in terra di revocatoria fallimentare e il capo condannatorio è ancora più intenso di quello ravvisato della Suprema Code tra il capo costitutivo della sentenza in terra di azione ex art. 2932 C.C. e i capi condannatori consequenziali di rilascio dell'immobile o di pagamento del prezzo, atteso che ne costituisce l'essenza stessa.

Si ritiene dunque che l'opposizione all'esecuzione non si prospetti affatto infondata, con conseguente opportunità di provvedere alla sospensione della esecuzione.

La ritenuta fondatezza (nei limiti della valutazione in ordine alla sospensione della esecuzione che qui ci occupa) della opposizione alla esecuzione assorbe gli altri profili di opposizione (agli atti esecutivi) che sono logicamente e temporalmente successivi rispetto al diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata.

VlSTI gli articoli 615 II comma e 624 CPC

P.Q.M

SOSPENDE l'esecuzione e FISSA il termine perentorio di giorni 60 per l'introduzione del giudizio di merito previa iscrizione a ruolo a cura di parte interessata, con l'osservanza dei termini a comparire di cui all'art. 163bis ridotti della metà.

Si comunichi.

Cuneo, 21 dicembre 2010.